
Disposti altri esami sul conducente del pullman precipitato. Prima dell’incidente, andò più volte all’ospedale per problemi cardiaci. L’autopsia, però, non ha rilevato malori.Alberto Rizzotto, l’autista alla guida del bus precipitato giù dal cavalcavia di Mestre il 3 ottobre scorso, aveva avuto problemi cardiaci. Prima della tragedia era stato diverse volte al pronto soccorso lamentando problemi al cuore. La Procura ha quindi chiesto esami approfonditi. Da dire che l’autopsia eseguita sul corpo di Rizzotto non aveva evidenziato tracce di malori. Ma, a fine ottobre scorso, l’ipotesi che Rizzotto si fosse sentito male era tornata a galla. E ora da un esame clinico dell’autista quarantenne si sono resi necessari ulteriori accertamenti sul cuore. Esami che la Procura ha conferito lunedì mattina scorso e che dovranno essere documentati in una relazione da presentare entro il 10 gennaio. La titolare delle indagini, il sostituto procuratore Laura Cameli ha chiesto a Cristina Basso, cardiologa dell’università di Padova, un nuovo sezionamento del cuore dell’autista. Sezionamento che avverrà il 28 novembre prossimo. Questo al fine di evidenziare cause o concause di carattere cardiopatologico che possano aver provocato un malore o un decesso. La Procura, come riporta il Gazzettino, ha affidato l’incarico a una luminare delle cosiddette «morti invisibili», che fino a una quindicina di anni fa rimanevano irrisolte, causate cioè da problemi cardiaci che sfuggono anche ai normali esami. Al momento per la strage ci sono tre indagati: l’ad della società di trasporti La Linea, Massimo Fiorese; Roberto Di Bussolo e Alberto Cesaro, rispettivamente dirigente e funzionario del settore Viabilità di terraferma del comune di Venezia. Tutti hanno nominato dei loro consulenti. Dal 28 novembre, giorno in cui il cuore come detto verrà sezionato di nuovo, si avranno tre mesi di tempo per capire se a provocare la strage del 3 ottobre sia stato un malore del conducente. Quella sera, l’autobus stava percorrendo il cavalcavia di Mestre quando all’improvviso è volato nel vuoto. Dalle immagini di un video ripreso nei momenti dello schianto alla «smart control room», sistema di monitoraggio integrato, del Comune di Venezia, si nota il bus affiancarne un altro, presumibilmente fermo al semaforo che immette a sinistra e che ha la freccia inserita.Subito dopo l’autobus si piega e sprofonda di sotto. Il bilancio è terribile: 21 morti e 15 feriti. A causare la caduta, il varco di servizio che interrompe le barriere, e il fatto che il bus si sia infilato proprio lì. Sul perché la barriera fosse ancora in quello stato è in corso la consulenza della Procura. Consulenza che riprenderà giovedì quando l’ingegner Placido Migliorino, già ispettore per il Ponte Morandi, tornerà sul cavalcavia, prelevando anche dei campioni del guardrail. In un mese intorno alla vicenda varie ipotesi sono emerse sulla causa dell’incidente. Chi ha puntato il dito contro lo stato della barriera di protezione. Chi contro lo stato del bus. Chi è convinto che il guidatore abbia avuto un malore. E gli elementi che farebbero tendere per l’una o per l’altra causa un po’ alla volta parrebbero emergere. In primis il fatto che la procura di Venezia avesse già da un anno molta della documentazione sul pessimo stato del cavalcavia della Vempa di Mestre. Gli uffici giudiziari avevano acquisito il materiale in via esplorativa dopo numerosi articoli apparsi sulla stampa che denunciavano il pessimo stato dell’infrastruttura. Ma i lavori di manutenzione erano iniziati solo il 4 settembre scorso. Poi il modello del bus, l’E-12, bus elettrico cinese, che nel giro di pochi giorni in Veneto è stato coinvolto in ben due incidenti. Il secondo a pochi giorni dalla tragedia, ha causato 13 feriti. E a giugno scorso, invece, un terzo bus, sempre della stessa società «La Linea», stavolta lungo la statale Romea, aveva tamponato un camion. Dalla società hanno assicurato che le perizie accertarono che il funzionamento dei freni era regolare.
Franco Zanellato
Lo stilista Franco Zanellato: «Il futuro? Evolvere senza snaturarsi e non inseguire il rumore, ma puntare su qualità e coerenza. Nel 2024 abbiamo rinnovato il marchio partendo dal Dna. Il digitale non è più soltanto un canale di vendita».
C’è un’eleganza silenziosa nel successo di Zanellato. In un panorama della moda che cambia rapidamente, tra nuove sensibilità e mercati in evoluzione, il brand fondato da Franco Zanellato continua a crescere con coerenza e autenticità, restando fedele ai valori del Made in Italy e a un’idea di lusso discreto e consapevole. Partito da Vicenza, ha saputo trasformare l’azienda di guanti di famiglia, in un luxury brand conosciuto in tutto il mondo. L’iconica Postina, simbolo di una femminilità raffinata e senza tempo, oggi dialoga con tre nuove borse che ampliano l’universo creativo della maison, interpretando con linguaggio contemporaneo il concetto di «Arte e mestieri» che da sempre ne definisce l’identità. Una visione che piace e convince. A trainare questa crescita, il mercato italiano e la piattaforma e-commerce, ma soprattutto una strategia che mette al centro la ricerca, l’equilibrio tra tradizione e innovazione, e un dialogo sempre più diretto con le donne che scelgono Zanellato per ciò che rappresenta: autenticità, bellezza, rispetto dei tempi e dei gesti, una filosofia che unisce artigianalità e design contemporaneo sempre vincente. Ne abbiamo parlato con Franco Zanellato per capire come si spiega questo successo e quale direzione prenderà l’azienda nei prossimi anni.
iStock
Proviene dal «maiale degli alberi»: dalle foglie alla corteccia, non si butta niente. E i suoi frutti finiscono nelle opere d’arte.
Due sabati fa abbiamo lasciato la castagna in bocca a Plinio il Vecchio e al fior fiore dell’intellighenzia latina, Catone, Varrone, Virgilio, Ovidio, Apicio, Marziale, i quali hanno lodato e cantato il «pane dei poveri», titolo ampiamente meritato dal frutto che nel corso dei secoli ha sfamato intere popolazioni di contadini e montanari.
Albert Bourla (Ansa)
Il colosso guidato da Bourla vende una quota della sua partecipazione nella casa tedesca. Un’operazione da 508 milioni di dollari che mette la parola fine sull’alleanza che ha dettato legge sui vaccini anti Covid.
Pfizer Inc vende una quota della sua partecipazione nella casa farmaceutica tedesca Biontech Se. Il colosso statunitense offre circa 4,55 milioni di American depositary receipts (Adr) tramite un collocamento accelerato, con un prezzo compreso tra 108 e 111,70 dollari per azione. L’operazione porterebbe a Pfizer circa 508 milioni di dollari, segnala la piattaforma di dati finanziari MarketScreener.
Da sinistra, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Maurizio Landini (Ansa)
Secondo uno studio, solo nel 2024 hanno assicurato all’erario ben 51,2 miliardi di euro.
A sinistra c’è gente come Maurizio Landini, Elly Schlein o l’immancabile duo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni che si sgola per denunciare il presunto squilibrio della pressione fiscale che grava sui cittadini e chiede a gran voce che i ricchi paghino di più, perché hanno più soldi. In parole povere: vogliono la patrimoniale. E sono tornati a chiederla a gran voce, negli ultimi giorni, come se fosse l’estrema ancora di salvataggio per il Paese.






