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2020-08-06
Le inchieste e i dissidi bloccano le nomine. All’ente dell’aviazione manca ancora il cda
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Nicola Zaccheo (Ansa)
Tra le diverse società statali che aspettano ancora di essere rinnovate, tra cui Consip, Consap o il Gse, c'è l'Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, un carrozzone statale di notevole importanza strategica, molto ambito dai partiti, perché ha il controllo e la vigilanza degli aeroporti italiani, li monitora e li gestisce. Enac controlla altresì l'idoneità degli operatori aerei e del personale di volo ma rilascia anche le autorizzazioni per gli aerei e le linee.
Ha potere pure sugli aeroporti più piccoli, dove impone spesso, tramite i propri consiglieri indicati, decisioni e scelte. Sarà anche per questo che molti piloti privati scappano dagli aeroporti perché dispendiosissimi, in quanto le società di gestione chiedono costi molto alti per mantenersi. All'estero è tutto molto semplice: costi contenuti e gestioni affidate a camere di commercio locali con vincolo di uso aeronautico delle aree. Da almeno 20 anni Enac è al centro di inchieste della magistratura. È una costante di ogni esecutivo dover a un certo punto imbattersi nella palude dell'aviazione civile.
A gennaio del 2019 l'ex ministro Danilo Toninelli era riuscito a scalzare Vito Riggio, plenipotenziario dell'ente dal 2003 al 2018, un record assoluto di rinnovi per questo democristiano siciliano del 1947. È arrivato così Nicola Zaccheo, laureato in fisica all'Università di Bari con un Mba all'University of California, professore stimato, molto amico del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, tanto che si dice che i due si sentano di continuo durante il giorno. Eppure da mesi manca ancora il consiglio di amministrazione. Non a caso sulla pagina ufficiale su Internet i consiglieri sono solo due, Alfredo Pallone e Luisa Riccardi, nominati nel 2016, durante il governo di Matteo Renzi. In realtà dovrebbero essere quattro, ma i ritardi del governo Conte sulle nomine non hanno ancora permesso di nominarli. Del resto nelle partecipate si assiste da mesi a un tutti contro tutti: da una parte i 5 stelle e dall'altra le anime in guerra del centrosinistra, dal Pd, a Leu, fino a Italia viva. Ai tempi del primo governo Conte, quando la Lega era in maggioranza, la spartizione era a due partiti, un po' più facile. Ora su ogni dossier ci si scontra più volte, anche perché le voci intorno al tavolo sono troppe. Basta prendere l'esempio della giornata di martedì 28 luglio, quando le capigruppo di Camera e Senato si sono incontrate per discutere le nuove presidenze e vicepresidenze.
Dopo ben tre incontri durante la giornata è stato tutto rinviato. Eppure Enac avrebbe bisogno di un consiglio di amministrazione funzionante. Perché ormai da anni l'ente che dovrebbe garantire anche la sicurezza nei nostri aeroporti è nel mirino della magistratura. Spesso sono indagini molto simili tra loro. Qualche dipendente infedele si accorda con alcuni imprenditori per gli appalti negli aeroporti. L'ultima in ordine di tempo è della scorsa settimana, firmata dalla procura di Civitavecchia. Qui Mario Mancino, classe 1951, nato a Napoli e residente a Fiumicino, avrebbe beneficiato negli anni di telepass gratuiti per lui e la figlia, gomme nuove per la Mercedes, assicurazioni, persino un nuovo climatizzatore per l'auto della moglie. Non solo. Mancino incassava anche carburante. A pagare sarebbero stati Mirco Cutini e Cristian Colucci della società Lp Industrial. I due avevano bisogno che un loro dipendente, Valerio Palmieri, avesse un lasciapassare per l'aeroporto, nonostante fosse stato condannato in passato. Non solo. Mancino si sarebbe adoperato anche per far lavorare l'azienda, in cambio dei regali. È stato arrestato insieme con altri quattro, con le accuse di corruzione, induzione indebita a dare e promettere utilità, falso. In pratica, negli anni, Mancino aveva costruito «una strutturata attività di mercimonio della propria funzione, con sviamento dei pubblici poteri a beneficio degli imprenditori dietro pagamento di regalie più o meno grandi». Lo hanno intercettato. E le aziende coinvolte erano interessate a far transitare valige di soldi ma anche materiali pericolosi per l'aeroporto. Ora bisogna attendere il processo.
