
Il movimento scende in piazza a Roma, senza sbilanciarsi sui numeri: «Siamo tantissimi!». Ma tra stanchi rituali antifascisti e gran confusione politica («Non chiedeteci del Mes e di Ilva»), l'unica proposta che viene formulata è la solita: accogliere tutti.Venne il giorno in cui le sardine esalarono un contenuto politico. Ci hanno messo un mese (tanto è passato dalla manifestazione di Bologna), ma ce l'hanno fatta, hanno formulato una proposta vera, sintetizzabile in due parole: porti aperti. Originale, non c'è che dire. Per enunciare un tanto strepitoso concetto hanno dovuto indire una manifestazione in piazza San Giovanni a Roma. Il meteo ha benedetto i pesciolini, ma il mare non si è rivelato molto profondo. Dicevano di attendere 100.000 persone, poi il riccioluto Mattia Santori ha avvertito la corrente gelida e ha abbassato il tiro: «Bene anche se saremo 10.000, l'importante è il messaggio». Dal palco, il liderino ha gridato: «Siamo tantissimiiiii!», ma nelle scatole di latta le sardine stanno molto, molto più strette. A San Giovanni lo spazio libero era tanto, infatti i supporter mediatici si sono mantenuti vaghi: «Migliaia e migliaia di persone», scriveva Repubblica nel pomeriggio. Insomma, per la rivoluzione c'è ancora da attendere, pare di capire. Fra la folla c'erano spruzzate di gioventù e parecchie capigliature candide. A un certo punto la vera notizia sembrava l'assenza di Casapound, annunciata con sberleffo da Simone Di Stefano via Twitter: «Mica ci avrete creduto? Quello delle sardine è un vuoto pneumatico che non può essere riempito con nessuna buona idea. Pappagalli del Bella ciao, state bene così!». A corredo, una foto di Di Stefano a piazza Venezia con scoppiettante maglione natalizio e cartoccio di pesce fritto in mano, per la serie «in piazza con le sardine». Che per i sovranisti non ci fosse posto nel ritrovo «inclusivo», del resto, era piuttosto chiaro. Non bastava l'organizzazione di marca Fiom riguardo al servizio d'ordine: i pesciolini si sono appoggiati anche all'Anpi, la cui unica funzione ormai sembra quella di condurre il karaoke di Bella ciao (in versione Casa di carta, per fare i gggiovani). Ad aprire il comizietto è Carla Nespolo, presidente dell'associazione partigiana: «Odio gli indifferenti, e io lo voglio dire forte: l'Anpi è con voi, i partigiani e le partigiane sono con voi» (e qualcuno replica: «Siamo i partigiani del 2020», andiamo bene). Casella «antifascismo» barrata, segue il consueto repertorio delle manifestazioni di sinistra. C'è l'attivista Lgbt, la giovane Luce Visco, transessuale e presidente di Arcigay Molise che inveisce contro la «transfobbia» e «l'omofobbia». Immancabile, ecco comparire il carrozzone migratorio. C'è la musulmana, c'è Pietro Bartolo, il «medico di Lampedusa», che di mestiere fa l'europarlamentare del Pd. Con voce sofferente e in un italiano un po' traballante spiega che bisogna accogliere e «restare umani». Si concede perfino una divagazione nell'antirazzismo biologico, tessendo l'elogio della mescolanza: «A scambiarsi il dna si diventa più forti, le razze pure sono deboli». Bartolo dice che le sardine hanno contribuito a farlo eleggere (viene da chiedersi come sia stato possibile), poi spiega che bisogna eliminare subito le leggi che impediscono di salvare i migranti. Visto che il suo partito è al governo, invece di andare in piazza poteva recarsi nella segreteria del Pd e farlo presente. Invece ha preferito piagnucolare dal palco come se al Viminale ci fosse ancora Salvini. A ruota compare Giorgia Linardi, portavoce della Ong Sea Watch. Anche lei ce l'ha con «i decreti sicurezza che minacciano la dignità di questo Paese» e raccatta applausi invocando il nome della «nostra capitana Carola Rackete». Ora, va bene che nella metafora ittica le sardine ci sguazzano, ma alle menate sui porti aperti ci poteva arrivare pure il pesce sega. C'è un osservazione da fare, tra l'altro. Santori e compagni hanno presentato un manifesto in dieci punti che hanno umilmente chiamato «i dieci comandamenti». Il primo è: «I numeri valgono più della propaganda e delle fake news». Bene, andassero a controllare i numeri degli sbarchi da quando il governo gialloblù è finito e si renderanno conto che sono aumentati. Dunque la protesta contro le orride leggi razziali salviniane è leggermente fuori tempo massimo. Ma le sardine hanno l'acqua nelle orecchie e non ci sentono. Santori prende il microfono per sfoggiare di fronte alle telecamere la ridente capigliatura, e snocciola sei ulteriori punti programmatici. L'ultimo - l'unico realmente politico - riguarda appunto l'immigrazione: «Chiediamo di ripensare il decreto sicurezza: c'è bisogno di leggi che non mettano al centro la paura, ma il desiderio di costruire una società inclusiva». Dalla piazza qualcuno non gradisce, e sbraita che bisogna «abrogare», non «ripensare» il decreto. Le «sardine nere» di Stephen Ogongo ripetono il concetto: «Dobbiamo riprenderci il sentimento dell'indignazione», ha detto, «il decreto sicurezza va abrogato. Basta con la clandestinità». Tutto qui. Tanta fiera per sentire una bella tirata a favore dell'accoglienza. Il resto è fuffa condita dal solito disprezzo verso le destre. «Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi politiche invece di fare campagna elettorale permanentemente», urla Santori. Invoca anche la censura: «Pretendiamo che chiunque ricopre la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali». Ovvio: in tv ci deve andare solo il suo bel faccino. La richiesta più surreale, però, è la penultima: «Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica in ogni sua forma. È il momento che la violenza verbale venga equiparata alla violenza fisica». Certo, prendersi un pugno è uguale a sentirsi dire una parolaccia. Tanta banalità non poteva che ottenere l'approvazione di Nicola Zingaretti: «Belle le proposte che avete lanciato, faremo di tutto per metterle in atto ed essere all'altezza del vostro impegno». Gli crediamo: le proposte sardinesche sono il nulla, e il Pd nel campo è uno specialista. Chi non sarà accontentato, invece, è Giuseppe Conte. Si era detto pronto a incontrare le sardine, ma Santori l'ha rimbalzato: «È apprezzabile che da parte di Conte ci sia stata una apertura ma non c'è bisogno in questo momento di un incontro fisico». Arroganza a parte, il problema vero è che i due non saprebbero che dirsi. Santori, sui giornali, l'ha addirittura confessato. Gli hanno chiesto che cosa scaturirà dalla riunione che le sardine terranno stamattina al centro okkupato Spintime di Roma (quello dove il cardinal Bolletta Konrad Krajewski andò a riattaccare la luce). E il baldo Mattia ha risposto: «Non usciranno proposte politiche, è troppo presto. Inutile chiederci dell'Ilva e del Mes, chi cerca queste risposte da noi rimarrà deluso». Ovvio: da un movimento politico mica si possono pretendere idee politiche. I pesci sottovuoto, appena escono dai porti aperti, annegano.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






