
La ministra dell'Interno prende tempo sul parlamentare di Leu in ospedale dopo uno scontro con la polizia. La Gruber deride Matteo Salvini con battute che a parti invertite farebbero urlare le vestali del politicamente corretto.Un effetto collaterale. Quello che due mesi fa sarebbe stato definito un «cupo ritorno al fascismo», una evidente «sospensione democratica» e un conseguenziale esito della «stagione dell'odio», oggi è solo un fastidioso effetto collaterale. Come le zanzare d'estate, il ritiro della patente all'ubriaco e il cambio di canale alla vista di Fabio Fazio. L'immagine di Stefano Fassina sanguinante sul selciato dopo una carica della polizia (mentre partecipava a una manifestazione di lavoratori di Roma Metropolitana a rischio licenziamento) pone alcuni interrogativi che arrivano dopo una constatazione amara: l'immagine dell'Italia in Europa, alla quale il Pd era legatissimo durante la stagione salviniana, continua a precipitare. E questo nonostante i cosiddetti buoni e competenti (per autoincoronazione) abbiano preso il volante del Paese. Se prima erano gli eccessi naïf a suscitare la riprovazione dei pensosi statisti del declino che vanno da Ursula von der Leyen e arrivano a Enrico Letta passando per Romano Prodi, oggi dovremmo preoccuparci di qualcosa di più cupo e sostanziale, che certamente al tempo degli Unni avrebbe riempito le prime pagine e scatenato i social: un parlamentare della Repubblica ricoverato all'ospedale San Giovanni dopo uno scontro con la polizia. Qui non si parla di gaffe, si parla di paura. «Gli agenti non avevano né manganelli, né caschi», si affrettano a giustificare l'accaduto dal Viminale. Codice rosso per la dinamica, trauma da schiacciamento; il deputato di Leu e consigliere comunale di Roma ha spiegato ai soccorritori di essere caduto per effetto della carica degli agenti e di essere stato calpestato da alcune persone mentre era a terra. Brutta scena e brutta storia, sulla quale le vestali della democrazia (Roberto Saviano, Sandro Veronesi, Gianrico Carofiglio) tacciono forse perché i metodi sono gli stessi usati da Emmanuel Macron con i gilet gialli. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, invece ha preso tempo. Dicono dal Viminale: «Il ministro ha chiesto al capo della Polizia, Franco Gabrielli, di verificare se l'intervento della forza pubblica sia stato svolto in maniera corretta e senza violazioni di legge». Un po' poco, il classico palleggio delle responsabilità in attesa che arrivi domani. È giusto che il ministro approfondisca prima di spiegare l'accaduto, ma è altrettanto doveroso che eviti di nascondersi dietro il silenzio, caratteristica fin qui dominante del suo mandato. Non è scritto da nessuna parte che i ministri tecnici sono esentati dall'andare in Parlamento a spiegare, gesto che sarebbe stato richiesto a Matteo Salvini a gran voce e con toni da ultimi giorni di Salvador Allende. Fragilità del doppiopesismo.«Era necessario forzare il blocco? Chi lo ha fatto?». Domande legittime, si attendono risposte, vietato dire: abbiamo preso spunto da Carola Rackete. I quesiti arrivano dal Pd romano, non certo imputabile di antipatia nei confronti del governo, che in un comunicato parla di «vittime di un'assurda violenza nel corso di una carica di polizia contro il presidio organizzato dai dipendenti della società. È l'epilogo di una amministrazione nata male, tra scandali e arresti, e che sta finendo peggio tra pestaggi, licenziamenti e liquidazione delle società comunali». La conseguenza è la richiesta di dimissioni della sindaca Virginia Raggi. Ma senza esagerare, quasi come atto dovuto perché gli effetti collaterali non si approfondiscono, tutt'al più si constatano.Dalla piazza il doppiopesismo si trasferisce con grande facilità (e felicità) in televisione. E una lenza dell'informazione colorata come Dietlinde Gruber può deridere Salvini con atteggiamento serenamente antipatizzante in spregio all'equilibrio e all'equidistanza, valori assoluti solo quando riguardano gli altri. La Lilli, che in queste sue performance da ultrà dem supera le vette di Michele Santoro con Silvio Berlusconi (è l'eterno ritorno del sempre uguale), ha dato vita a Ottoemezzo (La7) a un duetto di pancia con il leader della Lega che aveva le caratteristiche del faccia a faccia elettorale. Domanda: «È contento che non deve girare più da ministro dell'Interno in mutande per le spiagge italiane come ha fatto questa estate?». Risposta: «Perché in mutande? Ero in costume. Ma lei in spiaggia va in smoking o in costume?». Gruber: «Ma un ministro dell'Interno con lo slippino non l'avevamo ancora visto». Salvini: «Ho questo difetto, da anni vado in vacanza con mio figlio a Milano Marittima e, guarda un po', ci mettiamo entrambi in costume da bagno in spiaggia». Gruber: «Io non lo farei da ministro, e non farei nemmeno i comizi. Questione di stile, la forma è sostanza». Salvini: «Quando tornerò a fare il ministro dell'Interno la deluderò. Tornerò in spiaggia in costume da bagno». Gruber travolta dalla sindrome gnè gnè da prima della classe: «Sì, magari senza la pancia». Salvini in astinenza da ultima parola: «Omo de panza, omo de sostanza». Per comprendere il delirio mediatico nel quale stiamo sprofondando senza il freno-motore basterebbe sostituire idealmente la Gruber con Gennaro Sangiuliano o Paolo Del Debbio e Salvini con la ministra Teresa Bellanova di blu elettrico vestita. Chiaro l'effetto? Oggi non si conterebbero le interrogazioni parlamentari per far chiudere il programma, le accuse di sessismo scuoterebbero Twitter fin dalle fondamenta. E Urbano Cairo sarebbe costretto a vendere Andrea Belotti per pagare la class action della società civile. Tutti in mutande, il giornalismo di più.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