Ma non è l'unica notizia delle ultime settimane ad aver interessato l'ente per l'aviazione civile. Il 14 luglio Enac è stata colpita da un attacco hacker. A quanto pare si è trattato di un ransomware, tipo di malware che rende inaccessibili i dati dei computer infettati e chiede il pagamento di un riscatto per ripristinarli. Sono una sorta di Trojan horse crittografici, hanno come unico scopo l'estorsione di denaro dopo aver reso il pc inutilizzabile e aver sottratto file. Enac ha precisato che «i dati contenuti nel sistemi informatici dell'Ente sono, in ogni caso, salvaguardati in un sistema di backup». A quanto sostengono dall'ente non sarebbero stati toccati nemmeno i dati sensibili che riguardano la Nato. Ma la questione ha creato non poche polemiche nell'ambiente, anche perché da troppo tempo diverse aziende statali finiscono sotto attacco di hacker, come l'Inps il primo aprile di quest'anno. In tutto questo manca ancora un consiglio di amministrazione, come sempre per dissidi della politica, che vuole piazzare le sue pedine. Ma più che per la lottizzazione, Enac dovrebbe essere strategico perché fondamentale per il futuro dell'aeronautica civile nel nostro Paese.
Una palude di tangenti e corruzione da 20 anni bersagliata dalle Procure
Esiste un ente statale in Italia dove non cambia mai nulla, dove i presidenti restano in carica per 20 anni e i direttori generali per 10, dove le decine di inchieste della magistratura per corruzione non riescono mai a scalfire i vertici e dove la politica mette sempre il suo zampino. Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, è un caso più unico che raro. Dovrebbe essere un fiore all'occhiello per le funzioni che ha, di controllo della sicurezza degli aeroporti italiani. È diventato invece negli anni un avamposto di potere dei partiti, con casi di corruzione continui negli ultimi 20 anni.
L'ultima inchiesta della Procura di Civitavecchia non ha nemmeno fatto notizia. Del resto, chiunque sia passato per la sede di Castro Pretorio dell'ente nato nel 1997 per volere del governo Prodi, ha dovuto gestire vicende poco chiare, ma uscendone sempre senza conseguenze. Sembra incredibile, ma dal 1998 a oggi Enac ha avuto solo tre presidenti. Il primo fu Alfredo Roma, nominato alla fine degli anni Novanta dai governi Prodi e D'Alema. Rimase fino al 2003 dopo una serie di polemiche infinite, in particolare sull'incidente di Linate, quando un aereo da turismo si schiantò contro uno di linea. Roma fu sostituito nel 2003 da Vito Riggio, democristiano di ferro, siciliano di Barrafranca, in provincia di Enna. Ma di Roma si sentirà ancora parlare: nel 2008 viene iscritto nel registro degli indagati della Procura di Bologna per corruzione aggravata nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti dei servizi a terra dell'aeroporto Marconi dati a Doro Group. A denunciare tutto furono i sindacati che scoprirono un giro di appalti e subappalti truccati nello scalo bolognese. L'ex numero uno di Enac alla fine patteggerà 1 anno e 8 mesi. Come nel caso recente del funzionario Mario Mancino, anche qui lo schema era lo stesso: Roma incassava regali e concedeva appalti d'oro (circa 10 milioni di euro) a Doro Group.
Riggio, nominato nel 2003 dal ministro Pietro Lunardi, è rimasto in sella per 15 anni. Solo alla fine del 2018 il governo gialloblù è riuscito a scalzarlo con il professor Nicola Zaccheo. Ma in questi anni in cui si sono succeduti governi di centrodestra e centrosinistra, in Enac è successo di tutto. Non va dimenticato che anche il direttore generale è sempre lo stesso da 10 anni, cioè Alessio Quaranta, figlio dell'ex presidente della Corte costituzionale Alfonso. Quaranta jr è in Enac dal 2001. In questi anni diversi consiglieri hanno dovuto dimettersi perché incompatibili con il mandato parlamentare: il primo fu Luigi Muratori di Forza Italia nel 2002, ma tanti sono stati gli arresti e gli indagati eccellenti.
