2021-03-18
Le mascherine? «Fanno schifo». Sei arresti
Nicola Zingaretti (Getty images)
Sgominata la cricca che ha truffato, per quasi 5 milioni di euro, la Protezione civile del Lazio vendendo merce taroccata. Le intercettazioni tra gli indagati: «Un prodotto di m...». I soldi appena incassati finivano in conti civetta in Italia e all'esteroDopo aver ottenuto un acconto di 4.960.000 euro avrebbero turlupinato la Regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, con 2 milioni di camici e tute e 6 milioni di mascherine farlocche per poi riciclare l'incasso alla velocità della luce. Su mandato del gip del Tribunale di Taranto Benedetto Ruberto i finanzieri si sono presentati a casa dei sei uomini della presunta cricca, che per la Procura è «un'associazione a delinquere», per notificargli un'ordinanza di custodia cautelare. E per i protagonisti di questa vicenda sono scattati gli arresti domiciliari. Alcuni di loro hanno già dei precedenti: l'imprenditore Antonio Formaro, per esempio, ha una pendenza per calunnia, Francesco Oliverio, pure lui imprenditore, per appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta, Raffaele Buovolo, cintura nera sesto dan di ju jitsu prestato al noleggio di auto in Bulgaria, una condanna per omesso versamento di contributi previdenziali. I tre vengono anche indicati come i «promotori e gli organizzatori» dell'associazione a delinquere. L'avvocato Pietro Rosati, invece, ha un precedente specifico per truffa e una condanna per bancarotta. E si lascia dietro una scia di chiacchiere, riportate dalla stampa, su suoi indefiniti e presunti rapporti con i servizi segreti. Insieme con Giacomo De Bellis, che della società è il legale rappresentante, e Luciano Giorgetti, l'uomo che per il gruppo teneva i contatti con le banche (soprattutto estere), avrebbe contribuito a presentare la Internazionale Biolife, come capace di fornire immediatamente ingenti quantitativi di dispositivi di protezione individuale, pur non avendone la disponibilità. «Le indagini», infatti, spiega il gip, «hanno dimostrato che, al momento della sottoscrizione del contratto, gli indagati non avevano proprio idea di dove approvvigionarsi nel reperire camicie mascherine in modo tempestivo […]». Taroccando le certificazioni, però, sarebbero riusciti a rendere credibile l'operazione. Al punto che, come emerge dagli atti d'indagine, la Internazionale avrebbe provato «a farsi accreditare […] 18 milioni di dollari […]» pure dalla «Ab united solution inc», una società che ha sede in Florida, per un'altra fornitura di mascherine poi saltata. E infatti, secondo l'accusa, i sei si sarebbero «associati tra loro allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti ai danni di soggetti pubblici e privati»: truffe, inadempimenti di contratti di pubbliche forniture, frodi nelle pubbliche forniture, autoriciclaggio, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e vendita di prodotti industriali con segni mendaci. «Le mascherine sono state consegnate all'Agenzia della Protezione civile solo nel mese di Agosto 2020, mentre la fornitura dei camici e delle tute è rimasta totalmente inadempiuta,anche se la Internazionale ha consegnato una parte del prodotto, corredata da falsa certificazione di conformità […]». Dalle intercettazioni, d'altra parte, emerge in modo clamoroso che gli indagati non avevano le carte in regola. P: «Perché io ad oggi, alla Protezione civile non ho detto niente, ho detto semplicemente che noi abbiamo fatto la richiesta all'Inail e stiamo aspettando che l'Inail risponda». Poi precisa: «In realtà sappiano tutti e due». A., l'interlocutore, lo anticipa: «Sappiamo bene che fa schifo». P: «Eh esatto cioè un prodotto di merda». A: «Vabbe' prodotto di merda». Ma è bastata una certificazione. P: «E quindi devo potermi giustificare in qualche maniera, no?». La Protezione civile del Lazio si è imbattuta nella cricca avvalendosi «di canali» che il gip definisce come «totalmente informali». Come aveva già ricostruito La Verità, Internazionale Biolife «erastata segnalata a Carmelo Tulumello (direttore della Protezione civile lazio, ndr) da Lorella Lombardozzi (dirigente del settore Area farmaci della Regione Lazio ndr)». Dalla Regione guidata da Zingaretti, Internazionale Biolife ha così ricevuto 4.877.250 euro, tramite due bonifici bancari, datati 30 e 31 marzo 2020. Ma bastava fare qualche controllo sulla Internazionale Biolife per scoprire che, come sottolinea il gip, «pare quantomeno anomalo che una società di limitatissima patrimonializzazione (capitale sociale pari a soli 10.000 euro) riesca a garantire una fornitura di 12.000.000.000 di euro, riuscendo addirittura ad ottenere condizioni finanziarie assolutamente vantaggiose nella parte in cui viene riconosciuta dall'acquirente un anticipo del 20 per cento alla sola firma dell'ordine, peraltro non garantito da nessuna certificazione». Inoltre, il gip sottolinea che «al punto tre (del contratto, ndr) si statuisce in un italiano stentato, che “produzione dei documenti di conformità da parte del fornitore dopo il pagamento anticipato, il venditore fornirà le prove dei certificati CE e/o FDA e alla certificazione secondo i certificati di qualità"». Nel periodo intercorso tra gli ordinativi e la effettiva consegna della merce, ricostruiscono gli inquirenti, i rapporti tra Internazionale Biolife e la Protezione civile del Lazio sono stati coltivati dall'avvocato Rosati, «che forniva continue rassicurazioni sulla consegna e sulla conformità della merce al dottor Tulumello […]». Tant'è che lo stesso Tulumello, per quanto riguarda la fornitura dei camici, quando è scoppiata l'inchiesta ha inviato agli investigatori «l'Euro certificate», documento che risulterà falso. Con una girandola di operazioni, poi, gli indagati hanno cercato di far sparire i soldi. Una quota considerevole è finita addirittura su un conto a Tirana, intestato a una società equivalente a una Srl, la Frog llc. Ma il giudice osserva che «l'intero importo dell'acconto (4.960.000 euro ndr) è confluito, in prima battuta, su un conto corrente aperto dalla Internazionale Biolife presso una filiale del Monte dei Paschi di Siena in provincia di Taranto, per poi essere disseminati su altri conti in Italia e all'estero». Il giudice, infine, spiega che «gli indagati usufruiscono di una vasta rete di appoggio in Italia e all'estero». È grazie a quella rete che sarebbero riusciti «a riciclare immediatamente i proventi dell'attività delittuosa».