2018-05-30
Tv e giornali
pensano solo a lodare Sergio
e Carletto
Carlo Cottarelli è il nuovo idolo dell'Italia salotti&finanza. Sui media è tutto un profluvio di miele, attenzioni e riguardi per il nuovo Messia che (forse) andrà a Palazzo Chigi.E ora? Sarà ancora colpa di Matteo Salvini e Luigi Di Maio? O forse del professor Paolo Savona? Se lo spread continua a salire e sfonda quota 300, dico: sarà per un sussurro dell'onorevole Claudio Borghi? O del sopracciglio alzato di qualche barbaro 5 stelle? E se la Borsa crolla? Di chi è la colpa? Degli inaffidabili leghisti? Dei buzzurri populisti? Degli sfasciacarrozze gialloblù? O stavolta sarà colpa del presidente Sergio Mattarella? E delle sue scelte avventate? Ma insomma: mister Carlo Fondo Monetario Cottarelli non era stato messo lì per rassicurare i mercati? E allora possiamo dire che la prima operazione non gli è venuta tanto bene? Che i calcoli sono stati sbagliati? Possiamo dire che se la coppia Mattarella-Cottarelli doveva difendere i nostri risparmi, beh, grazie, non importa: la prossima volta preferiamo difenderceli da soli? O tutto questo non si può dire? E bisogna dire che la colpa è sempre e comunque di Salvini e Di Maio e degli italiani che così imparano come bisogna votare (copyright Bruxelles)?Ieri mattina i giornaloni erano uno spettacolo. Per non fare l'unico titolo che avrebbero dovuto fare: «Mattarella affonda le Borse», si prodigavano in leggendarie prove di arrampicata libera sulla fantasia. Dunque abbiamo scoperto che ad affossare i mercati sono stati, a piacimento, l'«effetto instabilità» (un terremoto? Un maremoto? Una improvvisa labirintite finanziaria?) oppure anche «lo spettro del voto» (il famoso fantasma Elettoralino), oppure ancora il «caso Italia», secondo sulfurea definizione del Sole 24 Ore. Non è meraviglioso? Il «caso Italia piega Borsa e Btp». E noi che fino a ieri eravamo convinti che bastasse uno starnuto dell'onorevole Borghi. Macché: è «il caso Italia». Come a dire: il destino cinico e baro. Ci manca solo di dare la responsabilità al buco nell'ozono e alla reincarnazione di Gengis Khan (chiaro antenato di Salvini), e poi le avremmo sentite tutte. E Cottarelli? Ci avevano assicurato che lui era la nostra garanzia. Altro che il professor Savona. Con Savona - ci spiegavano - crolla tutto. Con la maggioranza Lega e 5 stelle - ci terrorizzavano - i nostri risparmi sono a rischio. Cottarelli invece è una sicurezza. Così dicevano e noi ci eravamo quasi convinti: certo, mister Forbici non l'ha eletto nessuno, è un altro tecnico, un replicante di Mario Monti, un emissario del Fmi, forse ci tartasserà. Però con lui ci aspettavamo che, almeno, la Borsa s'impennasse subito e lo spread calasse a picco. Ci avevano detto che sarebbe stato così. Invece, niente: tutto al contrario. La Borsa cala a picco e lo spread s'impenna. E allora? Qualcuno ne chiede conto al nuovo premier incaricato? Qualcuno gli addebita il costo del crollo? Macché. Anzi. Scrivono che le Borse crollano «nonostante Cottarelli». Nonostante, proprio così. E poi è tutto un profluvio di miele, di attenzioni, di riguardi per «l'eterno corteggiato» che «finalmente approda a Palazzo Chigi», come scrive commosso l'Avvenire. Proprio così: «finalmente» perché? Era atteso? Il nuovo Messia del quotidiano Cei?A leggere i ritratti che i giornali dedicano al nuovo premier, in effetti, c'è da rimanere intossicati dall'incenso. Ecco l'uomo con il trolley e lo zainetto in spalla, la camicia azzurra e lo «stile americano», «segni distintivi degli accademici più internazionali» (in effetti è noto: solo gli accademici internazionali mettono camicie azzurre, quelli italiani al massimo le mettono giallo canarino e a pois arancioni). Era dai tempi del loden di Mario Monti che non si sentivano tanti entusiasmi per l'abbigliamento di un premier: «Il completo scuro ed