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2019-02-18
L’altra faccia del dramma degli abusi: tra le vittime anche tante religiose
Ansa
«Ero appena diventata suora. Un giorno il sacerdote si avvicinò a me, mi toccò il seno e iniziò a baciarmi sul viso arrivando fino alle labbra mentre mi palpeggiava. Mi fece schifo. Raccontai tutto alla Madre superiora ma disse che ero una bugiarda, mi ordinò di andarmi a confessare. Da lui».
Poco importa chi sia a parlare. È una suora come tante che vengono abusate. Davanti a lei c'è un prete, vinto da appetiti che lo definiscono predatore sessuale. Da quanto va avanti questa storia? La Chiesa di Jorge Mario Bergoglio scricchiola sotto il peso degli scandali. Smascherata la pedofilia, ecco l'onda anomala delle suore molestate. È un momento di svolta: le organizzazioni delle religiose stanno facendo sentire la loro voce da tutto il mondo, invitano le consorelle a raccontare. L'ultima risale a venerdì: un'Orsolina polacca, Jolanta Olech. Non una suora qualsiasi, ma la più autorevole e rispettata del suo Paese, segretario generale della Conferenza delle Madri superiore, che ha detto: «Gli abusi sessuali dei preti sulle suore sono da lungo tempo un problema in Polonia. Il tema c'è ed è molto doloroso».
Per affrontare anche questo dramma, il Papa ha organizzato dal 21 al 24 febbraio, a Roma, un summit senza precedenti sugli abusi nella Chiesa. Ci saranno i presidenti delle conferenze episcopali nel mondo più altre personalità esterne.
Sarà una conferenza di rottura? Secondo molti, sì. Già le parole con cui il Pontefice vi si approccia autorizzano a pensarlo. Rientrando dal viaggio negli Emirati Arabi due settimane fa ha ammesso gli abusi sulle suore definendo «schiavitù sessuale» quella a cui, in alcuni casi, hanno dovuto sottostare (lo hanno poi corretto - voleva dire «manipolazione», ma tant'è). «Sentirlo pronunciare quel termine è stato scioccante» commenta alla Verità suor AnnMarie Sanders, direttore delle Comunicazioni di Lcwr, l'organizzazione che dà voce all'80 per cento delle 45.000 suore degli Stati Uniti. «Succedono quelle cose? Noi non ne sapevamo niente. Forse si riferisce all'Africa, o ad alcuni Paesi asiatici». Ma il Vaticano incontra regolarmente le rappresentanti delle suore di tutto il mondo. «Non so se le istanze degli abusi gli siano state presentate, anche se posso immaginare di sì. L'importante è che abbia riconosciuto il problema. Con Francesco la speranza in un cambiamento adesso è ai massimi». Quale cambiamento? «Nelle strutture di potere della Chiesa: non può essere gestita solo da preti, vescovi o cardinali. Serve una presenza diversa a tutti i livelli. Con le donne ci sarebbe un bilanciamento di poteri». Sarebbe una rivoluzione. «Sì, lo sarebbe, anche se il summit forse produrrà soltanto i primi passi» conclude la religiosa.
Intanto rimangono le storie di abusi su giovani suore in tutto il mondo. Violenze isolate, eppure connesse tra loro.
ARGENTINA
Anche se papa Francesco ha detto che gli abusi sono capitati soprattutto «in alcune nuove congregazioni e alcune regioni del mondo», proprio nel suo Paese sono accaduti vari casi di molestie. Il più clamoroso forse è quello del padre Agustín Rosa Torino, dell'Instituto Discípulos de Jesús, a Salta. A lungo in prigione, poi ai domiciliari, non è stato espulso dalla Chiesa. A denunciarlo l'ex suora Valeria Zarsa, che ha fatto trapelare alcuni dettagli: «Mi si strusciava sempre addosso appoggiando il suo membro su di me. Io protestavo ma mi convinceva che erano paranoie mie. Con lui avevo un rapporto padre-figlia e c'era un costante lavaggio del cervello…». Zarsa oggi rifiuta la religione. «Sono atea. Se ci fosse stato Dio, perché non ha avuto misericordia?».
