2020-01-16
Nelle carte l’orrore del sistema Bibbiano
Nell'inchiesta di «Angeli e demoni» i dettagli sulla vita della piccola Katia con le donne a cui era stata affidata: «Mi disgustano le loro effusioni in casa, mi sento a disagio».Recidere alla radice contatti e rapporti sentimentali. E creare sempre nuove strutture d'accoglienza, accrescendo il business. Un obiettivo da raggiungere facendo confessare abusi inesistenti.Il leghista sabato a Casalgrande a un convegno organizzato da un'associazione di biker, che protestano anche per la mancata consegna dei regali di Natale ai bimbi «rubati». Poco distante, il candidato dem offre l'aperitivo.Lo speciale contiene tre articoli «Sono triste quando mi sono svegliata durante il sonno e la mamma non c'era». Quando la piccola Katia scriveva queste parole su un bigliettino pensava ai suoi genitori naturali. Il papà e la mamma da cui gli assistenti sociali di Bibbiano avevano voluto allontanarla, sostenendo che la maltrattassero. Di più: gli stessi assistenti sociali ripetevano che la bambina con il padre e la madre non voleva più avere nulla a che fare, anzi ne era spaventata. E intanto la piccina annotava: «Sono triste di non essere a casa con i miei». La storia di Katia, purtroppo, è piuttosto nota. Si tratta della minorenne che fu affidata a due donne, Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, unite civilmente nel giugno 2018. Le «due mamme» (che peraltro percepivano un contributo economico maggiore rispetto ad altri affidatari) avrebbero dovuto prendersi cura della piccina e invece, a quanto risulta dalle carte dell'inchiesta «Angeli e demoni», la vessavano e maltrattavano. Tanto che il gip reggiano Luca Ramponi, mesi fa, ha disposto che la bimba fosse tolta alle due donne e ha vietato ogni forma di contatto. Katia è stata affidata alla coppia lesbica grazie a una delle protagoniste principali dell'inchiesta, ovvero l'indagata Federica Anghinolfi, dirigente del Servizio di assistenza sociale dell'Unione Comuni Val d'Enza. Costei era anche una fervente attivista Lgbt, e condivideva la lotta arcobaleno con una delle due affidatarie, Fadia Bassmaji. Le due non avevano in comune soltanto la militanza ideologica. Nelle carte dell'inchiesta si legge che Fadia e Federica «risultavano avere avuto in passato tra loro una relazione sentimentale». I nomi di Anghinolfi, Bassmaji e Bedogni compaiono ripetutamente nelle 71 pagine che compongono l'avviso di chiusura delle indagini della Procura di Reggio Emilia su «Angeli e demoni». Scorrendo le carte, emergono nuovi e disturbanti particolari riguardanti Katia e le sue «due mamme» affidatarie. Tanto per cominciare, le tre donne hanno omesso di riferire al perito del tribunale reggiano «del pregresso e intenso rapporto di amicizia sussistente tra la Bassmaji e la Anghinolfi». Così come hanno evitato di riferire «il loro convincimento di protrarre l'affido della minore fino al compimento della maggiore età». In sostanza, hanno tenuto nascosta le relazione fra l'assistente sociale e una delle affidatarie, e avevano in mente di trasformare l'affidamento di Katia in una sorta di adozione arcobaleno. Ma questo è niente. Il peggio arriva quando si scopre come le due affidatarie trattavano la piccola. Secondo il pm reggiano Valentina Salvi, Bassmaji e Bedogni «insistevano con la minore ribadendo quanto da lei subito presso la famiglia di origine; colpevolizzavano la bambina, talvolta anche attraverso urla feroci e parolacce». Dicevano a Katia che avrebbe dovuto «svuotare la cantina dei ricordi», cioè confessare gli abusi subiti dai genitori naturali (in realtà mai avvenuti). E poiché lei non collaborava la attaccavano. La Bedogni arrivò a cacciarla fuori dall'auto in una giornata di pioggia, tra insulti e urla («Non ti voglio più!»). Ancora: le «due mamme» la facevano anche sentire in colpa, le ripetevano che, rifiutandosi di parlare, infliggeva loro «sofferenze». Non è finita. Bassmaji e Bedogni, scrive il pm, «denigravano sistematicamente le figure genitoriali di Katia; incutevano alla bambina la paura e il timore di casuali possibilità di incontro con i genitori, ordinandole di nascondersi all'interno dell'auto e di non frequentare determinati luoghi per evitare di essere vista dai genitori; le facevano compilare un apposito diario contenente le sue emozioni in cui loro stesse