A finire sui binari roventi tra Enac e Procure fu anche l'ex presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Massimo D'Alema. La vicenda scoppiò nel giugno del 2011, quando fu arrestato Franco Pronzato, all'epoca responsabile trasporti del Partito democratico. Era allo stesso tempo anche consigliere dell'Enac. Per questo fu accusato di avere, come sempre, truccato appalti in cambio di tangenti. Di mezzo il rilascio dei certificati di abilitazione al trasporto passeggeri e gli slot necessari per le rotte tra l'Isola d'Elba e gli aeroporti di Pisa e Firenze. La vicenda si è conclusa lo scorso anno, con la prescrizione delle accuse. Mentre per D'Alema, che all'epoca era presidente del Copasir, fu subito tutto archiviato: aveva ricevuto favori ma non ne era consapevole. Questa fu la motivazione del gup Elvira Tamburelli. Da lì in poi di nomi altisonanti di politici non ne sono finiti sui giornali. Ma l'andazzo è continuato.
Nel 2017 altro giro altra inchiesta. A finire alla sbarra fu Sergio Legnante, l'ex direttore Enac dello scalo di Ciampino, insieme ad altri funzionari e imprenditori. Le accuse sempre le stesse: associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, turbativa d'asta, falso e frode nelle pubbliche forniture. La segnalazione alla Procura arrivò da dentro l'ente dell'aviazione civile. Del processo non si è saputo più nulla. E ancora adesso il nome di Legnante compare tra i dirigenti dell'Enac.
La battaglia per la gestione dell'aeroporto Franco Bordoni Bisleri di Bresso
Per capire lo strapotere di Enac sui piccoli aeroporti basta prendere come esempio il caso dell'aeroporto Franco Bordoni Bisleri di Bresso, vicino a Milano. Qui da tempo si consuma una battaglia tra chi gestisce il cosiddetto campovolo. L'Aero Club Milano 1926, associazione senza scopo di lucro e storico gestore dello scalo bressese (260 soci, 22 aeroplani), non ha alcun interesse ad aprire ai voli commerciali, anche perché ritiene che non sarebbero ben accolti dalla popolazione locale (più rumore e più traffico), come peraltro specificato dall'accordo tra l'Associazione Parco Nord Milano, i Comuni che si affacciano sull'aeroporto e lo stesso Enac, sottoscritto nel 2007, dove si specificava l'uso aeroscolastico e turistico dello scalo.
L'Aeroclub è un fiore all'occhiello, tanto che nel 2019 è stato organizzatore dell'airshow di Linate al quale hanno assistito 250.000 persone. Ma Enac, applicando in modo quantomeno bizzarro i suoi regolamenti, sta di fatto manifestando l'intenzione di sfrattare l'Aero Club Milano favorendo la società Sky Service di Clemente Di Rosa. Non è chiaro il motivo per cui Enac si sia accanita contro Aero Club Milano, se non che in quanto associazione il club fruisce dello sconto sui canoni demaniali. L'azienda di Di Rosa in passato è stata esclusa dall'aeroporto di Capua dopo il ricorso che ne contestava l'offerta perché «il giudizio positivo espresso dall'Enac», secondo Tecnam, «era stato condizionato dai contenuti della strategia di promozione dell'Aeroporto presentata da Sky Services e le valutazioni finali fossero state condizionate da ulteriori prospettazioni offerte da quest'ultima in sede di gara».
La multa per l'ente che gestisce l'aviazione civile fu 5.000 euro. Senza la cappa dell'Enac l'Aeroclub Milano potrebbe muoversi con tranquillità, continuare a attribuire le borse di studio per il conseguimento delle licenze di pilota, fare cultura aeronautica e attività acrobatica agonistica (nell'apposito spazio aereo di Gaggiano) come da suo statuto, fornendo al contempo i suoi servizi alla cittadinanza. Proprio l'estate scorsa il Comune di Bresso utilizzò gli aeromobili del club per trovare le pozze d'acqua causa di episodi di legionella, mentre durante il lockdown l'Aero Club Milano ha mantenuto sempre aperto lo scalo su richiesta di Enac per consentire trasporti sanitari e d'emergenza. Si pensi che l'aeroporto con le sue servitù copre quasi il 60% dell'intera superficie del parco.