CILE
In maggio la Chiesa ha chiesto ufficialmente perdono a Consuelo Gomez, suora molestata e abusata sessualmente da un'altra suora, per tutto il male che le è stato inflitto e per non avere dato seguito alle denunce. In dicembre, gli abusi perpetrati all'interno dell'ordine delle Sorelle del Buon Samaritano di Molina hanno obbligato il Vaticano a inviare una missione per investigare su 158 sacerdoti. Suor Eliana Macías ha raccontato di uno di loro: «La prima volta che mi ha visto mi ha domandato se ero nuova e come mi chiamavo. Si mise a fissarmi e poi mi disse: “Questi seni sono molto bassi", li prese tra le mani e me li tirò su. Mi afferrò i seni e li portò in alto. Una sera lo trovai sul mio letto, mi sollevò il vestito…». Un'altra, Celia Saldivia, ricorda: «Sorpresi il sacerdote che guardava di nascosto i corpi nudi delle mie consorelle. Appena trovai il coraggio gli chiesi perché, e lui: “Non ho mai visto una donna nuda e voglio vederla. Perché, c'è qualche problema?"». A Yolanda Tondreaux sono capitati i baci e i palpeggiamenti citati all'inizio dell'articolo. Ha anche raccontato che 23 samaritane sono state allontanate dalla comunità per aver comunicato gli abusi subiti.
INDIA
Un caso scomodo. Il presunto predatore si chiama Franco Mulakkal: ex vescovo di Jalandhar (Kerala), arrestato con l'accusa di aver stuprato per 13 volte una suora Missionaria di Gesù (lui nega, ora è libero su cauzione). Cinque suore, testimoni delle molestie, hanno iniziato a protestare davanti all'Alta corte del Kerala domandando giustizia. Morale: la Madre superiora, suor Regina Kadamthottu, ne ha chiesto il trasferimento in 5 diverse diocesi. Le suore si sono opposte e il trasferimento è stato sospeso. Sabato si è passati alle intimidazioni: suor Lucy Kalapura, ha ricevuto una seconda lettera dalla Congregazione delle Clarisse che la minaccia di espulsione. La prima? Ne denunciava la vita dissipata: ha pubblicato poesie, ha comprato un'auto e ha protestato. Il Vaticano ha temporaneamente sospeso Mulakkal.
FRANCIA
Poche settimane fa una suora ha denunciato di essere stata aggredita sessualmente dalla superiora domenicana in un internato di Tolosa, da adolescente. Suor Anna, la molestatrice, convinceva la giovane di essere l'incarnazione del «male» e che doveva farle una sorta di esorcismo che prevedeva carezze e baci proibiti. Un'esperienza che l'ha distrutta. L'arcivescovo ha avviato un'indagine dicendo che probabilmente ci sono altri casi. Probabilmente.
ITALIA
Un frate cappuccino siciliano, Padre Giovanni Salonia, terapeuta e psicologo che papa Francesco voleva vescovo ausiliare di Palermo, avrebbe violentato una suora durante una seduta di psicoterapia. In settembre la procura di Roma ha aperto un fascicolo dopo la denuncia della religiosa. Ma dal tribunale per ora non trapelano notizie. A fine gennaio c'è stata anche la denuncia dell'ex suora tedesca Doris Wagner-Reisinger, che accusa l'austriaco Hermann Geissler, Capo ufficio della Congregazione per la dottrina della fede, di averla abusata nel corso di una confessione il 27 novembre 2009, a Roma, il giorno di un evento che dava voce alle donne sopravvissute agli abusi sessuali del clero. Intervistata dal National catholic reporter ha ricordato di aver riferito la condotta del prelato alla Congregazione nel 2014 con l'aiuto di un avvocato canonico. «La risposta? Padre Geissler ha ammesso, ha chiesto scusa, è stato ammonito. E questo è tutto». Aggiornamento: Geissler si è dimesso il 29 gennaio, e si dichiara innocente.
SPAGNA
La suora cilena Consuelo Gómez, fu trasferita in Spagna e abusata molteplici volte dalla superiora. «Quando entravo in bagno lei arrivava chiudendosi dietro la porta a chiave, poi mi palpeggiava, mi forzava fisicamente e psicologicamente a fare cose che non volevo» spiega. Denunciò l'accaduto al nunzio apostolico senza ricevere risposta. «Tutti sapevano però mi fecero tacere e sentire colpevole». Tornò in Cile e fu sottoposta a trattamenti psichiatrici per una grave depressione e disturbi da stress post-traumatico, come i reduci di guerra. I suoi racconti sono su Youtube.
AFRICA
Il «grande malato» tra i continenti non fa eccezione per la religione. Gli abusi sulle suore sembrerebbero fuori controllo. «Quelli perpetrati da membri del clero, anche di alto rango, esistono specialmente in Congo e in Kenya» ha scritto il giornale cattolico francese La Croix, che cita due informative degli anni Novanta: si parlava di abusi massicci, incluso obbligare le suore ad assumere contraccettivi e praticare aborti, nel caso. Una madre superiora protestò con il suo arcivescovo perché 29 suore erano incinte: fu destituita.
