
La vigilanza: «Il solo consuntivo 2017 chiude a +1,6 miliardi. Troppi. Li usi per le prestazioni». O per tagliare i contributi.Benito Mussolini agli inizi degli anni Trenta comincia a ragionare sulla necessità di accentrare il welfare a Roma. Prima a garantire la salute e la sopravvivenza degli infortunati c'erano la varie casse private e quelle di mutuo soccorso. Nel marzo del 1933 nasce l'Inail, Istituto nazionale per l'assicurazione degli infortuni sul lavoro. Praticamente l'accorpamento della Cassa nazionale infortuni con tutte le private. Le due svolte dell'istituto si registrano nel 1965, quando allarga le competenze agli artigiani e alle piccole imprese, e nel 2000 quando si completa l'assistenza. Si va dalla salvaguardia psicofisica fino alla tutela durante il percorso casa-lavoro. In quella data vengono fissate le tariffe per tutte le aziende italiane. E in 18 anni non sono più state modifiche. Il mondo nel frattempo è cambiato. Il mercato del lavoro ha subito dopo il 2008 enormi stravolgimenti. L'Inail ha fatto ulteriori passi in avanti, creando il polo della salute e della sicurezza, ma il legislatore non si è preoccupato della situazione economica dell'ente che, di anno in anno, è andata migliorando a tal punto che ieri addirittura Giovanni Luciano, il presidente del consiglio di indirizzo e vigilanza dell'istituto, ha lanciato l'allarme al contrario. Ci sono troppi soldi. L'Inail ha chiuso il bilancio consuntivo del 2017 con un avanzo di 1,63 miliardi di euro ed è «troppo». «Sarebbe meglio», ha spiegato Luciano, «avere minore positività economica ma migliori prestazioni e migliori rendite per gli infortunati».Il presidente ovviamente ha tenuto a precisare che la sua vuole essere una «critica costruttiva», non certo un attacco «a un ente in cui si riesce a tenere un invidiabile avanzo finanziario». Ma il problema è presto detto: se quell'avanzo si genera è perché l'Inail incassa una decina di miliardi - i contributi versati dalle imprese - mentre le sue uscite si fermano a poco più di 8 miliardi. Ora, è il ragionamento di Luciano, per quale ragione i datori di lavoro devono versare più di quel che è necessario per il funzionamento dell'Inail e per l'erogazione delle sue prestazioni? Quel che chiede Luciano «è di riequilibrare la situazione», appunto in maniera costruttiva. La prima mossa sarebbe il taglio delle tasse, cioè dei contributi versati dalle aziende. Basta un decreto da convertire in legge con l'intento di rivedere le tariffe del 2000 e scontarle. Al tempo stesso con una parte dell'avanzo si potrebbero allargare i benefici per coloro che subiscono un infortunio sul lavoro. Ciò che la discussione di ieri ha omesso è l'avanzo complessivo che si registra sul bilancio pluriennale. Perché il dato di 1,63 miliardi vale sul bilancio consuntivo del 2017, ma a quella data l'Inail si trascina un avanzo amministrativo addirittura di 34,2 miliardi di euro.«L'importo deriva dalla somma algebrica di 32,8 miliardi, quale risultato di amministrazione in essere al 31 dicembre del 2016, e di 856 milioni quale risultato differenziale tra il totale delle entrate e il totale delle spese previste per il 2017 e la variazione dei residui già verificatasi nel corso dell'anno», si legge a pagina 85 del bilancio previsionale per l'anno in corso. L'ente precisa che non è un valore di pura competenza perché vista la natura della materia potrebbero proporsi necessità di rimborso anche a distanza di anni. La cifra va quindi presa con le pinze. «Non è un dato certo, in quanto alla determinazione dell'avanzo concorrono dati presunti (somme che si prevede di accertare e di impegnare nel periodo che va dalla data di formazione del bilancio di previsione alla data di chiusura dell'esercizio cui l'avanzo si riferisce)», si legge nel documento. «Non è un dato definitivo, considerando che possono verificarsi, successivamente, variazioni nei residui accertati». Fatte le dovute differenze la cifra senza vincoli di bilancio scende a 28,7 miliardi di euro. Che è comunque un immenso valore che non può più rimanere a disposizione della Tesoreria dello Stato. Senza una legge aggiornata non è dato sapere quanti di questi soldi possono essere utilizzati per tagliare i contributi alle aziende, per migliorare la vita dei lavoratori o forse addirittura per la formazione professionale. Anche se «solo» il 30% delle riserve dell'Inail vengono messe a disposizione significa reimmettere sul mercato qualcosa come 8,5 miliardi di euro. Nell'ultimo decennio l'Istituto ha venduto immobili e si è decisamente ammodernato. Adesso spetta al governo eliminare un paradosso. Non si può continuare a chiedere alle aziende di pagare più del dovuto quando sono già spremute dall'Erario. Continuare a farlo è sciocco, dannoso, improduttivo e non aiuta le vittime sul lavoro.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






