2020-09-04
Le toghe vicine a Palamara sfilano al Csm per evitare di essere trasferite d’ufficio
Già sentiti almeno quattro magistrati coinvolti nelle chat dell'ex pm. Nei prossimi giorni convocati altri colleghi. Rischiano l'incompatibilità ambientale per «fatto incolpevole».Il caso Palamara è uno e trino. C'è il processo vero e proprio, per cui l'udienza preliminare per quattro imputati è stata fissata il 25 novembre davanti al gup Piercarlo Frabotta; ci sono i procedimenti davanti alla sezione disciplinare - la prossima udienza sarà per il 15 settembre; ci sono infine le audizioni davanti alla prima commissione presieduta da Sebastiano Ardita, del Consiglio superiore della magistratura, quella che valuta la sussistenza di un'«incompatibilità ambientale» per un «fatto incolpevole», cioè non necessariamente imputabile al magistrato, che, però, ha come conseguenza il trasferimento d'ufficio. A giugno i giornali raccontarono che erano state avviate una ventina di istruttorie preliminari per valutare le posizioni di altrettante toghe che compaiono nelle chat di Luca Palamara. Ma da allora sui lavori della commissione è scesa una cappa di riserbo. Ora La Verità può rivelare che almeno quattro magistrati sono già stati sentiti e altri sei o sette saranno sentiti nei prossimi tre martedì di settembre. Per esempio l'8 toccherà al procuratore di Terni Alberto Liguori, mentre il 15 sarà la volta del procuratore aggiunto di Roma Angelantonio Racanelli e del giudice della Corte d'appello di Torino Angelo Renna, già costretto alle dimissioni dalla giunta esecutiva e dal parlamentino dell'Anm per una frase considerata inopportuna nei confronti di una collega.I consiglieri in questa cosiddetta fase preistruttoria stanno sentendo le toghe sotto esame per chiedere spiegazioni sulle conversazioni avute con Palamara. Solo successivamente i commissari, se riterranno fondata l'ipotesi dell'incompatibilità, apriranno il procedimento vero e proprio e depositeranno tutti gli atti; infine invieranno al plenum o una proposta di archiviazione o di trasferimento, se l'interessato non avrà già chiesto preventivamente lo spostamento. A fine luglio sono stati sentiti il presidente del tribunale di Brescia, Vittorio Masia, il presidente del Tribunale di Firenze, Marilena Rizzo, il presidente della sezione gip di Reggio Calabria, Tommasina Cotroneo, e il presidente di sezione del Tribunale di Brindisi, Valerio Fracassi. Masia spiega alla Verità: «Nel mio caso ho difeso gli interessi di una persona che non militava neanche nel mio gruppo (Anna Di Martino, ndr). Non sono frate indovino e non potevo immaginare che il concorrente sarebbe stato indagato dalla Procura di Venezia, anche se alcune cose si potevano intuire anche prima». Per qualcuno, però, quelle di Masia sono state indebite pressioni: «Ero il capo dell'ufficio di quella persona, l'avevo nominata mio presidente vicario, una persona di grande valore che sta facendo molto bene a Cremona. Rifarei quello che ho fatto, guardi cosa arrivo a dirle […]. Nella vita ogni tanto bisogna prendere posizione. Per difendere quella persona, che era già stata fregata per Bergamo, mi ero messo contro tutto il gruppo (la corrente di Unicost, ndr), di cui ho fatto parte per 40 anni. Per me quella era una figura che doveva passare indipendentemente dalle appartenenze […]. Sono molto tranquillo, alla fine alla mia età si può appendere la toga al chiodo».Anche la presidente del Tribunale di Firenze, Rizzo, si è spesa per alcuni candidati del suo distretto: «Per quel che mi riguarda non penso ci siano i presupposti per la contestazione dell'incompatibilità […] mi sento la coscienza molto a posto», commenta la presidente. Fracassi è finito nel mirino per aver chiesto di ritardare la pubblicazione del bando per il posto che ricopre ora: «La mia audizione in prima commissione è durata non più di un'ora e ho risposto a tutte le domande, fornendo le mie spiegazioni».La capa dei gip di Reggio Calabria, Tommasina Cotroneo, è stata convocata per le conversazioni con Palamara in cui cerca protezione contro un presunto complotto ai suoi danni. Alcuni colleghi avrebbero tentato di boicottare la sua corsa a un incarico semidirettivo tirando fuori una vecchia storia di parentele scomode. Con noi, pur non volendo rilasciare interviste, fa trasparire la sua amarezza, visto che da 24 anni fa il magistrato in Calabria, vive sotto scorta e ha subito tre intimidazioni, l'ultima recentissima: «Uno i parenti se li trova, non se li sceglie. Io ne ho 70 o 80, due di questi (cugini, ndr) hanno scelto un'altra strada, da allora c'è stata con loro una frattura assoluta, da prima che entrassi in magistratura. Per questo ho fatto il mio lavoro senza condizionamenti di sorta […+. Pensavo di concorrere in un agone per titoli e meriti e quando ho saputo che qualcuno voleva usare contro di me le mie parentele, uno stigma ingiusto, sono esplosa […]. Voglio rimanere a Reggio Calabria, dove conduco una vita claustrale, a combattere per la legalità». Anche il procuratore di Terni, Liguori, dovrà rispondere della sua chat con Palamara, dove la frase forse più delicata è forse questa: «Ribalta pst Cosenza da Carpino a Lucente». Nella corsa alla poltrona a presidente di sezione del Tribunale calabrese infatti Salvatore Carpino aveva battuto 4-2 la collega Maria Lucente in commissione: «Il mio era un intervento tecnico e non politico. Mi pare di aver diritto a esprimere una critica», ci spiega Liguori. «Il termine che ho utilizzato, «"ibalta", significava “riforma", “rivedi" con la forza delle argomentazioni giuridiche che non hanno avuto influenza al Csm, ma che il giudice amministrativo in ben tre giudicati ha riconosciuto. Infatti tutti i ricorrenti hanno vinto al Tar e al Consiglio di Stato e alla fine il Csm ha premiato correttamente la più anziana, la collega di Castrovillari (Carmen Maria Raffaella Ciarcia e non la Lucente, ndr)».Il 15 settembre toccherà al procuratore aggiunto di Roma, Racanelli, presentarsi in commissione. E il diretto interessato annuncia battaglia: «Ho accolto con stupore, e lo dico con il massimo rispetto per la commissione, questa convocazione quando, per quanto è dato sapere dalla lettura dei giornali, da oltre un anno le intercettazioni ambientali di due conversazioni che mi vedevano interloquire con il collega Palamara nel mio ufficio sono nella disponibilità del Consiglio» spiega. Si dice felice di potersi difendere dopo mesi di silenzio e annuncia un'audizione scoppiettante: «Manifesto piena disponibilità […] anche a riferire ulteriori circostanze su episodi che possono servire anche a smascherare l'ipocrisia, ovviamente è una mia personale valutazione, delle reazioni di parte della magistratura dopo l'esplosione del cosiddetto caso Palamara». Infine Racanelli lancia la sfida ad alcuni quotidiani, La Repubblica in primis: «Intendo allontanare alcuni schizzi di fango che qualche giornale, non so quanto motu proprio, ha cercato di gettare sulla mia persona per colpire, attraverso di me, nella mia qualità all'epoca di segretario generale di Magistratura indipendente, la parte moderata della magistratura che ha sempre contrastato la magistratura politicizzata e che soprattutto negli ultimi anni si è decisamente opposta a chi considera l'Associazione nazionale magistrati un soggetto politico da schierare nel dibattito pubblico».