La politica energetica di Italia e Ue punta da anni solo ad affrontare e risolvere il falso pericolo della CO2. Ma la sua presenza produce risultati positivi, perché diminuisce l’effetto delle radiazioni emesse dalla Terra.
La politica energetica di Italia e Ue punta da anni solo ad affrontare e risolvere il falso pericolo della CO2. Ma la sua presenza produce risultati positivi, perché diminuisce l’effetto delle radiazioni emesse dalla Terra.Se mi è concesso, vorrei dedicare questo articolo a Sergio Mattarella, sperando che ci legga. La politica energetica che stiamo adottando da anni, in Italia e in Europa, è tutta improntata su un’unica buzz-word: decarbonizzare. Sotto forma di Co2, il carbonio che noi aggiungiamo sarebbe una minaccia esistenziale per il pianeta, giacché indurrebbe cambiamenti climatici con effetti disastrosi.Purtroppo, l’impegno a decarbonizzare è sciocco perché è fondato su premesse sbagliate, in quanto aggiungere Co2 in atmosfera non comporta alcun effetto sul clima, né in male né in bene. Prima di continuare, devo premettere che la cosa è leggermente tecnica e che io non nutro alcuna fiducia sulla cosiddetta divulgazione scientifica – lodevole impegno cui pur si dedicano alcuni miei stimati colleghi. Cercherò di imitarli solo perché la cosa è veramente importante, ed è tale proprio perché è stata fatta propria dai decisori politici ai massimi livelli; come, appunto, il nostro Presidente della Repubblica.Secondo le convinzioni più accreditate, nella nostra atmosfera vi sono alcuni gas (detti gas-serra) – il principale dei quali è il vapor d’acqua e, a seguire in ordine d’importanza, la Co2 – che mantengono il pianeta più caldo (a quanto pare, circa 33 gradi più caldo rispetto alla ipotetica situazione di totale assenza di questi gas). Proviamo a spiegare il meccanismo che realizzerebbe tutto ciò. È un fatto certo che ogni corpo – anche il nostro corpo! – emette energia sotto forma di radiazione elettromagnetica, cioè onde elettromagnetiche. Queste, a loro volta, sono caratterizzate da una quantità che è loro propria: la lunghezza d’onda (per esempio, passando da lunghezze d’onda minori a lunghezze d’onda maggiori si ha radiazione gamma, X, ultravioletta, visibile, infrarossa, microonde, radio-onde). Orbene, le lunghezze d’onda emesse dipendono dalla temperatura del corpo. Nel caso della Terra, la lunghezza d’onda principale è di 10 micron, nel senso che la radiazione di massima intensità emessa dalla Terra è quella con lunghezza d’onda di 10 micron. Di fatto, la Terra emette tutte le lunghezze d’onda comprese fra 4 e 50 micron, come illustrato nella curva della figura. Al di sotto di 4 micron e al disopra di 50 micron l’intensità della radiazione emessa è irrilevante: il “grosso” è radiazione fra 4 e 50 micron (con 10 micron il contributo massimo). Si noti che ho iniziato il paragrafo precedente con «è un fatto certo»: la teoria è consolidata e gli esperimenti l’hanno verificata al di là di ogni ragionevole dubbio. Il paragrafo ancora precedente l’avevo invece iniziato con «secondo le convinzioni più accreditate». Questo perché tutta la narrazione dell’effetto serra è ancora in discussione – contrariamente a quel che a tutti ci viene continuamente detto. Mi spiego meglio: secondo rispettabili fisici, la temperatura del nostro pianeta è quella che è per ragioni completamente diverse dell’effetto serra. Magari un’altra volta vi racconto quali sono queste altre ragioni, ma per il momento atteniamoci alle convinzioni più accreditate, e torniamo alla curva di figura che vedete in pagina. L’area sotto essa rappresenta l’energia (sotto forma di radiazione elettromagnetica) emessa dalla Terra. È energia che torna nello spazio, ed è necessario che vi torni altrimenti la Terra sarebbe insopportabilmente calda. Invece, grazie al fatto che smaltisce quell’energia, la Terra risulta più fredda. Ma non troppo, grazie proprio ai gas-serra, i quali assorbono parte dell’energia liberata dalla Terra e, per far breve una storia lunga, la tengono più calda di quel che sarebbe senza i gas-serra. Questi assorbono solo radiazione con lunghezza d’onda specifiche di ogni gas. Del gas-serra acqua ci disinteressiamo perché è comunque lì, e non possiamo farci niente. Interessiamoci quindi solo al gas-serra Co2 che, oltre ad essere presente di suo in Natura, è anche aggiunto da noi. Nell’intervallo delle lunghezze d’onda emesse dalla Terra (4-50 micron), la Co2 assorbe solo radiazione con lunghezza d’onda pari a 15 micron: la molecola è di fatto trasparente a tutte le altre lunghezze d’onda. Allora, di tutta l’energia radiante emessa dalla Terra (l’area sotto la curva in figura) solo l’area coperta dalla sottile striscia colorata in rosa è la porzione d’energia massima assorbibile dalla Co2. Senza Co2, questa porzione d’energia verrebbe liberata nello spazio e la Terra sarebbe più fredda; in presenza di Co2, una porzione dell’energia corrispondente alla radiazione nell’intorno di 15 micron (diciamo fra 14 e 16 micron) mantiene il pianeta più caldo. (V’è anche un assorbimento a circa 4 micron ma, come si vede in figura, il contributo di questa lunghezza d’onda è insignificante). Oggigiorno, bruciando combustibili fossili e aggiungendo di conseguenza Co2, l’umanità si preoccupa di rischiare di rendere il pianeta pericolosamente più caldo. Senonché, questo rischio è praticamente nullo: è stato calcolato che la porzione d’energia coperta dalla fascia rosa in figura è già tutta assorbita dalla Co2 naturalmente presente. Questa circostanza è chiamata «saturazione». Anzi è stato calcolato che si ha saturazione già con una concentrazione atmosferica di Co2 inferiore a 200 ppm (parti per milione). Il valore pre-industriale di circa 300 ppm era quindi già un valore «a saturazione», e l’effetto serra non è aumentato elevando noi a 400 ppm la concentrazione di Co2, cosicché il clima resta ininfluenzato da queste aggiunte (naturalmente il clima è mutabile per altre ragioni, le stesse che lo hanno reso sempre mutabile). Se può servire un paragone: aggiungere acqua ad un secchio vuoto fa aumentare il volume dell’acqua finché si raggiunge il bordo del secchio, ma versare altra acqua oltre questo livello di saturazione non fa aumentare il volume d’acqua nel secchio; parimenti, aggiungere Co2 in atmosfera fa aumentare la temperatura del pianeta solo finché si è al di sotto del livello di saturazione.In conclusione, la Co2 antropogenica nulla fa all’effetto serra, cioè nulla fa al clima: decarbonizzare la nostra fonte energetica è quindi un impegno sciocco. Tanto più sciocco in quanto è anche dannoso: la Co2 è il cibo delle piante, e aggiungerla in atmosfera fa bene all’ambiente; inoltre, rinunciare ai combustibili fossili comporta costi energetici elevati rendendo coloro che lo fanno poco competitivi al confronto di chi non fa quella rinuncia, con perdita di posti di lavoro tra i primi. Cioè noi italiani ed europei.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






