2023-11-12
L’appello della Meloni cade nel vuoto: Sunak sta a guardare e resta zitto
Il premier Uk rigetta le richieste di Roma e asseconda i giudici, senza dare spiegazioni.Mentre migliaia di manifestanti marciavano a Londra pro Palestina, invocando «smettetela di uccidere civili innocenti», una creatura di 8 mesi veniva condannata a morte nell’indifferenza dei politici inglesi. Altro che i due minuti di silenzio per commemorare i caduti britannici in guerra nel 105° anniversario della fine della prima guerra mondiale, chiesti ieri nel giorno dell’armistizio: per le sorti di Indi il mutismo del premier Rishi Sunak è stato assoluto. Nessuna risposta è arrivata alla lettera del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, indirizzata giovedì ad Alex Chalk, segretario di Stato per la Giustizia e Lord cancelliere della compagine Tory. Veniva chiesto il trasferimento in Italia di Indi Gregory, appellandosi alla Convenzione dell’Aia. La piccola, lunedì scorso, è diventata cittadina italiana per decisione del nostro governo, quindi si sollecitava l’applicazione dell’accordo internazionale sulla responsabilità genitoriale e la protezione dei minori, ratificato dal Regno Unito nel 2012 e dall’Italia nel 2015. In base all’articolo 32 della Convenzione si afferma, infatti, che «su richiesta motivata dell’autorità centrale o di un’altra autorità competente di uno Stato contraente col quale il minore abbia uno stretto legame, l’autorità centrale dello Stato contraente in cui il minore ha la sua residenza abituale e in cui si trova, può», direttamente o tramite autorità pubbliche o altri enti, «chiedere all’autorità competente del suo Stato di esaminare l’opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore». Il premier Meloni ha chiesto al suo omologo inglese un intervento politico per sensibilizzare le autorità giudiziarie, e permettere così il trasferimento in Italia «in tempo utile perché Indi possa accedere» al protocollo terapeutico offerto dall’ospedale Bambino Gesù. Sunak doveva far rispettare quanto stabilito per la protezione dei minori nel 1996, ma hanno risposto solo i giudici di Sua Maestà, liquidando l’intervento italiano come «non nello spirito della Convenzione dell’Aia» e affermando che i tribunali inglesi sono in grado di valutare «l’interesse superiore» della bambina.Non è servito nemmeno nominare giudice tutelare di Indi il console italiano a Manchester, Matteo Corradini, nella speranza che potesse disporre l’arrivo rapido in Italia della piccola, come prevede la procedura standard in caso di minori che hanno bisogno di cure e devono rientrare nel proprio Paese.Dal numero 10 di Downing Street non è arrivato alcun cenno di riscontro, nessuna mossa sul piano politico per venire incontro alle richieste avanzate dall’Italia. Un muro di indifferenza anche sul piano umano, considerato che Giorgia Meloni scriveva che il Bambino Gesù garantisce «la completa assenza di dolore nel trattamento».Una scortesia che sta diventando un clamoroso incidente diplomatico. «È un caso singolo, non possiamo fare nulla», sembra sia la scusa del milionario primo ministro di origine indiana, che non ha voluto intervenire sulla Corte di Londra. Se Indi muore, i medici che hanno disposto la rimozione dei respiratori non sono perseguibili in Italia, anche se la piccola aveva ottenuto la cittadinanza, perché «avrebbero dalla propria parte un pronunciamento dell’autorità giudiziaria inglese che li autorizza a farlo», spiegava sul Messaggero Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali internazionali. Aggiungeva che un intervento dei pm italiani «rappresenterebbe una sorta di intrusione nella sovranità di un altro Stato».«Nel ringraziare il governo italiano per tutto quello che ha fatto per cercare di salvare la vita del piccolo Indi, auspichiamo che nel prossimo futuro venga promosso un accordo bilaterale tra Italia e Regno Unito per consentire ai genitori che lo desiderano di portare i propri figli malati in Italia per curarsi, evitando così situazioni simili in futuro», scriveva ieri pomeriggio Jacopo Coghe portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, durante quell’attesa angosciosa dopo il distacco dei supporti vitali.