elegante al punto giusto, né troppo né troppo poco, le scarpe a punta vagamente mozza e aria comoda, e i pantaloni corti quanto basta per pedalare», scrive una collega del Giornale chiaramente in estasi. Anche lo zainetto è ovviamente «giusto, come tutto il resto», ed è «un segno di distinction» di un professore che ovviamente può vantare una vita «american style». Non è meraviglioso? Se anziché un governo dovesse fare una sfilata di moda, sarebbe perfetto. Purtroppo però le maggioranze in Parlamento si fanno pigiando i bottoni in aula. E non il button down in sartoria.Che poi qualcuno dovrebbe anche spiegarmi perché diavolo uno debba salire al Quirinale con il trolley. Dico io: prima non puoi passare un attimo in albergo, come farebbe chiunque? Non è meglio cambiarsi lì senza salire al Quirinale con il bagaglio a mano? Oppure il «segno di distinction» è andare a cambiarsi la camicia nell'anticamera della sala degli Arazzi? Tranquilli: nessuno oserà dire nulla. Cottarelli con il trolley è come Monti con il loden, la nuova iconografia leccata dell'Italia salotti&finanza che si oppone all'orda dei barbari populisti. I quali, pensate un po', pretendono addirittura di andare alle urne e farsi votare (orrore! Orrore!). E prima ancora di questo osano persino organizzare una manifestazione in piazza (ancor più orrore!). Ma dico io: come si può essere così antidemocratici da voler scendere in piazza e chiedere il voto dei cittadini? Invece che munirsi di un trolley e di un «segno di distinction» un po' american style e farsi nominare premier? È evidente che la democrazia è in pericolo. E infatti i partigiani si sono già mobilitati. Non scherzo: è vero. In un documento ufficiale l'Anpi parla di «allarme democratico» e paventa una nuova «marcia su Roma». Il Messaggero ha già dichiarato aperta a caratteri cubitali la «guerra civile», La Stampa in un drammatico editoriale avvicina la manifestazione leghista del 2 giugno ai golpe degli Anni 60 e «agli attacchi contro lo Stato dei brigatisti nel decennio successivo»: l'unica differenza, spiega Luigi La Spina, è che golpisti e brigatisti erano una minoranza, mentre questi nuovi eversori rappresentano la maggioranza degli italiani. Quindi, conclude il commentatore, sono evidentemente più pericolosi. Strana idea di democrazia non vi pare? A minacciarla, infatti, secondo costoro sarebbe chi raccoglie la maggioranza dei voti nelle urne e manifesta pacificamente in piazza. E non, invece, un governo non eletto e teleguidato dall'estero. Sarà. Ma allora perché non procediamo anche con l'abolizione del suffragio universale che ormai, secondo questa logica, mi sembra la più sostanziale minaccia alla democrazia? Tutto ciò, per altro, soltanto per non ammettere l'unica verità possibile: e cioè che il presidente Mattarella ha commesso un errore sesquipedale. Ha fatto una stupidaggine mostruosa. Vietato scriverlo. Tutti a proteggere il capo dello Stato, a venerarlo, a coccolarlo, tutti a usare gli imbecilli criminali che twittano bestialità per bloccare sul nascere ogni forma di critica, tutti a confondere volutamente i piani, a organizzare catene di Sant'Antonio e girotondi pro Quirinale. Tutti in campo persino il redivivo Massimo D'Alema: «Mattarella vittima di un'aggressione eversiva», tuona. E nessuno spiega che se davvero quello di Salvini fosse stato un perfetto piano machiavellico per tornare al voto, ebbene il capo dello Stato poteva smontarglielo in un attimo: accettando Savona come ministro, visto che non stiamo parlando di uno sfasciacarrozze o di un criminale. E se non l'ha fatto è perché ha obbedito a pressioni esterne e ha giocato con i nostri risparmi. Non difendendoli, ma distruggendoli, insieme a un pezzo di democrazia del nostro Paese. Ed è questa la verità indicibile, quella che nessuno osa scrivere. È questo il vero «caso Italia» che ci sta piegando.