formulavano domande suggestive e denigratorie rispetto ai genitori». Insomma, facevano di tutto affinché la piccina temesse o addirittura odiasse papà e mamma. In verità, i genitori cercavano di farsi vivi. Volevano vedere Katia, le mandavano messaggi vocali e scrivevano su Whatsapp. Ma tutte queste comunicazioni venivano tenute nascoste alla piccola. «Ciao bimba mia, il papà non riesce ad avere risposte per portarti a mangiare il sushi fuori, spero che tu stia bene, ti voglio bene», scrive il papà a Katia su Whatsapp. E mentre lui inviava questo messaggio strappacuore, gli assistenti sociali commentavano nella loro chat privata: «Bene, questo messaggio non lo diremo alla bambina». Sfogliando le carte si capisce che Katia non era spaventata dalla sua famiglia: piuttosto aveva paura delle affidatarie, che insistevano ad attribuirle comportamenti «sessualizzati», sostenendo che fossero frutto di passate molestie. Gli investigatori hanno trovato un disegno in cui Katia «raffigurava le affidatarie mano per la mano con un fumetto contenente la seguente frase: “Vai via Katia perché se ci sei tu non possiamo fare l'amore"». In un altro disegno Katia raffigura Bassmaji e Bedogni «intente a sposarsi e la bambina raffigurata in un escremento con la seguente didascalia: “Mi sono sentita lontana e distante come una cacchetta"». In un'altra occasione Katia scrive: «Mi ha disgustata vedere la Dani che ha leccato il collo della Fadia che le ha morso l'orecchio sessualmente». E ancora: «Ieri mi ha dato fastidio quando la Fadia mi ha dato la buonanotte nuda». Katia, inoltre, ha raccontato di aver fatto vari sogni «aventi a oggetto spettacoli teatrali pornografici con “peni finti" messi in scena dalle affidatarie». Le due donne, ovviamente, hanno omesso di raccontare che la bambina temeva di «subire violenze» da loro e sognava «catastrofi e scenari simili» in cui comparivano anche le «due mamme». Ecco come viveva Katia nella splendida utopia arcobaleno che avevano costruito per lei. E pensare che qualche quotidiano, nei giorni scorsi, ha avuto il fegato di descrivere come vittime del circo mediatico i responsabili di questo sistema allucinante. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-paure-della-bimba-data-alla-coppia-lgbt-si-leccano-sul-collo-e-girano-nude-2644822462.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lallontanamento-dalle-famiglie-nascondeva-un-piano-per-fare-soldi" data-post-id="2644822462" data-published-at="1757942431" data-use-pagination="False"> L’allontanamento dalle famiglie nascondeva un piano per fare soldi Bugie. Racconti falsi e relazioni distorte. Il tentativo, continuo, di allontanare i bambini dalle famiglie d'origine, recidendo alla radice contatti e rapporti sentimentali. E poi il progetto di creare sempre nuove strutture d'accoglienza, accrescendo il business. La seconda puntata delle accuse sui presunti allontanamenti illeciti dei dieci bambini di Bibbiano è, se possibile, anche peggiore di quella emersa alla fine di giugno, quando il giudice per le indagini preliminari, Luca Ramponi, aveva ordinato gli arresti domiciliari per alcuni dei 27 indagati. Nell'avviso di conclusione delle indagini, depositato martedì dal pubblico ministero di Reggio Emilia, Valentina Salvi, si leggono ora anche nuove condotte che la Procura ritiene penalmente rilevanti e che concorrono a creare un quadro - se possibile - più fosco. Del resto, negli ultimi sei mesi d'indagine anche i capi d'accusa sono aumentati, da 102 a 108. Sarebbero emersi particolari ancora più pesanti soprattutto su Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli, rispettivamente dirigente e operatore dei servizi sociali di Bibbiano. Secondo l'accusa, i due facevano in modo che emergessero soltanto elementi utili per l'allontanamento dei minori. È paradigmatico il caso della sfortunata adolescente affidata alla coppia omosessuale Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, a loro volta finite nell'inchiesta e indagate per maltrattamenti. Nelle nuove carte della pm Salvi ora compaiono anche i cinici dialoghi di una chat telefonica, dove le assistenti sociali di Bibbiano s'impegnano a evitare che quella stessa bambina sappia che il padre naturale continua disperatamente a cercarla e a volerle bene. La diga è sistematica. Nei dialoghi intercettati si coglie che le operatrici