2022-07-08
Lampedusa scoppia, la Lamorgese farnetica di «corridoi umanitari»
Luciana Lamorgese (Imagoeconomica)
Sbarchi continui, ci sono 350 posti ma il quadruplo di clandestini. Da quattro giorni manca l’acqua e nessuno ritira l’immondizia. Il ministro blatera di «corridoi umanitari». Sergio Mattarella: «Fermiamoli prima che salpino». L’apostolato avviato dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese per propagandare la sua visione di accoglienza ora si compone di un nuovo tassello, quello dei corridoi umanitari, vie d’ingresso sicure e legali per immigrati che devono avere precise caratteristiche: donne sole con bambini, vittime del traffico di essere umani, anziani, persone con disabilità o con patologie, oppure persone segnalate da organizzazioni umanitarie quali l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. «È la strada corretta», pontifica Lamorgese, «anche perché aiuta l’inclusione e l’integrazione». E rivendica: «Abbiamo lavorato molto su questo». La platea alla quale ha rappresentato questa realtà è quella di «Immigrazione, integrazione e futuro», evento promosso l’altro giorno dall’ambasciata d’Italia alla Santa Sede. Nel paese reale, invece, la faccenda presenta sviluppi diametralmente opposti. Gli stranieri non arrivano tramite i corridoi umanitari ma con i taxi del mare sotto le insegne delle Ong e con un’infinità di barchini lanciati nel Mediterraneo dai trafficanti di esseri umani. Ieri l’hotspot di Lampedusa è tornato a numeri da record: 1.639 ospiti stipati in una struttura che può contenerne al massimo 350. L’assalto è cominciato la scorsa notte con tre barchini arrivati quasi contemporaneamente. In totale trasportavano 37 passeggeri. Il primo - con 24 persone provenienti da Bangladesh, Egitto, Sudan ed Eritrea - è stato intercettato da una motovedetta della Guardia di finanza a sette miglia dal porto di Lampedusa. L’imbarcazione di sei metri era partita da Abu Kammash in Libia. Sette i sedicenti siriani, fra cui una donna, che sono stati invece bloccati dai finanzieri sul lungomare Luigi Rizzo dopo l’approdo della carretta salpata da Tripoli e spiaggiata a Cala Spugne. A tre miglia dal porto, sempre le Fiamme gialle hanno infine intercettato un gommone partito da Mahdia (Tunisia) con sei tunisini a bordo. Altri 50 tunisini sono giunti con il quarto sbarco dalla mezzanotte. L’imbarcazione di 12 metri, partita da Sfax, è stata intercettata a sole due miglia e mezzo dalla costa da una motovedetta della Guardia di finanza. Nel corso della giornata di ieri, in fine, sono andati a buon fine due nuovi sbarchi, con l’arrivo di altri 173 clandestini. «La situazione igienico-sanitaria, con oltre 1.600 persone all’interno dell’hotspot, è allarmante», ha detto il neo sindaco di Lampedusa e Linosa Filippo Mannino, che è in costante contatto con la Prefettura di Agrigento e il ministero dell’Interno per sollecitare i trasferimenti. Che però vanno a rilento. «Sono in attesa di una conferma», spiega Mannino, «ma in giornata dovrebbe arrivare la nave Diciotti che caricherà un gran numero di migranti e, di fatto, alleggerirà la struttura di contrada Imbriacola». I centri d’accoglienza straordinaria siciliani già scoppiano. E Lamorgese aveva cominciato già un mese fa a spedire per l’Italia bus carichi di stranieri da espellere. Ora si ritrova pure le chiese evangeliche in Italia a contrastarla nella narrazione: Mediterranean Hope, il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche che chiede «un’accoglienza degna, trasferimenti rapidi e vie legali di accesso». Anche la Ong denuncia la presenza eccessiva di immigrati ammassati a Lampedusa: «Ci sono circa 1.500 persone per una capienza complessiva di 350 posti». Dal sindacato di polizia Coisp arriva l’ennesimo grido d’allarme: «La situazione nell’hotspot ormai da giorni è totalmente fuori controllo», racconta alla Verità il segretario generale Domenico Pianese. «Manca l’acqua da quattro giorni, la spazzatura è ovunque e non viene ritirata, il percolato invade le stradine del centro di accoglienza», racconta il sindacalista. I poliziotti sono sottoposti a un lavoro massacrante: «In tutto questo», spiega Pianese, «l’attività di vigilanza è affidata a tre squadre di agenti, appena 30 uomini in tutto (il rapporto è di uno a 40) costretti a turni di 14-16 ore consecutive e a condizioni di lavoro inaccettabili. Senza una politica migratoria efficace e concreta nelle prossime settimane rischiamo di soccombere: l’aumento delle tensioni in Libia e la crisi alimentare derivante dalla situazione geopolitica internazionale rischiano seriamente di compromettere il sistema-Paese per tutto ciò che concerne i flussi migratori. Siamo seduti su una polveriera pronta a esplodere». Il tema è politico: «Affettuosa solidarietà al sindaco di Lampedusa e ai suoi concittadini, letteralmente travolti dagli sbarchi. Siamo sicuri che dopo le parole del presidente Draghi («siamo al limite») il ministro dell’Interno farà finalmente qualcosa. Presto sarò sull’isola», annuncia il leader della Lega Matteo Salvini. Esprimono preoccupazione anche da Forza Italia: «Gli sbarchi delle ultime ore (siamo ad oltre 30.000 arrivi dall’inizio dell’anno)», chiosa Anna Maria Bernini, «dimostrano che l’emergenza esiste, come Forza Italia sostiene da tempo, e chi lo nega fa solo finta di ignorare la realtà». Mente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella introduce il tema degli aiuti nelle nazioni di partenza: «Il presidente zambiano ha detto a Strasburgo che “serve l’apertura di canali formali per arrestare il problema dei migranti alla fonte lavorando insieme, nella convinzione che non sia salutare respingere le persone sulle navi una volta che hanno avuto accesso nei vostri Paesi mentre è possibile evitare questo in anticipo, in modo proattivo”. Io sottoscrivo queste parole», dichiara il capo dello Stato. Nel frattempo una delle sette navi di Ong approdate nei giorni scorsi in Italia, la Geo Barents, è tornata in mare e ha già fatto un primo carico: 90 passeggeri a fronte di quattro diverse operazioni di recupero. E presto punterà ancora verso l’Italia.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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