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Riduci
Lite giallorossa sul Consiglio. E i pm svelano l'ultimo scandalo: dipendente infedele faceva passare da Fiumicino merci a rischio.Le accuse di malaffare sono un'abitudine. Nel 2011 fu sfiorato anche Massimo D'Alema.Il caso dell'aeroporto Franco Bordoni Bisleri di Bresso, dove da tempo si consuma una battaglia tra Enac e Aero Club Milano per la gestione dello scalo.Lo speciale contiene tre articoli.Tra le diverse società statali che aspettano ancora di essere rinnovate, tra cui Consip, Consap o il Gse, c'è l'Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, un carrozzone statale di notevole importanza strategica, molto ambito dai partiti, perché ha il controllo e la vigilanza degli aeroporti italiani, li monitora e li gestisce. Enac controlla altresì l'idoneità degli operatori aerei e del personale di volo ma rilascia anche le autorizzazioni per gli aerei e le linee. Ha potere pure sugli aeroporti più piccoli, dove impone spesso, tramite i propri consiglieri indicati, decisioni e scelte. Sarà anche per questo che molti piloti privati scappano dagli aeroporti perché dispendiosissimi, in quanto le società di gestione chiedono costi molto alti per mantenersi. All'estero è tutto molto semplice: costi contenuti e gestioni affidate a camere di commercio locali con vincolo di uso aeronautico delle aree. Da almeno 20 anni Enac è al centro di inchieste della magistratura. È una costante di ogni esecutivo dover a un certo punto imbattersi nella palude dell'aviazione civile. A gennaio del 2019 l'ex ministro Danilo Toninelli era riuscito a scalzare Vito Riggio, plenipotenziario dell'ente dal 2003 al 2018, un record assoluto di rinnovi per questo democristiano siciliano del 1947. È arrivato così Nicola Zaccheo, laureato in fisica all'Università di Bari con un Mba all'University of California, professore stimato, molto amico del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, tanto che si dice che i due si sentano di continuo durante il giorno. Eppure da mesi manca ancora il consiglio di amministrazione. Non a caso sulla pagina ufficiale su Internet i consiglieri sono solo due, Alfredo Pallone e Luisa Riccardi, nominati nel 2016, durante il governo di Matteo Renzi. In realtà dovrebbero essere quattro, ma i ritardi del governo Conte sulle nomine non hanno ancora permesso di nominarli. Del resto nelle partecipate si assiste da mesi a un tutti contro tutti: da una parte i 5 stelle e dall'altra le anime in guerra del centrosinistra, dal Pd, a Leu, fino a Italia viva. Ai tempi del primo governo Conte, quando la Lega era in maggioranza, la spartizione era a due partiti, un po' più facile. Ora su ogni dossier ci si scontra più volte, anche perché le voci intorno al tavolo sono troppe. Basta prendere l'esempio della giornata di martedì 28 luglio, quando le capigruppo di Camera e Senato si sono incontrate per discutere le nuove presidenze e vicepresidenze. Dopo ben tre incontri durante la giornata è stato tutto rinviato. Eppure Enac avrebbe bisogno di un consiglio di amministrazione funzionante. Perché ormai da anni l'ente che dovrebbe garantire anche la sicurezza nei nostri aeroporti è nel mirino della magistratura. Spesso sono indagini molto simili tra loro. Qualche dipendente infedele si accorda con alcuni imprenditori per gli appalti negli aeroporti. L'ultima in ordine di tempo è della scorsa settimana, firmata dalla procura di Civitavecchia. Qui Mario Mancino, classe 1951, nato a Napoli e residente a Fiumicino, avrebbe beneficiato negli anni di telepass gratuiti per lui e la figlia, gomme nuove per la Mercedes, assicurazioni, persino un nuovo climatizzatore per l'auto della moglie. Non solo. Mancino incassava anche carburante. A pagare sarebbero stati Mirco Cutini e Cristian Colucci della società Lp Industrial. I due avevano bisogno che un loro dipendente, Valerio Palmieri, avesse un lasciapassare per l'aeroporto, nonostante