vogliono evitare anche i residui contatti fisici della ragazzina con la sua famiglia: «Come giustifichiamo la sospensione degli incontri protetti?» chiede per esempio un'assistente sociale. Un'altra le risponde: «Relax della minore… vacanza…». Nella chat di altre colleghe gli insulti per un padre di colore: «Oh, comunque noi parliamo anche il ghanese, come si dice “vaff" in ghanese? Muoio dal ridere». Nelle carte sembrano confermati anche i peggiori sospetti sugli psicoterapeuti del Centro Hansel e Gretel di Moncalieri, attivo a Bibbiano. Si legge che, negli incontri con i bambini allontanati da casa, «denigrano sistematicamente le figure genitoriali»; li spaventano descrivendo i danni che subirebbero «negli incontri con i familiari»; dicono ai piccoli pazienti che loro posto «si fingerebbero morti piuttosto che rivederli». La pm Salvi continua ad accusare gli psicologi di avere indotto nei piccoli pazienti la confessione di abusi inesistenti. Nadia Bolognini, che nell'inchiesta è tra i principali indagati con il marito Claudio Foti, a sua volta psicologo e fondatore di Hansel e Gretel, avrebbe suggerito a una dei suoi piccoli pazienti «con sistematicità e convinzione» che il padre «le pizzicava la patatina»: e questo soltanto per superare le «incongruenze nei parziali dichiarati, indotti nella bimba». Altrove, si legge che la psicologa si sarebbe «nascosta sotto a un lenzuolo per suggerire all'orecchio di un bambino le risposte sugli abusi subiti», da fornire alle domande che lei stessa formulava, e alle quali (con tutta evidenza) «il bambino non rispondeva spontaneamente». In un altro caso, la Bolognini avrebbe indotto una ragazzina a convincersi «che i tagli che s'infliggeva derivavano dai rapporti sessuali» subiti in famiglia. Sulla psicoterapeuta grava anche l'accusa di aver lavorato meno di quanto avrebbe dovuto: il Comune di Bibbiano e Hansel e Gretel avevano concordato un compenso orario di 135 euro (che pure il giudice Ramponi sostiene essere doppio rispetto ai valori di mercato), che sarebbe rimasto invariato anche se la durata dei colloqui con i bambini scendeva a 55, a 50 e perfino a 45 minuti. Ma ora emerge che generoso forfait aveva ceduto il passo a un'allegra danza delle ore. Su 115 sedute monitorate, la cui durata avrebbe dovuto essere almeno di 45 minuti, la Bolognini avrebbe «concluso anticipatamente la prestazione in 61 incontri», quindi in oltre il 53% del totale. Malgrado l'autoriduzione, la professionista ha però sempre fatturato una parcella intera: 135 euro. Resta infine il capitolo relativo a Foti, lo psicologo fondatore di Hansel e Gretel. Nelle carte depositate due giorni fa dalla pm Salvi si legge che il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, insieme ai responsabili dei servizi sociali comunali, stava per varare il progetto di «una comunità per 18 minori in affido, vittime di maltrattamenti e/o abusi sessuali». Carletti intendeva creare una struttura, chiamata Utopia: ne era stata disegnata la planimetria ed era già stata addirittura concordata con Foti «una retta giornaliera da 250 euro a minore». La cifra «incorporava il servizio di psicoterapia», ovviamente affidato senza gara al Centro Hansel e Gretel. A Foti il sindaco aveva concesso anche di realizzare un «centro studi adiacente» alla comunità Utopia, dove ne «avrebbe formato gli operatori», sempre a pagamento. La comunità sarebbe stata gestita dall'associazione Rompere il silenzio, del cui direttivo fanno parte non soltanto quattro degli indagati, e cioè Foti, sua moglie Bolognini, Monopoli e l'Anghinolfi «quale associata occulta», ma anche l'avvocato di Foti, Andrea Coffari. Il servizio di psicoterapia «avrebbe avuto un incasso annuale già calcolato di circa 130.000 euro, di cui 30.000 sarebbero stati versati, a titolo di contributo, a Rompere il silenzio». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-paure-della-bimba-data-alla-coppia-lgbt-si-leccano-sul-collo-e-girano-nude-2644822462.