
Oltre a Scurati, anche la tanto contestata 194 andrebbe fatta declamare per intero in televisione. Perché chi strilla contro l’esecutivo per i pro vita nei consultori, nasconde il fatto che è la norma stessa che lo prevede, puntando a impedire alle donne di poter scegliere.Dal fascismo si è passati all’aborto. Siccome il tema dell’instaurazione di un regime non pare avere molta presa sugli elettori (Alessandra Ghisleri dixit), la sinistra ci prova con l’interruzione di gravidanza, «diritto» che sarebbe a rischio per via della presentazione di un emendamento che dovrebbe garantire aiuti alle donne e per la frase della vicedirettrice del Tg1, la quale ha detto di considerare l’aborto un delitto. Così, il tentativo di dare piena attuazione alla legge 194 e un’opinione, hanno dato il via a una nuova campagna mediatica, con tanto di slogan e allarmi. Che tristezza vedere certe femministe invecchiate e arrabbiate ripetere frasi di cinquant’anni fa. Che pena ascoltare delle ragazzine parlare di ritorno al passato senza neppure sapere come funziona il presente.Innanzitutto, chiariamo una cosa: nessuno ha intenzione di cambiare la legge sull’aborto. Semmai, di darne piena attuazione. Infatti, quanti oggi si sbracciano e urlano a difesa delle norme in vigore da quasi cinquant’anni, dimenticano che la 194 reca un titolo che recita «Tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza». E per quasi mezzo secolo, però, si è parlato solo di aborto e mai di come tutelare socialmente la maternità. Nell’articolo 1 si spiega non solo che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione e tutela la vita umana dal suo inizio, ma anche che l’interruzione della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite. In altre parole, non stiamo parlando di un anticoncezionale. Detto ciò, l’articolo 2, comma «d», dice che i consultori devono assistere la donna in stato di gravidanza, non solo informandola sui diritti a lei spettanti e sui servizi sociali e sanitari offerti, ma anche contribuire a «far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza».E i consultori, per ottenere la piena applicazione delle norme contenute nella 194, «possono avvalersi della collaborazione di associazioni di volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita». Chiaro il concetto? I consultori non sono una catena di smontaggio della maternità, ma sono centri che devono contribuire ad aiutare la donna che voglia abortire, non soltanto a liberarsi del figlio che porta in grembo ma anche a superare le cause che la inducono a chiedere l’aborto.Però, in cinquant’anni, questa parte non è stata quasi mai applicata perché i consultori sono diventati spesso appannaggio di militanti pro aborto e, dunque, le associazioni di volontariato che possono aiutare una maternità difficile dopo la nascita sono state escluse. Altro che tentativo di abrogare la 194 e cancellare i «diritti». Qui si tratta solo di rispettare la legge e, nel caso sia possibile, aiutare una donna a evitare una scelta dettata da ragioni economiche, culturali o semplicemente ambientali, di cui a distanza di anni potrebbe provare pentimento. L’interruzione di gravidanza non è una decisione che si prende a cuor leggero. Lo sanno bene le donne che l’hanno praticata e che, a distanza di anni, sentono ancora un peso nell’anima.Dunque, perché impedire di aiutare delle ragazze che domani potrebbero essere felici di aver dato alla luce un figlio? Nessuno intende impedire qualche cosa, ma semplicemente aiutare. Si toglie un diritto se si fornisce maggiore assistenza? Non credo. Si colpevolizza qualcuno? No, si fa solo in modo che una scelta che inciderà sulla vita futura sia il più consapevole possibile.Ma forse è proprio questo che si vuole evitare. Che le donne possano essere messe nelle condizioni di scegliere. Ricordo l’intervista di una ginecologa che per 25 anni aveva praticato aborti e poi, dopo circa 20.000 interruzioni di gravidanza, disse basta e divenne obiettrice di coscienza. Era femminista e di sinistra, ma a un certo punto disse di non farcela più. Stefano Lorenzetto, che la intervistò, le chiese: «Perché ha smesso?». La risposta fu semplice: «Ho cominciato a non credere più nelle ideologie, a dare importanza a quello che sentivo come vero. Ho aderito a me stessa, a ciò che è giusto e che mi fa stare bene». «L’aborto non la faceva stare bene?», l’ha incalzata Stefano: «No, non mi faceva più stare bene». «Dopo aver praticato un aborto non è mai stata sfiorata dal dubbio di aver commesso un omicidio?», continuò Lorenzetto. «Sì». «Quante volte?». «Tutte le volte che ho sentito la distanza fra me e la donna, che non c’era dialogo con questa persona. Non usiamo la parola omicidio… qualche cosa che non aveva senso, qualche cosa di non giusto».Ecco, di fronte alla testimonianza di una donna che per 25 anni ha manovrato la cannula per aspirare il feto (è così che si pratica un aborto: cinque-dieci minuti in anestesia locale ed è tutto finito), mi domando perché la frase di un’altra donna, di una giornalista tv, che considera l’interruzione di gravidanza un delitto, debba suscitare reazioni scomposte. La vicedirettrice del Tg1, Incoronata Boccia, ha detto la sua opinione e quelli che la vorrebbero censurare, che parlano di disinformazione, sono gli stessi che si strappano i capelli per la presunta censura di uno scrittore che voleva usare il servizio pubblico per accusare Giorgia Meloni di contiguità con il delitto Matteotti.Io non sono favorevole ad alcuna censura e, come ho scritto, avrei evitato di strappare il contratto di Antonio Scurati, perché è vero che si sono risparmiati 1.800 euro, ma non ci siamo risparmiati le polemiche che ci perseguiteranno ben oltre il 25 aprile. Tuttavia, come non avrei impedito all’autore di M. di recitare il suo monologo (che avrebbe suscitato meno scalpore della sua mancata messa in onda), non soltanto non impedirei a Incoronata Boccia di dire la sua, ma farei leggere in tv le norme della 194 e poi l’intervista alla ginecologa che dopo 25 anni è diventata antiabortista. Sia la legge che le parole di chi ha 20.000 interruzioni di gravidanza alle spalle sarebbero più utili delle chiacchiere da salotto tv che ci vengono propinate ogni sera.
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