2022-04-02
Le moine della Ue non domano il Dragone
Ursula Von Der Leyen (Ansa)
Bruxelles chiude a mani vuote il vertice in cui ha provato a far uscire la Cina dall’ambiguità verso Mosca. Ai convenevoli e alle velate minacce dell’Unione, Xi Jinping ha risposto con la solita vaghezza: «No alla mentalità da Guerra fredda». Nulla di fatto anche sul clima.È una Bruxelles debole quella emersa dal summit Ue-Cina, tenutosi ieri per via telematica. Tema centrale del vertice è stato quello della crisi ucraina: un dossier, rispetto al quale Bruxelles ha cercato di far uscire Pechino dall’ambiguità, alternando pressioni e blandizie. «Rimarremo vigili su qualsiasi tentativo di aiutare la Russia finanziariamente e militarmente», ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «Tuttavia passi positivi da parte della Cina che aiutino a porre fine alla guerra sarebbero i benvenuti», ha aggiunto. «Qualsiasi tentativo di aggirare le sanzioni o di fornire aiuto alla Russia prolungherebbe la guerra, porterebbe ad altre perdite di vite umane e a un impatto economico maggiore. Non è nell’interesse a lungo termine di nessuno», ha continuato. «Se la Cina non intende sostenere le sanzioni su Mosca, come minimo non interferisca. Per Pechino sarebbe un danno di reputazione», ha dichiarato inoltre il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Insomma, Bruxelles cerca al contempo di mettere sotto pressione Pechino e di blandirla, per tentare di portare la Repubblica popolare a sostenere la posizione occidentale nella crisi ucraina. Una linea che tuttavia è destinata a fare un buco nell’acqua. Prova ne è il fatto che, durante il suo intervento, il presidente cinese, Xi Jinping, ha mantenuto una posizione vaga, dicendo che Ue e Cina dovrebbero «rafforzare la comunicazione e svolgere un ruolo costruttivo in una situazione mondiale instabile». «Tutti i Paesi hanno il diritto di scegliere autonomamente le proprie politiche estere, non dovrebbero costringere gli altri a scegliere da che parte stare», ha invece affermato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, esortando inoltre a evitare una «mentalità da Guerra fredda». Insomma, Pechino non ha alcuna intenzione di uscire dall’ambiguità. Certo: è pur vero che un funzionario Ue ha riferito che Xi avrebbe aperto alla possibilità di esercitare delle pressioni su Mosca. Bisogna tuttavia vedere se a questa promessa corrisponderanno fatti concreti. Sotto questo aspetto, il problema per l’Ue è duplice. Innanzitutto essa dispone di un potere negoziale ridotto con la Repubblica popolare: non dimentichiamo che vari Paesi europei (a partire dalla Germania) intrattengono stretti rapporti commerciali con la Cina. Ragion per cui, Pechino è in grado di sfruttare la leva economica a proprio vantaggio. In secondo luogo, gli interventi di Michel e della von der Leyen partono da una premessa tutta da dimostrare: veramente la Cina ha un interesse a spalleggiare il blocco transatlantico, per isolare la Russia? Probabilmente no. Pechino punta a costituire un ordine internazionale di cui poter diventare il perno: il che prevede il consolidamento dell’asse sino-russo, da integrare con l’espansionismo politico ed economico che Pechino e Mosca stanno portando avanti nel continente africano. Più nel breve termine, i cinesi sperano che questa crisi porti a una riduzione dell’attenzione statunitense sull’Indo Pacifico. Senza poi trascurare che Xi punta machiavellicamente a una Russia sempre più economicamente succube del Dragone. Tra l’altro, la Cina sta guardando con interesse alle mosse dell’India, che sta studiando un meccanismo di pagamento per aggirare le sanzioni. Non a caso, Pechino e Nuova Delhi si stanno avvicinando (la settimana scorsa il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, si è recato in visita in India). La Cina non ignora infine la progressiva perdita d’influenza dell’amministrazione Biden su aree mediorientali che storicamente rientravano nell’orbita americana (a partire dall’Arabia Saudita). A Pechino scommettono insomma sul fatto che, col passare del tempo, sarà l’Occidente a ritrovarsi isolato. D’altronde, la debolezza di Bruxelles è testimoniata anche su altri fronti. La Commissione europea ieri ha auspicato di collaborare con la Cina su clima e pandemia. Eppure, l’opacità di Pechino nella gestione pandemica è sotto gli occhi di tutti, mentre il Dragone si è ben guardato dal prendere impegni concreti durante il summit di Glasgow sul clima l’anno scorso. Né si capisce come Bruxelles avrà la forza di imporsi sui dossier problematici, elencati ieri dalla von der Leyen (dal lavoro forzato nello Xinjiang alle pressioni cinesi sulla Lituania). L’Ue continua a scontare un’assenza di compattezza politica, un’eccessiva dipendenza commerciale da Pechino e, non ultimo, l’assenza di una leadership americana degna di questo nome. La situazione è preoccupante. La Cina gioca una partita pro domo sua. E l’Occidente rischia di pagarne il conto.