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="salvini-parla-di-affidi-bonaccini-beve-scontro-ravvicinato-prima-del-voto" data-post-id="2644822462" data-published-at="1757942431" data-use-pagination="False"> Salvini parla di affidi, Bonaccini beve. Scontro ravvicinato prima del voto Dieci giorni fa Stefano Bonaccini aveva annullato la tappa bibbianese del suo tour elettorale, per paura delle contestazioni di oltre 200 genitori riuniti in un flash mob. Sabato prossimo, alla conferenza sul tema affidi prevista alle 18 a Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, è però atteso Matteo Salvini e il candidato del centrosinistra deve aver pensato che non era il caso di perdersi un po' di flash di fotografi. A poche centinaia di metri, nella frazione di Salvaterra, Bonaccini ha perciò organizzato alla stessa ora un aperitivo in piazza, i volantini circolano già da giorni. Mentre il leader leghista e la deputata ex 5 stelle, Veronica Giannone, oggi del gruppo Misto, parleranno di «Se solo mi ascoltaste. La voce dei minori all'interno dei tribunali», il presidente uscente della Regione offrirà uno spritz ai suoi sostenitori. Una bella pensata, evitare ogni confronto quando ormai si avvicina il processo sui presunti affidi illeciti nella Val d'Enza. «Bonaccini poteva partecipare, non avevamo nulla in contrario. Siamo apolitici», commenta l'organizzatore dell'incontro, Marco Vigliotti, leader di Voce bikers, associazione che ha preso a cuore la vicenda dei bimbi e delle famiglie vittime di «Angeli e demoni». Motociclisti di ogni parte di Italia sensibili ai temi sociali. Lo scorso agosto organizzarono la prima protesta contro lo scandalo Bibbiano, in sella alle loro due ruote. Due mesi dopo, a ottobre, altra azione coordinata «per tenere alta l'attenzione sul tema bambini, che non si toccano. Avevamo invitato esponenti del Pd, nessuno ci ha risposto». Pensavano di muoversi nuovamente solo ad aprile di quest'anno, stavano organizzando un grande raduno di biker da tutta Italia «ma l'affermazione delle sardine, che ritengono “assurdo" continuare a parlare di Bibbiano", ci ha fatto cambiare idea. Dovevamo mobilitarci subito. Come abbiamo scritto a fine novembre sui social: poco importa se il messaggio delle sardine vuole contrastare una campagna elettorale, hanno migliaia di argomenti da poter mettere sul tavolo di cui discutere, i bambini però vanno lasciati in pace, vanno difesi e tutelati, tutti hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero ma bisogna azionare il cervello e misurare le parole», si accalora Vigliotti. Casalgrandese, 42 anni, una piccola impresa nel settore edile, seguito da centinaia di biker e sui social da circa 200.000 persone, ha messo in piedi l'appuntamento di sabato 18 gennaio per parlare di affidi e per lanciare la provocatoria idea di una onlus che «aiuti qualsiasi persona che abbia bisogno di assistenza sociale, a poter contare su pareri di esperti che diano i consigli giusti. Ci sto lavorando da mesi, con riscontri di professionisti, genitori, addetti ai lavori da ogni parte d'Italia». Del progetto, di cui si parlerà sabato a Casalgrande, non vuole anticipare di più. È felice che Matteo Salvini abbia dato subito la sua disponibilità. Durante l'incontro di sabato verrà affrontato anche il tema dei regali di Natale 2018 mai consegnati ai bimbi dati in affido. «Giocattoli, libri, lettere che i legittimi genitori avevano pensato e scritto per i loro piccoli, ancora accatastati negli uffici degli assistenti sociali di Bibbiano», spiega il leader di Voce bikers. «Il sindaco di Cavriago, Francesca Bedogni, con delega ai servizi sociali dell'Unione Val d'Enza, ci ha risposto che “sono stati sequestrati" a gennaio 2019 “e pertanto non sono nella disponibilità". Vogliamo chiarezza, perché quello era solo un verbale di sequestro da parte dei carabinieri, nessun magistrato lo ha poi convalidato per quel che ci risulta. Abbiamo un avvocato che ci segue, non siamo degli sprovveduti». Le indagini sul «sistema Bibbiano» hanno rivelato come l'accordo tra gli operatori sociali fosse proprio quello di non consegnare regali né lettere, lasciando i poveri bambini non solo lontani dalle famiglie ma nella tremenda convinzione che a mamma e papà di loro non importasse più niente. «Sabato prossimo, prima dell'incontro con Salvini, saremo davanti al Comune di Cavriago, tutti in moto, per chiedere che quei doni vengano finalmente consegnati a distanza di più di un anno. L'incontro è sempre aperto a Bonaccini, molti genitori apprezzerebbero. Perché questo scandalo vergognoso non è solo “un piccolo raffreddore"».
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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