2019-10-24
Le dritte al migrante di legali e attivisti: «Per restare in Italia iscriviti all’Arcigay»
Un'inchiesta del Corriere della Sera svela il meccanismo per aggirare le leggi. Un volontario: «Il 99% di loro mente».Un sistema collaudato per aggirare le leggi italiane, con la complicità di avvocati e attivisti: l'inchiesta di Francesca Ronchin per il Corriere della Sera svela un meccanismo ben noto del business dell'accoglienza, di cui La Verità si è occupata diverse volte. Parliamo delle finte dichiarazioni di omosessualità con cui molti migranti che non dovrebbero stare qui cercano di ottenere lo status di rifugiato. L'escamotage, come detto, non è certo inedito, quello che stavolta spicca è il ruolo dell'Arcigay (che non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali all'intervistatrice). «Il mio avvocato mi ha detto che se voglio il permesso di soggiorno, devo prendere la tessera dell'Arcigay», dice un migrante intervistato. È addirittura un coordinatore dell'associazione ad ammettere candidamente: «Nel 99,9 % dei casi, i migranti che vengono da noi non sono gay, sono qui solo perché hanno bisogno dei documenti. Per ottenerli però devono risultare convincenti di fronte ai giudici e per chi è eterosessuale e proviene da Paesi dove i gay non sono accettati, non è certo facile. Noi proviamo ad aiutarli a combattere la loro omofobia e a sentirsi a loro agio nei “panni gay"». Quindi fingersi omosessuali quando in realtà non lo si è (e magari si hanno moglie e figli nei Paesi di provenienza, come raccontano altri stranieri intervistati) non significa mentire al fine di aggirare la legge, ma «combattere la propria omofobia».Ma il meccanismo legislativo ha vulnus che fanno troppo gola a chi vuole spalancare le porte a tutti i costi: in base ai protocolli della Convenzione sui rifugiati e al decreto legislativo n.251, 2017, lo status di rifugiato spetta anche a chi si trovi in pericolo di vita a causa del proprio orientamento sessuale. E dato che una sentenza della Corte di giustizia europea ha vietato i test psicologici per accertare l'orientamento sessuale, l'unico modo per capire chi è gay e chi no è… chiederlo direttamente ai migranti. I quali sono a lungo istruiti da legali e attivisti al fine di creare delle finte storie personali omosex. Un fenomeno talmente dilagante che, quando capita un gay vero, si ritrova a essere un pesce fuor d'acqua. Viene riportata, in tal senso, la storia di un iracheno, perseguitato in famiglia per il fatto di avere un ragazzo e finito, su indicazione degli operatori del suo centro d'accoglienza, a frequentare l'Arcigay. «Ho incontrato ragazzi che pensavano fossi malato, che andavano agli incontri solo per capire come ottenere i documenti», ha raccontato. Aggiungendo che «quando io parlo, loro ridono» e che anche guardando per un secondo di troppo qualcuno degli altri presunti gay rischia una reazione brusca. Alla fine, il ragazzo smette dei frequentare i corsi di aiuto, che in realtà sono solo seminari su come mentire alle autorità. La finta lotta all'omofobia che oscura quella vera: proprio un bel risultato. Un avvocato intervistato racconta di aver seguito oltre 500 casi e di non aver mai incontrato qualcuno che fosse un vero rifugiato. «Quelli che arrivano nella maggior parte dei casi sono migranti economici. Spesso le loro storie sono tutte uguali, lo stesso copione, per questo io dico subito di non raccontarmi bugie perché altrimenti non li posso aiutare. A quel punto lavoriamo sui dettagli, si cerca di mettere in luce quegli aspetti che possono suggerire uno stato di reale pericolo e in alcuni casi, quando il migrante proviene da un Paese dove l'omosessualità è illegale, si può provare a percorrere questa strada come ho fatto recentemente con un ragazzo del Gambia. L'ho mandato alle riunioni dell'Arcigay ed è andata bene». Il che, per lo Stato, è una doppia fregatura: la prima, perché dà delle tutele a chi non ne ha diritto, la seconda, perché gli avvocati che alimentano questo meccanismo non riscuotono certa le parcelle da stranieri nullatenenti. E con il gratuito patrocinio, a circa 1.000 euro a parcella, moltiplicati per centinaia di casi seguiti da studi legali che si dedicano solo a questo, il calcolo di chi vince e chi perde con questo giochino è facile da fare. Secondo il portale Open migration, «sono circa 10.000 i richiedenti asilo che ogni anno scappano da persecuzioni basate su orientamento sessuale e identità di genere presentando domanda di protezione internazionale in Europa». Quanti siano quelli che diventano rifugiati in Italia per ragioni legate alla discriminazione di genere, non si sa. Di sicuro c'è che i nostri giudici sono quelli di maggiore manica larga: «Sono diversi», si legge su Open migration, «gli Stati Ue in cui non è sufficiente essere fuggiti da Paesi che prevedono la criminalizzazione dell'omosessualità. In alcuni casi, infatti, i richiedenti si sono visti domandare prove di un'applicazione delle leggi (è successo in Austria, Irlanda, Regno Unito) e dell'esistenza di un processo a carico dei richiedenti (è successo in Bulgaria, Spagna, Norvegia). Una prassi, questa, non seguita dall'Italia. Il nostro Paese ha infatti adottato la buona pratica secondo cui l'esistenza di leggi che condannano l'omosessualità è considerata di per sé persecutoria». E di questa liberalità c'è poi chi si approfitta.
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