2024-08-22
L’azzardo suicida di Zelensky. Ora i russi sfondano
Volodymyr Zelensky (Ansa)
L’incursione verso Kursk è stata presentata con toni enfatici come uno schiaffo al Cremlino. In realtà il progetto di costringere Vladimir Putin a sottrarre forze al Donbass è fallito. E l’idea «geniale» si rivela un suicidio.Che fosse un azzardo era chiaro fin dal principio. Infatti, all’indomani dell’inizio della controffensiva ucraina nel Kursk, i principali quotidiani parlavano proprio di un’iniziativa sorprendente, rischiosa e quasi disperata, da parte di Volodymyr Zelensky per riuscire a costringere Putin a trattare. Ma poi gli stessi giornali si sono lasciati prendere dall’entusiasmo e dal tifo, che in questa guerra, come ci è stato chiaro sin dall’inizio, gioca un brutto ruolo. E così, invece di raccontare i fatti per quel che sono, spiegando che l’operazione condotta in territorio russo poco avrebbe cambiato negli equilibri del conflitto - come ha spiegato di recente alla Verità il generale Capitini - si sono spinti a raccontare il blitz con toni epici, indugiando soprattutto sul ruolo del nuovo comandante dell’esercito di Kiev. Il quale, come abbiamo già scritto, è passato direttamente dalla fama di «macellaio», per l’insensata difesa di Bakhmut, a quella di eroe. Senza più calcolare le centinaia di morti fra le truppe di Kiev, i cronisti hanno raccontato l’avanzata accompagnandola con titoli da prima pagina carichi di esaltazione. «La guerra arriva in Russia», «L’avanzata di Kiev», «Kursk, stato di emergenza. Ora Washington benedice la controffensiva», «Lo schiaffo di Zelensky». Sono questi alcuni titoli di Repubblica pubblicati nei giorni attorno a Ferragosto, mentre gli incursori ucraini avanzavano in territorio russo. Ma poi, purtroppo, si deve tornare alla realtà e l’euforia lascia il posto alle analisi che però, guarda caso, vengono pubblicate con minore eccitazione, dando conto della situazione in cui versano le forze di Kiev nella zona del conflitto con toni molto più dimessi.In sostanza, le trincee ucraine in Donbass non reggono più, perché i reparti schierati a difesa dell’area reclamata da Putin sono rimasti senza uomini. Leggere per credere: «Vista dalle trincee ucraine, l’avanzata russa sembra un film dell’orrore». «Un incubo. Quello che i rapporti ufficiali non dicono, lo raccontano i soldati della prima linea: “Siamo troppo pochi, i reparti sono dimezzati e non ricevono rimpiazzi”». «Resistere è impossibile». «Dal 6 agosto l’offensiva contro Kursk ha inghiottito le brigate e i mezzi migliori, nella speranza che Vladimir Putin ferito nell’orgoglio trasferisse l’armata dal Donbass per respingere l’irruzione sul suolo patrio. Così non è stato, e da due settimane i russi occupano un villaggio dietro l’altro con una rapidità mai vista prima». La stessa Repubblica spiega che i soldati di Mosca travolgono postazioni fortificate rimaste sguarnite di militari in numero sufficiente per resistere all’invasione. Così cadono capisaldi preziosi, che dal 2014 avevano tenuto testa ai russi, impedendo che dilagassero verso una pianura «indifendibile».Visto dal Donbass, il conflitto che contrappone ucraini e russi sembra un’altra guerra rispetto a quella descritta fino a ieri dallo stesso giornale. Non si parla più di avanzata, di schiaffo, di benedizione americana, ma solo di un invasore che potrebbe sfondare. E l’idea che aver conquistato alcuni territori russi, costringendo Mosca a sfollare decine di migliaia di persone, non sembra più così buona come appariva, perché invece di essere spinto a negoziare da una posizione di debolezza, Putin tira diritto, deciso ad approfittare dello spostamento di truppe ucraine verso Kursk. Come se l’offensiva fosse una questione da accantonare, almeno per il momento.L’entusiasmo e il tifo di Ferragosto, ora è spazzato via dalle parole dello stesso Zelensky, che dopo aver rivendicato la conquista di 1.200 chilometri quadrati di territorio russo, ha ammesso che la situazione in Donbass è complicata, confermando l’avanzata vicino al polo logistico di Pokrovsk e nei pressi di Toretsk, due centri considerati strategici, da cui passano i rifornimenti per la linea del fronte. Chissà però perché le parole del presidente ucraino non hanno ottenuto lo stesso titolone in prima pagina di metà agosto. Chissà se qualcuno prima o poi avrà il coraggio di spiegare che lo «schiaffo» si sta rivelando un boomerang, che la controffensiva benedetta da Washington rischia di trasformarsi in una missione suicida e che il «macellaio» forse non è l’eroe che si immaginava.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci