L’epidemia in Congo colpisce i bimbi? Bavarian Nordic, esplosa in Borsa, ha già chiesto a Ema l’ok per dare il suo farmaco ai minori. È pronta a fabbricarne 10 milioni di dosi: proprio quelle indicate dall’Ue. L’Oms intanto spiega: dubbi sulle cure, meglio immunizzarsi.
L’epidemia in Congo colpisce i bimbi? Bavarian Nordic, esplosa in Borsa, ha già chiesto a Ema l’ok per dare il suo farmaco ai minori. È pronta a fabbricarne 10 milioni di dosi: proprio quelle indicate dall’Ue. L’Oms intanto spiega: dubbi sulle cure, meglio immunizzarsi.A pensar male si fa peccato? Toccherà approfittare del Giubileo 2025 per confessarsi. Intanto, è inevitabile coltivare qualche sospetto nei confronti dell’allarme globale da vaiolo delle scimmie. Non diciamo che sia una pantomima per piazzare sul mercato l’ennesimo vaccino: in Congo ci sono stati oltre 14.000 contagi, con più di 500 morti, compresi bambini. Ma di sicuro, la drammatizzazione mondiale di una malattia, il cui epicentro è concentrato in Africa, ha favorito gli interessi commerciali della danese Bavarian Nordic, principale azienda produttrice di vaccini. L’altro medicinale, Acam2000, di Sanofi, sarebbe efficace anche contro il morbo dei primati, ma è stato pensato per il «vecchio» vaiolo. Così, benché ieri sia arrivata una frenata in Borsa, il titolo della società scandinava ha guadagnato circa il 40% nel giro di cinque giorni. Spinto pure da una serie di coincidenze.Si è detto, ad esempio, che la nuova ondata di mpox in Africa sta colpendo i pazienti più giovani: secondo le stime, il 70% delle infezioni registrate in Congo riguarda minori di 15 anni. Ebbene: Bavarian Nordic, a 48 ore dal vertice con cui l’Oms ha dichiarato l’emergenza sanitaria di interesse internazionale, ha chiesto all’Ema la possibilità di estendere l’utilizzo del farmaco agli adolescenti tra 12 e 17 anni. Lo ha fatto in base a un’indagine condotta negli Stati Uniti su un campione non esattamente vastissimo: 315 ragazzi e 211 adulti. Le verifiche hanno provato che la risposta immunitaria e gli effetti collaterali erano simili in entrambi i gruppi.Il caso ha però voluto che i progetti della biotech si incrociassero anche con un’altra domanda proveniente dalle istituzioni. Appena prima che Tedros Adhanom Ghebreyesus, il capo dell’agenzia Onu per la sanità, mettesse il pianeta in stato d’allerta, l’Alto rappresentante Ue uscente, Josep Borrell, aveva già confezionato il proprio verdetto: «L’epidemia di mpox», aveva scritto su X, «è un’emergenza sanitaria in Africa: servono 10 milioni di vaccini per controllarla». Ossia, 8 milioni di dosi in più di quelle richieste dai Cdc del continente nero. Detto fatto: sabato scorso, Bavarian Nordic ha diffuso un comunicato, assicurando di essere pronta a sfornare, entro la fine del 2025, esattamente 10 milioni di dosi. In aggiunta a quelle che sono state già ordinate. Già quest’anno, d’altronde, la compagnia potrà allinearsi ai desiderata delle autorità africane, consegnando 2 milioni di shot.Due indizi non fanno una prova. Ma consultando le linee guida Oms su mpox, spunta un terzo elemento. L’agenzia Onu risponde così al quesito sull’esistenza di cure per mpox: «Molti anni di ricerca sulle terapie per il vaiolo hanno condotto allo sviluppo di prodotti che possono essere utili anche contro mpox. […] L’esperienza con queste terapie nel contesto di un focolaio di mpox sta crescendo, ma è ancora limitata». Occorre raccogliere una bella mole di dati sul campo, per comprendere come «usarle al meglio in futuro». Il vaccino, invece? I toni cambiano: I «molti anni di ricerca», in tal caso, «hanno condotto allo sviluppo di vaccini più nuovi e più efficaci per una malattia eradicata chiamata vaiolo. Alcuni di questi vaccini sono stati approvati in vari Paesi per l’uso contro mpox». Nessun dubbio, nessuna necessità di approfondimenti, nonostante si sia diffuso un ceppo nuovo, più letale, del virus. Il messaggio è: meglio immunizzarsi, piuttosto che confidare in una cura. Il copione dell’era Covid.Rimane il fatto che difficilmente, in Occidente, si riuscirà a convincere la popolazione che la minaccia del vaiolo delle scimmie sia paragonabile al panico che si scatenò con la comparsa del Sars-Cov-2. La media mondiale dei contagi parla da sé: fino a tutto il mese di luglio, i picchi dell’estate 2022 erano un lontano ricordo. Qua è là sono stati individuati singoli portatori della nuova variante: in Svezia, forse in Pakistan e nelle Filippine, ieri in Spagna. L’ultima circolare del ministero italiano, all’8 agosto, non rileva casi della nuova Clade I; dal primo gennaio, sono stati censiti 65 casi di mpox, ma tutti sono riferiti a infezioni contratte nel 2023, o al massimo nei primi mesi del 2024. Non sono proprio cifre preoccupanti. E infatti, ieri, il Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Ue ha ribadito che, per la popolazione europea, il rischio è basso: si punterà su sorveglianza e informazione, ma non sulla vaccinazione di massa. Sono giunte, infine, le raccomandazioni dell’Oms: coordinamento, sorveglianza e diagnostica di laboratorio, assistenza clinica adeguata, comunicazione del rischio e, naturalmente, vaccinazioni. Le recenti modifiche al Regolamento sanitario internazionale le rendono di fatto obbligatorie: sono definite «non vincolanti», ma serviranno organismi nazionali che vigilino sull’applicazione delle disposizioni assunte ai sensi dello stesso Rsi. Nell’interesse della gente, oppure di Big pharma?
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
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