2020-03-01
Le nuove Termopili. Atene respinge l’assalto di migranti mossi da Erdogan
Lacrimogeni al confine turco pressato da 4.000 profughi siriani Il premier: «Difendiamo noi e l'Ue». E nessuno l'ha denunciato.La Grecia ha scelto la linea dura sui flussi migratori. Nelle scorse ore, si sono registrati svariati scontri al confine turco, con gli agenti di polizia che hanno lanciato dei lacrimogeni e i rifugiati che hanno risposto scagliando sassi. «Per tutta la notte le forze di sicurezza hanno impedito l'attraversamento illegale del confine», ha dichiarato ieri mattina il ministro della Difesa greco, Nikos Panagiotopoulos. Atene ha anche rafforzato i controlli nelle acque dell'Egeo orientale, con il ministro delle Politiche per le isole e la navigazione, Ioannis Plakiotakis, che ha affermato: «I confini greci sono anche i confini di tutta Europa». Nel dettaglio, sono all'opera 52 navi della Marina militare e della Guardia costiera. Particolarmente netto si è mostrato anche il portavoce del governo, Stelios Pestas. «La Grecia ha dovuto affrontare ieri un tentativo organizzato, di massa e illegale di violare i nostri confini e l'ha sventato», ha riferito, «abbiamo protetto i nostri confini e quelli dell'Europa. Abbiamo impedito oltre 4.000 tentativi di ingresso illegale nei nostri confini». Tra l'altro, 66 persone sarebbero già state arrestate. Ieri, i vertici dell'esecutivo greco hanno tenuto una riunione di emergenza, a cui hanno preso parte il premier Kyriakos Mitsotakis, i ministri degli Esteri e della Difesa, oltre al capo di Stato maggiore. Insomma, la Grecia mantiene la linea della fermezza, facendo seguito a quanto dichiarato su Twitter già venerdì scorso dallo stesso Mitsotakis. «Migranti e profughi in numeri rilevanti si sono radunati al confine terrestre Grecia-Turchia e hanno tentato di entrare nel Paese illegalmente. Voglio essere molto chiaro: non verrà tollerato alcun ingresso illegale in Grecia. Stiamo aumentando la sicurezza dei nostri confini», aveva affermato. Nel frattempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato ieri a Istanbul che 18.000 migranti avrebbero già attraversato il confine, aggiungendo che la cifra potrebbe raggiungere le 30.000 unità nelle prossime ore. «Non chiuderemo queste porte nel prossimo periodo e questo continuerà. Perché? L'Unione europea deve mantenere le sue promesse. Non dobbiamo prenderci cura di così tanti rifugiati, per dar loro da mangiare», ha tuonato. La crisi è sorta, dopo che - venerdì scorso - la Turchia aveva consentito ai profughi siriani di dirigersi verso l'Unione europea: una mossa arrivata in risposta al bombardamento che - il giorno prima - le forze siriane avevano condotto sull'area di Idlib: roccaforte dei ribelli anti Assad, sostenuti da Ankara. La decisione di Erdogan nasce da due obiettivi principali: alleggerire la crescente pressione interna dei profughi siriani e mettere sotto scacco l'Unione europea, violando di fatto l'intesa del 2016. Un'intesa, in base a cui la Turchia - in cambio di sei miliardi di euro - si era impegnata a frenare i flussi migratori diretti verso il Vecchio Continente. La reazione di Atene ha invece una duplice natura. Da una parte, sta rivendicando il ruolo di custode dei confini europei e, dall'altra, considera la questione anche alla luce delle storiche turbolenze che intercorrono tra Grecia e Turchia. Un aspetto indubbiamente rilevante risiede comunque nel fatto che, almeno per il momento, la linea dura di Mitsotakis non sembri aver suscitato eclatanti dissensi. La principale forza di opposizione, Syriza, ha emesso venerdì scorso un comunicato piuttosto blando: pur non rinunciando a muovere qualche generica critica al governo, il partito di sinistra ha principalmente chiesto la convocazione di un vertice europeo straordinario, denunciando la pressione ricattatoria di Erdogan. Del resto, dallo stesso fronte europeo non paiono riscontrarsi obiezioni. Nella giornata di venerdì, il premier greco ha avuto conversazioni con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron, e la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Lo stesso capogruppo del Partito popolare europeo, Manfred Weber, ha twittato: «Sosteniamo la decisione del governo greco di mantenere il controllo del proprio confine con la Turchia. Ci aspettiamo che le autorità turche rispettino il nostro accordo e ristabiliscano l'ordine. Siamo pronti ad aiutare le vittime di Idlib, ma non tollereremo i valichi di frontiera illegali in Europa». Insomma, quando i flussi migratori rischiano di travolgere la Germania, la difesa dei confini europei diventa una sacrosanta priorità. Con Matteo Salvini, invece, diventa un caso di sequestro (plurimo) di persone, da punire con il carcere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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