2025-05-12
Morto suicida dal Duomo il killer di Milano
Emanuele De Maria, evaso e latitante dopo aver accoltellato un uomo, si è gettato dalle terrazze della cattedrale. È stato riconosciuto per i tatuaggi. Trovata senza vita al Parco Nord la sua collega, di cui si erano perse le tracce.Alcuni assistono alla scena, altri sentono il tonfo. Secco. Un rumore che non c’entra niente con piazza Duomo a Milano. Ci sono famiglie, ragazzi, turisti. Ma non è una domenica qualsiasi. Dopo il tonfo la piazza si ferma per pochi secondi. Poi le urla. Il corpo di un uomo è piombato giù dalle terrazze. Un volo di circa 40 metri in corso Vittorio Emanuele, non lontano dalla Rinascente. Un salto nel vuoto che deve aver considerato come l’unica via d’uscita. Perché il protagonista non è uno qualunque. Non si tratta di un incidente. Il corpo, con le braccia completamente tatuate (dettaglio che permette di identificarlo subito) che verso le 14 di ieri si è stampato sulla pietra antica della piazza, è di Emanuele De Maria, napoletano di 35 anni, il detenuto in semilibertà con un permesso di lavoro all’Hotel Berna, quattro stelle in via Napo Torriani (a due passi dalla famosa Gintoneria di Davide Lacerenza), che dall’alba di sabato ha fatto impazzire gli investigatori. Dopo l’accoltellamento, all’alba, del suo collega barista del Berna, Hani Fouad Abdelghaffar Nasra, 51 anni, italo-egiziano, vivo per miracolo grazie a una delicata operazione chirurgica, l’hanno cercato ovunque. Ipotizzavano che dopo l’aggressione potesse essersi infilato su un treno nella vicinissima Stazione Centrale. Ma lui era lì, attorno al Duomo. Si è fatto trovare, morto, solo quando lo ha deciso. E prima che le Forze dell’ordine rinvenissero il corpo della seconda vittima: Chamila Wijesuriya, cingalese, 50 anni, anche lei lavorava al Berna. In caffetteria, come Nasra. Mentre De Maria era alla reception, dove faceva sfoggio del buon livello di inglese che aveva raggiunto frequentando i corsi per detenuti. Era madre di un figlio di 17 anni, Chamila. Venerdì pomeriggio esce di casa per non tornare più. La sua ultima immagine da viva è una ripresa acquisita dagli investigatori: lei e De Maria entrano nel Parco Nord da via Gorky, a Cinisello Balsamo. Venerdì, alle 15.14. Due ore dopo, però, lui esce da solo, dal lato opposto, in viale Fulvio Testi. Poi viene ripreso alla stazione della metropolitana Bignami. Ed è solo. Ha una borsa che non è sua. È la borsa di Chamila. Dentro ci sono le sue cose. Il cellulare della donna verrà ritrovato sabato sera in un cestino, nella stessa stazione. Spento. Abbandonato. Segno che Chamila non è mai uscita dal Parco Nord. De Maria aveva già ucciso una donna. Nel 2016. Nelle vicinanze di un hotel sulla strada Domiziana, a Castel Volturno. Si chiamava Oumaima Rache, aveva 23 anni ed era tunisina. La colpì con un coltello, la uccise e poi fuggì. In Germania. Rimase lì per due anni. Finché i carabinieri non l’hanno stanato, catturato e riportato in Italia. La giustizia gli rifila 14 anni e 3 mesi in via definitiva. Ma Bollate lo accoglie. Un carcere moderno, fatto anche per dare seconde possibilità. E lui, apparentemente, la seconda possibilità la sfrutta. Camicia bianca, badge al collo, turni regolari. Una routine rassicurante. Fino a venerdì notte. Quando non è rientrato in carcere. La polizia penitenziaria ha lanciato l’alert: è evaso. Altro che detenuto modello, che si redime, che lavora, che si guadagna la fiducia. Un esempio. Uno di quelli che sembrava essere stato raddrizzato dal carcere, tanto da lasciarsi andare in orgogliose interviste televisive. Non era così. Al Berna, all’alba, i colleghi di De Maria si preparano al turno. Uno in particolare, Nasra, deve aprire la caffetteria per gli ospiti dell’hotel. È contro di lui che volano le coltellate: al petto e al collo. Il movente è ancora ignoto. E Nasra è l’unico che potrà chiarire tutti gli aspetti ancora oscuri di questo giallo. Tutta l’altra parte della storia gli inquirenti ce l’avevano già chiara dall’alba di ieri. Il profilo di De Maria lasciava pochi margini all’immaginazione e poche speranze di ritrovare Chamila ancora viva: evaso, pericoloso, armato, con un passato da assassino. Meno di tre ore dopo quello che nel Duomo è stato registrato come il «colpo», sordo, di De Maria, almeno così lo descrive chi era all’interno, alle 16 carabinieri e polizia entrano nel Parco Nord e cominciano a perlustrare. Un passante ha visto qualcosa tra gli alberi, nella boscaglia. Arrivano anche i Vigili del fuoco. È un corpo. Un’ora dopo gli investigatori ufficializzano: è Chamila. L’abbigliamento combacia. Le scarpe, la corporatura, i capelli. È lei. Resta da capire perché quel ragazzo che appariva educato alla reception si sia trasformato in una belva feroce prima di scomparire dai radar. Aveva una seconda possibilità, l’aveva stretta tra le mani, perfino raccontata in tv. Ma dentro covava qualcosa che nessun badge è riuscito a cancellare. Restano i corpi. Quello devastato sul selciato, quello nascosto tra i rami del Parco Nord. E i frame, i percorsi, i minuti da ricostruire. Restano le testimonianze, le analisi del medico legale. Ma resta, soprattutto, l’ombra lunga di un sistema che lo aveva ritenuto recuperato. E che invece ha permesso che tornasse a colpire.
(Totaleu)
Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna (FdI), a margine dell'inaugurazione della Half Marathon Città dei Papi.
Silvio Berlusconi e Claudio Lotito al Senato in una foto del 13 ottobre 2022 (Getty Images)
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 89 anni, Claudio Lotito gli dedica una lettera affettuosa: «Il modo in cui hai amato gli italiani continua a sostenerci. Hai realizzato tutti i tuoi sogni, rendendo l’Italia riconoscibile nel mondo».
«Caro Presidente, caro Silvio, auguri. Oggi compi gli anni, e anche se non sei fisicamente presente non è un problema. Potrà sembrare poco ortodosso usare questa espressione, ma il modo e l’intensità con cui hai amato gli italiani, così tanto e così profondamente, continuano a sostenerci anche se tu non ci sei più. È una cosa che è rimasta in ognuno di coloro che hanno capito che il tuo valore, come politico e come uomo, dipendevano anzitutto dalla maniera in cui i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni contribuivano allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui. Credo che muoia lentamente chi non vive le proprie passioni, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ‘i’ piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi. Caro Presidente, caro Silvio, il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. E tu hai vissuto tutti i tuoi sogni: da imprenditore, da uomo di sport e da politico, tutti realizzati rendendo l’Italia riconoscibile al mondo. Auguri Presidente! Auguri Silvio!». Lo dichiara il senatore Claudio Lotito.
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