fosse stato condannato in passato. Non solo. Mancino si sarebbe adoperato anche per far lavorare l'azienda, in cambio dei regali. È stato arrestato insieme con altri quattro, con le accuse di corruzione, induzione indebita a dare e promettere utilità, falso. In pratica, negli anni, Mancino aveva costruito «una strutturata attività di mercimonio della propria funzione, con sviamento dei pubblici poteri a beneficio degli imprenditori dietro pagamento di regalie più o meno grandi». Lo hanno intercettato. E le aziende coinvolte erano interessate a far transitare valige di soldi ma anche materiali pericolosi per l'aeroporto. Ora bisogna attendere il processo. Ma non è l'unica notizia delle ultime settimane ad aver interessato l'ente per l'aviazione civile. Il 14 luglio Enac è stata colpita da un attacco hacker. A quanto pare si è trattato di un ransomware, tipo di malware che rende inaccessibili i dati dei computer infettati e chiede il pagamento di un riscatto per ripristinarli. Sono una sorta di Trojan horse crittografici, hanno come unico scopo l'estorsione di denaro dopo aver reso il pc inutilizzabile e aver sottratto file. Enac ha precisato che «i dati contenuti nel sistemi informatici dell'Ente sono, in ogni caso, salvaguardati in un sistema di backup». A quanto sostengono dall'ente non sarebbero stati toccati nemmeno i dati sensibili che riguardano la Nato. Ma la questione ha creato non poche polemiche nell'ambiente, anche perché da troppo tempo diverse aziende statali finiscono sotto attacco di hacker, come l'Inps il primo aprile di quest'anno. In tutto questo manca ancora un consiglio di amministrazione, come sempre per dissidi della politica, che vuole piazzare le sue pedine. 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Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, è un caso più unico che raro. Dovrebbe essere un fiore all'occhiello per le funzioni che ha, di controllo della sicurezza degli aeroporti italiani. È diventato invece negli anni un avamposto di potere dei partiti, con casi di corruzione continui negli ultimi 20 anni. L'ultima inchiesta della Procura di Civitavecchia non ha nemmeno fatto notizia. Del resto, chiunque sia passato per la sede di Castro Pretorio dell'ente nato nel 1997 per volere del governo Prodi, ha dovuto gestire vicende poco chiare, ma uscendone sempre senza conseguenze. Sembra incredibile, ma dal 1998 a oggi Enac ha avuto solo tre presidenti. Il primo fu Alfredo Roma, nominato alla fine degli anni Novanta dai governi Prodi e D'Alema. Rimase fino al 2003 dopo una serie di polemiche infinite, in particolare sull'incidente di Linate, quando un aereo da turismo si schiantò contro uno di linea. Roma fu sostituito nel 2003 da Vito Riggio, democristiano di ferro, siciliano di Barrafranca, in provincia di Enna. Ma di Roma si sentirà ancora parlare: nel 2008 viene iscritto nel registro degli indagati della Procura di Bologna per corruzione aggravata nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti dei servizi a terra dell'aeroporto Marconi dati a Doro Group. A denunciare tutto furono i sindacati che scoprirono un giro di appalti e subappalti truccati nello scalo bolognese. L'ex numero uno di Enac alla fine patteggerà 1 anno e 8 mesi. Come nel caso recente del funzionario Mario Mancino, anche qui lo schema era lo stesso: Roma incassava regali e concedeva appalti d'oro (circa 10 milioni di euro) a Doro Group. Riggio, nominato nel 2003 dal ministro Pietro Lunardi, è rimasto in sella per 15 anni. Solo alla fine del 2018 il governo gialloblù è riuscito a scalzarlo con il professor Nicola Zaccheo. Ma in questi anni in cui si sono succeduti governi di centrodestra e centrosinistra, in Enac è successo di tutto. Non va dimenticato che anche il direttore generale è sempre lo stesso da 10 anni, cioè Alessio Quaranta, figlio dell'ex presidente della Corte costituzionale Alfonso. Quaranta jr è in Enac dal 2001. In questi anni diversi