2020-02-18
Regionali, Rai, Lombardia. Tutti i fronti aperti tra Lega e Fdi
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
I leader dei due partiti ostentano concordia, ma intanto il Capitano questiona sui candidati per le regionali del Centro Sud voluti dagli alleati, che in Lombardia sgambettano Attilio Fontana. E in cda Rai il meloniano Giampaolo Rossi è più vicino al M5s che agli uomini di Matteo Salvini. «Il mistero è Fitto». Dentro la Lega la battuta serve per smarcarsi, per prendere tempo e capire se ci sono margini di manovra nella gestione del rapporto sempre più delicato con Fratelli d'Italia. L'alleanza è solida, Matteo Salvini una settimana fa ha detto chiaramente che «un alleato al 10% è nettamente meglio di un alleato al 3% perché ti aiuta a vincere», ma l'idillio mostrato nel selfie con Giorgia Meloni a Basovizza durante il Giorno del ricordo è una speranza, un wishful thinking non proprio corroborato dai fatti.Nel centrodestra si avverte qualche fibrillazione e le candidature per le prossime regionali di tarda primavera sono ancora in discussione. Soprattutto quella di Raffaele Fitto in Puglia, fortemente voluta da Fratelli d'Italia e altrettanto fortemente discussa dalla Lega per un motivo elementare: i nuovi leghisti pugliesi sono ex elettori di Fitto, costretti a digerire un rospo inatteso in cabina elettorale. Per questo Salvini nicchia e sottolinea che «ci vogliono le persone migliori, da pescare anche all'interno della società civile». È un rilancio forte su un accordo che sembrava chiuso (anche per la candidatura di Stefano Caldoro, Forza Italia, in Campania) e che mostra quanto la disparità di vedute nella coalizione sia palpabile. Se poi si sposta lo sguardo nelle Marche si nota un identico braccio di ferro: da una parte Meloni sponsorizza Francesco Acquaroli, dall'altra Salvini ha l'espressione di chi non è convinto. Allora il mistero non è Fitto solo in Puglia, ma lì la posta in gioco è alta. Il candidato di centrosinistra, Michele Emiliano (al secondo mandato), è imbarazzante, più grillino che piddino, così pasticcione da aver fatto scappare per tempo i renziani e i centristi liberal rappresentati da Carlo Calenda che mai lo sosterranno. Per questo le incertezze sovraniste sul candidato vengono considerate strategicamente sbagliate, anche se i primi a comprendere che la gestione di un alleato con il 10% in forte crescita sono Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Sarà fondamentale per entrambi affinare quelle doti da federatori che Silvio Berlusconi aveva al massimo grado, per esempio ai tempi dell'umorale Umberto Bossi. Andare d'accordo è un imperativo perché alternative non ce ne sono. Numerosi media hanno provato a sparigliare ipotizzando un lunare accordo Salvini-Renzi, letteralmente spernacchiato dal capo dell'opposizione in un'intervista al nostro giornale con la frase: «Prima devono scendere i marziani». Ieri Giorgia Meloni a Tagadà su La7 ha provato a chiarire: «Salvini dice che i candidati devono essere persone straordinarie. E lo sono. Fitto in Puglia è copresidente del gruppo dei conservatori d'Europa. Non è solo un punto di riferimento di Fratelli d'Italia, ma rappresenta tutti i partiti conservatori d'Europa. Quindi sarà fondamentale non solo per vincere, ma per governare la Regione». Poi ha risposto all'accusa di avere un ruolo destabilizzatore simile a quello che ebbe Gianfranco Fini con Berlusconi: «È un paragone forzato e improprio, Fini tradì la destra, non penso si possa dire la stessa cosa di me. Non cambio posizione in funzione di chi mi adula». Infine la dolce stoccata alla Lega: «Mi aspetto che tutti mantengano i patti come ha sempre fatto Fratelli d'Italia». Un concetto rafforzato dal capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, non senza perfidia: «Noi abbiamo voglia di vincere con tutto il centrodestra e Giorgia è a prova di bomba perché è stata l'unica sempre fedele al centrodestra anche quando gli altri si sono concessi scappatelle, chi con Renzi, chi con Di Maio». Nei secoli fedeli? Non è esattamente così, soprattutto nei territori dove gli interessi di coalizione si scontrano con l'amministrazione quotidiana. E dove qualche coltellata nel fianco e qualche sgambetto nella penombra si sono già verificati. Per esempio nella strategica Regione Lombardia; sulla delicata nuova legge per la disabilità Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno messo in difficoltà il presidente Attilio Fontana votando una mozione del Pd. Il voto era segreto e la maggioranza è andata sotto. In generale nulla è più scontato e la posizione come minimo tiepida di Fdi sull'autonomia non aiuta a cementare solide alleanze soprattutto al Nord dove il tema è considerato fondamentale. Identico mal di testa accompagna Stefano Bonaccini in Emilia Romagna, con un distinguo: un minuto dopo la rielezione il governatore è tornato un soldatino del Pd, quindi il tema è diventato marginale con buona pace degli elettori. Uno altro specchio attendibile dei malumori interni è la Rai, luogo perfetto per intercettare riposizionamenti e recondite disarmonie. In viale Mazzini, Fratelli d'Italia è diventato un alleato del Movimento 5 stelle. Al di là delle dichiarazioni di facciata quasi sempre critiche, il consigliere di Fdi Giampaolo Rossi è un solido sostenitore dell'amministratore delegato Fabrizio Salini. La prova più singolare (e imbarazzante per il centrodestra) sta nel voto delle ultime nomine, quelle dei direttori di rete, dove Rossi ha avallato tutte le proposte dell'ad mostrando - numeri alla mano - una fedeltà simile a quella della consigliera grillina Beatrice Coletti. Più ligio perfino di Rita Borioni del Pd, che su molti nomi ha silurato Salini, e in antitesi sistematica con Igor De Biasio della Lega. Il bianco e il nero, altro che santa alleanza.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)