2021-07-28
Le sorelle d’Italia abbelliscono il medagliere da sole. E le altre crollano
Bronzi nel judo e spada a squadre, argento a sorpresa nei pesi per la Giorgia Bordignon. Mentre Simone Biles e Naomi Osaka, dive altrui, non reggono «Sol col proprio coraggio, mettetevelo ben in mente, ai nostri giorni un gentiluomo può farsi strada», spiega Alexandre Dumas ne I tre moschettieri, e per le gentildonne il copione non è così diverso. Date in mano loro una spada, addestratele a dovere, e vinceranno duelli con la grazia di chi non dipende soltanto dalla veemenza testosteronica. Ieri è stata una giornata di soddisfazioni in rosa, per gli atleti olimpici italiani impegnati a Tokyo: a ben guardare, il bronzo agguantato dalla squadra di spada femminile formata da Rossella Fiamingo, Mara Navarria, Federica Isola e Alberta Santuccio porta in dote le stesse suggestioni vissute dai signori Athos, Porthos, Aramis e D'artagnan nelle avventure di cappa e lama immaginate dal romanziere francese: 23-21 sulle insidiosissime cinesi, un podio collettivo azzurro che mancava dai tempi di Atlanta 1996, sembra trascorsa un'era geologica. A rimpinguare il medagliere ci ha pensato anche Maria Centracchio: per lei un bronzo nella categoria -63kg di judo battendo l'olandese Juul Franssen, terzo posto che vale quasi oro, considerata la partenza dell'italiana, soltanto numero 27 del tabellone. Ad alzare la posta ci ha poi pensato Giorgia Bordignon, lombarda di Gallarate, minuta belvetta capace di mettersi sopra la testa oltre 200 kg nel sollevamento pesi e di portare a casa una medaglia d'argento. Se aggiungiamo un quarto posto nella ginnastica artistica a squadre - Alice D'amato, Asia D'amato, Vanessa Ferrari e Martina Maggio hanno insidiato fino all'ultimo esercizio il bronzo andato alle britanniche - e una Federica Pellegrini che, mentre questo giornale sta andando in stampa, si sta giocando la sua quinta finale olimpica nel nuoto stile libero infrangendo l'ennesimo record, c'è da essere ottimisti per l'immediato futuro. Manca solo qualche primo posto in più a conferire prestigio alla delegazione nazionale. Intanto accontentiamoci di un bronzo storico nella spada a squadre femminile, si diceva. Contro la compagine cinese, l'avvio è stato tra i più equilibrati di sempre. Primo giro di assalti conclusosi con un 7-6 per le azzurre, la circospezione lampante negli occhi delle contendenti, lo studio della tecnica avversaria come leva per assestare la stoccata decisiva. Ad abbandonare gli avamposti tattici ci pensano la Fiamingo e la Navarria: piazzano assalti frenetici, siglano un parziale di 8-0, assaporano la vittoria. Le cinesi tentano il ritorno di fiamma, tocca ad Alberta Santuccio, esordiente olimpica, contenerne le sortite. «Dopo la sconfitta in semifinale con l'Estonia, quello con la Cina era l'assalto più importante della nostra vita», commenta la Fiamingo, già argento in solitaria a Rio 2016. Per uno spadaccino, si sa, è una questione di agilità e avanzamenti, ma sul tatami del judo conta mantenere la solidità della roccia. Quella che papà Bernardo ha insegnato a Maria Centracchio, 26 anni, cresciuta fin da piccina nel dojo di famiglia dedicato all'arte marziale giapponese. Persa la semifinale contro la campionessa olimpica di Rio, la slovena Tina Trstenjak, la combattente di Isernia non ha smesso di visualizzare un obiettivo papabile e ha affrontato l'olandese Franssen in uno scontro di arguzia e sacrificio. Bronzo acciuffato nella categoria -63 kg e tributo a una regione, il Molise, a volte dimenticata dalla geografia sportiva: «Ho sentito l'affetto della mia terra. Ho dimostrato che il Molise esiste e mena forte», sorride lei. Esiste il Molise ed esiste Gallarate, comunità con il cuore a Varese e un occhio a Milano. Da lì proviene Giorgia Bordignon, anni 34, medaglia d'argento nel sollevamento pesi fino a 64 kg femminile. Per lei due record in un sol boccone: 104 kg nello strappo e 128 kg nel lancio, esecuzioni senza sbavature. «C'è una nuova generazione di atlete vincenti, sono le persone capaci di affrontare le loro paure, se lo meritano davvero», commenta. L'osservazione non è casuale. Dal frullatore dell'agonismo esasperato se ne esce col sorriso soltanto quando si allontanano i fantasmi dell'inconscio, impedendo alla psiche di volare a briglia sciolta. Non è obbligatorio riuscirci, pure se si è campionesse come Simone Biles. Nel giorno della vittoria russa nella ginnastica artistica a squadre e del quarto posto per le azzurre, la pluridecorata statunitense ventiquattrenne ha deciso di gettare la spugna con onore, ritirandosi. «Non mi sto divertendo più come prima. So che questi sono i Giochi Olimpici, ma in realtà sto partecipando per gli altri, più che per me. Non appena salgo in pedana siamo io e la mia testa, lì ci sono demoni con cui devo confrontarmi. Devo pensare alla mia salute mentale prima di tutto», racconta in lacrime, in un episodio non dissimile a quello che aveva visto protagonista la tennista Naomi Osaka qualche mese fa. Oggi la tensione torna ai vertici. Tra gli azzurri, riflettori puntati sull'Italbasket contro l'Australia, sul volley maschile contro i padroni di casa del Giappone, sulla canoa e sul ciclismo su strada a cronometro maschile.