2022-06-11
Le colonnine per l’auto elettrica ci costeranno almeno 5,2 miliardi
Per poter alimentare 6 milioni di veicoli ecologici entro il 2030 mancano all’appello ben 151.000 punti di ricarica pubblici.È allarme ricarica: la rivoluzione dell’auto elettrica pone molti dubbi e pochissime risposte. Secondo le stime del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, nel 2030 in Italia avremo più di 6 milioni di auto elettriche, pari al 13% dell’intero parco. Nel 2021, però, si contavano appena 265.000 Ev circolanti sulle strade italiane, su un totale di 39 milioni di vetture, con appena 137.000 di elettriche nuove vendute. Per raggiungere l’obiettivo di 6 milioni di veicoli nel 2030 bisognerà vendere circa 800.000 auto elettriche all’anno per i prossimi otto anni. E questa stima era precedente alla decisione Ue di mettere al bando i motori termici: ora i numeri sono destinati ad aumentare.Oggi il 70% dei possessori di auto elettrica ha la ricarica privata mentre chi resta fuori si divide tra chi utilizza colonnine sul luogo di lavoro e chi usufruisce di quelle pubbliche. Nei prossimi anni questa combinazione cambierà: con l’obbligo di abbandono delle auto diesel e benzina, la maggior parte degli utenti si rivolgerà agli impianti pubblici. Attualmente sono quasi 28.000 le colonnine pubbliche installate sul territorio italiano e intanto il governo si sta muovendo per installarne di nuove utilizzando il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un’operazione finanziata con 741,3 milioni di euro della quota a fondo perduto che prevede «7.500 stazioni di ricarica super veloci per veicoli elettrici su strade extraurbane (autostrade escluse) e almeno 13.755 stazioni di ricarica veloci nei centri urbani». Con quest’operazione si installeranno 21.255 punti di ricarica in più che, sommati a quelli già esistenti, ci porterà ad avere 49.000 impianti. Solo che purtroppo non basterà. Secondo uno studio della società di consulenza aziendale e tecnologica Bip che prende la Norvegia come punto di riferimento, servirà un’infrastruttura di ricarica per una media di 30-32 vetture. Ogni stazione dovrà avere con l’altra una distanza media di circa 4 chilometri. Questo significa che al nostro Paese, con un totale di 6 milioni di vetture, servirebbero 200.000 punti di ricarica pubblica diffusi su tutto il territorio. Ne mancano all’appello circa 151.000. Basta fare un semplice calcolo per avere un’idea dei costi da sostenere: se prendiamo come metro l’investimento del Mite per 21.255 punti di ricarica, significa una spesa di almeno 5 miliardi e 250 milioni di euro. A ogni modo si stima che l’impatto sul consumo di energia delle auto elettriche sarà pari al 3% del totale. Il problema principale sta nell’accumulo, ovvero nei picchi di energia che si raggiungeranno quando un grande quantitativo di auto andrà in ricarica contemporaneamente. Una soluzione a questo potrebbe risiedere nel sistema vehicle to grid. Con questa tecnologia la batteria può fornire servizi «a salire» oppure «a scendere» grazie alla programmabilità dei carichi: nel primo caso, la batteria assorbirà meno energia rispetto a quella massima gestibile dal punto di ricarica, nel secondo, invece, l’accumulatore assorbirà più energia, ovviamente sempre nell’ambito della potenza massima che la colonnina può erogare. Il gestore della rete, in questo modo, potrà evitare i picchi regolando la frequenza e bilanciando la produzione e il consumo. Questo però potrà avvenire solo quando le auto saranno attaccate alle colonnine per parecchie ore. Quindi questa soluzione non risolverà il problema dei picchi nel caso si stia viaggiando, magari di fretta. Così com'è, la rete italiana rischia di non reggere alla potenza richiesta dalla ricarica di milioni di auto elettriche. Il Politecnico di Milano ipotizza una potenza media di ricarica di 100 kilowattora per le colonnine fast in corrente continua. Se già oggi 185.000 veicoli elettrici caricassero contemporaneamente a 100 kilowattora, la potenza impegnata sarebbe di 18,5 gigawattora, più del 33% dei 55 gigawattora che sono la potenza media impegnata italiana. Stesso discorso su scala locale: 50 auto in ricarica contemporanea richiederebbero 5 megawattora, e con questa potenza si potrebbe mettere in crisi un intero quartiere. Oggi Terna, nel suo piano di sviluppo decennale, ha stanziato 18 miliardi da investire su tutta la rete elettrica, parte dei quali serviranno anche a gestire la mobilità. In caso di interruzione dell’energia poi, la rete sarà in grado di differire i servizi? Ci si chiede infatti se si potrà sospendere la fornitura alle colonnine per salvaguardare l’utenza domestica. Condizionatori, frigoriferi, pompe di calore, potranno funzionare staccando le colonnine? La direzione che stiamo prendendo pone mille dubbi e in pochi, pochissimi, sono in grado di dare risposte. Intanto, quello che è certo è che i cittadini dovranno spendere molto per la transizione alla mobilità elettrica e soprattutto non è chiaro come verranno finanziati tutti gli investimenti che serviranno per rivoluzionare la rete.