consiglieri hanno dovuto dimettersi perché incompatibili con il mandato parlamentare: il primo fu Luigi Muratori di Forza Italia nel 2002, ma tanti sono stati gli arresti e gli indagati eccellenti. A finire sui binari roventi tra Enac e Procure fu anche l'ex presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Massimo D'Alema. La vicenda scoppiò nel giugno del 2011, quando fu arrestato Franco Pronzato, all'epoca responsabile trasporti del Partito democratico. Era allo stesso tempo anche consigliere dell'Enac. Per questo fu accusato di avere, come sempre, truccato appalti in cambio di tangenti. Di mezzo il rilascio dei certificati di abilitazione al trasporto passeggeri e gli slot necessari per le rotte tra l'Isola d'Elba e gli aeroporti di Pisa e Firenze. La vicenda si è conclusa lo scorso anno, con la prescrizione delle accuse. Mentre per D'Alema, che all'epoca era presidente del Copasir, fu subito tutto archiviato: aveva ricevuto favori ma non ne era consapevole. Questa fu la motivazione del gup Elvira Tamburelli. Da lì in poi di nomi altisonanti di politici non ne sono finiti sui giornali. Ma l'andazzo è continuato. Nel 2017 altro giro altra inchiesta. A finire alla sbarra fu Sergio Legnante, l'ex direttore Enac dello scalo di Ciampino, insieme ad altri funzionari e imprenditori. Le accuse sempre le stesse: associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, turbativa d'asta, falso e frode nelle pubbliche forniture. La segnalazione alla Procura arrivò da dentro l'ente dell'aviazione civile. Del processo non si è saputo più nulla. 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L'Aero Club Milano 1926, associazione senza scopo di lucro e storico gestore dello scalo bressese (260 soci, 22 aeroplani), non ha alcun interesse ad aprire ai voli commerciali, anche perché ritiene che non sarebbero ben accolti dalla popolazione locale (più rumore e più traffico), come peraltro specificato dall'accordo tra l'Associazione Parco Nord Milano, i Comuni che si affacciano sull'aeroporto e lo stesso Enac, sottoscritto nel 2007, dove si specificava l'uso aeroscolastico e turistico dello scalo.L'Aeroclub è un fiore all'occhiello, tanto che nel 2019 è stato organizzatore dell'airshow di Linate al quale hanno assistito 250.000 persone. Ma Enac, applicando in modo quantomeno bizzarro i suoi regolamenti, sta di fatto manifestando l'intenzione di sfrattare l'Aero Club Milano favorendo la società Sky Service di Clemente Di Rosa. Non è chiaro il motivo per cui Enac si sia accanita contro Aero Club Milano, se non che in quanto associazione il club fruisce dello sconto sui canoni demaniali. L'azienda di Di Rosa in passato è stata esclusa dall'aeroporto di Capua dopo il ricorso che ne contestava l'offerta perché «il giudizio positivo espresso dall'Enac», secondo Tecnam, «era stato condizionato dai contenuti della strategia di promozione dell'Aeroporto presentata da Sky Services e le valutazioni finali fossero state condizionate da ulteriori prospettazioni offerte da quest'ultima in sede di gara».La multa per l'ente che gestisce l'aviazione civile fu 5.000 euro. Senza la cappa dell'Enac l'Aeroclub Milano potrebbe muoversi con tranquillità, continuare a attribuire le borse di studio per il conseguimento delle licenze di pilota, fare cultura aeronautica e attività acrobatica agonistica (nell'apposito spazio aereo di Gaggiano) come da suo statuto, fornendo al contempo i suoi servizi alla cittadinanza. Proprio l'estate scorsa il Comune di Bresso utilizzò gli aeromobili del club per trovare le pozze d'acqua causa di episodi di legionella, mentre durante il lockdown l'Aero Club Milano ha mantenuto sempre aperto lo scalo su richiesta di Enac per consentire trasporti sanitari e d'emergenza. Si pensi che l'aeroporto con le sue servitù copre quasi il 60% dell'intera superficie del parco.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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