2020-05-08
Le «trame» anti Woodcock del Csm
Luca Palamara (Simona Granati/Corbis via Getty Images)
In una delle conversazioni captate, Luca Palamara sostiene che nel 2018 subì pressioni per rallentare i processi contro il pm napoletano nel parlamentino dei giudici.Il pm Luca Palamara da tempo dedica molte energie a difendersi dalle accuse che piovutegli dalla Procura di Perugia. Ma nell'estate del 2018 aveva priorità diverse: la sua carriera procedeva ed era ancora un membro influente del Csm. In quel periodo avrebbe, però, subito forti pressioni per allungare i tempi del processo al Csm del pm napoletano Henry John Woodcock, il magistrato che ha dato il via all'inchiesta Consip e che in quel momento era sulla graticola sia nella Prima commissione del Csm (trasferimenti d'ufficio) per una fuga di notizie legata a un'intercettazione di Matteo Renzi, sia nella sezione disciplinare del parlamentino dei giudici per un'intervista concessa a Repubblica. A renderlo inviso ad alcuni colleghi di Roma, che avrebbero esercitato le pressioni per tenerlo a bagnomaria, certe sue mosse nella gestione del procedimento Consip, che da Napoli passò nella Capitale e per un periodo venne gestito collegialmente dalle due Procure. L'intricata vicenda emerge da un'intercettazione captata sul cellulare di Palamara. In essa, a conversare sono il pm sotto inchiesta e l'ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. È il 29 maggio del 2019 ed è testé scoppiata la bomba dell'inchiesta Csm. Ma Palamara fa riferimento a un'altra bomba, quella che sarebbe pronto a sganciare lui. Legnini suggerisce all'amico di parlare con Claudio Tito di Repubblica per affidargli la sua versione: «Deve passare la linea della vendetta nei tuoi confronti, dello sgambetto». E a far arrabbiare quelli che Palamara definisce «banditi» sarebbe stata la sua scelta di appoggiare, come successore di Legnini, il renziano David Ermini. Non solo. Palamara ricorda un incontro al bar del 5 luglio 2018 con Giuseppe Cascini, procuratore aggiunto di Roma con cui aveva confidenza. Nel menù del colloquio, anche il pm anglo-napoletano: «Là ho capito che stava a sfuggi' de mano a cosa de Woodcock». Cascini e Palamara avrebbero affrontato questioni riguardanti Legnini: «E quando mi è venuto a di' di te Giova' eh e là ho capito che questi erano proprio la rete…». Un network capace di mettere in circuito notizie sensibili. Poi Palamara fa riferimento, senza specificarla, alla recondita ragione, di cui entrambi sembrano edotti, che avrebbe frenato il procedimento al Csm: «Il processo Woodcock non è stato fatto per 'sto motivo». Il pm fa sapere all'amico di essere pronto a sfogarsi nella trasmissione di Lucia Annunziata, Mezz'ora in più, e l'ex presidente del Csm gli suggerisce di non sfruculiare la vicenda Woodcock. Palamara sembra non volerlo ascoltare: «Gli parlo di Scafarto (Gianpaolo, l'investigatore capo di Woodcock, ndr), a quel punto gli dico la mia valutazione. Gli dico: “Io ne parlai con Pignatone". Io le dico 'ste cose. Quando parlavamo io dicevo guardi io non ero convinto di quello che stava facendo perché non capivo (…) io stavo in prima commissione… l'amicizia con Lotti con Renzi (…) io conosco Lotti e l'ho frequentato, come l'ho frequentato con Pignatone, questo lo devo di' Giovanni… io adesso non faccio più sconti». Il magistrato spiega che, quando è iniziato il processo Consip, con Lotti «c'è stato un rallentamento nei rapporti perché ovviamente le posizioni si sono distinte, mi sono occupato della vicenda Consip sia in prima che nel disciplinare». E qui ritorna il tema del rallentamento della pratica contro Woodcock: «Nel disciplinare non l'ho finito il processo, non è stato possibile finirlo (…) quindi è evidente che ho avuto scambi di idee con Pignatone, sì… non capivo perché Scafarto una parte la vedevano e una parte no». In sostanza a Palamara sembrava che i colleghi di Roma stessero dando un colpo al cerchio e uno alla botte, mentre Woodcock doveva rimanere «tra color che son sospesi». A questo punto il magistrato riconosce che quanto sta raccontando potrebbe mettere in imbarazzo più di un collega, soprattutto in Procura di Roma, ma aggiunge che se deve parlare è meglio farlo senza censurarsi: «Lo so che è grave se dico questo. Perché so' un pm. Però a 'sto punto se butto la bomba, gliela butto totale». Alla fine, l'intervista con l'Annunziata è saltata.