Il volume choc sui preti gay inguaia l’entourage del Papa
Sodoma, il libro di Frédéric Martel, è in gran parte costruito sulla base di testimonianze anonime, soffiate, delazioni, fonti non svelate, tutte concorrenti a dimostrare una tesi: che le gerarchie cattoliche «conservatrici», tradizionaliste e violentemente omofobe, sono in realtà nascostamente dedite a comportamenti omosessuali. Insomma, che la Chiesa è piena di gay repressi. Alcuni dei quali (quelli morti, che non posso smentire) addirittura ricattabili e ricattati: come uno dei cardinali dei dubia, Carlo Caffarra, scomparso nel 2017, il quale avrebbe ridotto «il suo ardore omofobo» dopo essere stato minacciato di rivelazioni scottanti sulla sua presunta «doppia vita».
Ma in mezzo a questo mare magnum di allusioni ce n'è una che fa scattare un campanello d'allarme anche a chi considera quella di Martel, per usare un eufemismo, un'operazione ideologica.
Si parla dell'ex nunzio apostolico a Washington, monsignor Carlo Maria Viganò, autore del celeberrimo memoriale pubblicato quest'estate dalla Verità. Nel dossier, Viganò riferiva che, in un incontro con Jorge Mario Bergoglio, il Pontefice era stato da lui informato dei poderosi faldoni nei quali venivano descritte le sregolatezze sessuali di Theodore Edgar McCarrick, cardinale e arcivescovo emerito della capitale statunitense. Secondo Viganò, tuttavia, il Papa, pur apparendo niente affatto meravigliato della notizia, come se ne fosse già a conoscenza, non mosse un dito contro il porporato americano.
In Sodoma, a un certo punto, si legge: «Il suo entourage (di papa Francesco, ndr) mi dice che Francesco “era stato inizialmente informato da Viganò che il cardinale McCarrick aveva relazioni omosessuali con seminaristi maggiorenni, il che non era sufficiente secondo lui per condannarlo". Nel 2018, quando ha appurato che oltre a rapporti omosessuali c'erano anche abusi su minori, “ha immediatamente sanzionato il cardinale"». Quindi, persino il volume pensato per screditare i malvagi cattolici conservatori è costretto ad accreditare la veridicità della versione di Viganò. Anche se, incomprensibilmente, la usa «a discolpa» di Bergoglio e contro Benedetto XVI, reo, secondo Martel, di non aver preso provvedimenti contro McCarrick, o di non aver vigilato sulla loro effettiva applicazione. Ma più che di una pistola fumante contro i «conservatori», quel passaggio di Sodoma, come ha scritto il vaticanista Marco Tosatti, ha l'effetto di un «fuoco amico» contro Francesco. Primo, perché confermerebbe che lui sapeva di McCarrick, ma non ha reagito. Secondo, perché sostiene che Bergoglio abbia preso contromisure una volta appurato degli abusi minori, il che è vero solo parzialmente, nel senso che il Vaticano si è mosso solamente dopo le inchieste del New York Times sulle malefatte dell'ex arcivescovo di Washington. E terzo, perché rende evidente che nella Chiesa non ci sarebbe soltanto il problema del «clericalismo», cioè lo strapotere di certe gerarchie e il senso di impunità che ne deriva, ma anche un nodo non del tutto sciolto con la gestione dell'omosessualità.
A questo punto, sarebbe interessante altresì capire chi è veramente la fonte di Martel, che cita, come abbiamo visto, l'«entourage» del Papa. Come spiegato da Lorenzo Bertocchi su queste colonne, il metodo del giornalista è piuttosto discutibile: molti virgolettati sono anonimi, e molti fatti non smentibili, perché riguardano persone defunte. Nel testo viene però citato padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Un gesuita che Martel celebra come «giovane, dinamico, affascinante» e con il quale rivela di aver condiviso «sei interviste e pasti», nonché una cena a Parigi. Da Spadaro non sono arrivate finora conferme né smentite. Solamente un tweet, anzi, un retweet. Il gesuita ha rilanciato un cinguettio di Matteo Matzuzzi, vaticanista del Foglio, che liquidava Sodoma come un libro «tra il ripugnante e il vomitevole». Spadaro, che parrebbe dunque condividere la recensione di Matzuzzi, non ha però ufficialmente preso le distanze dal libro, né ha negato di essere l'uomo dell'«entourage del Papa». Un chiarimento, invece, potrebbe essere utile sotto molti aspetti.
«Mi fidavo e lui ne ha approfittato. Ma il mio stupratore è stato coperto»
Cresciuta in Ukraina da famiglia atea, prende i voti a 24 anni e diventa suora carmelitana. Ma ciò che trova è ben lontano da quanto sperava: la violenza, l'emarginazione. Ha raccontato la sua esperienza in un libro uscito da pochi giorni in Francia, La tyrannie du silence (ChercheMidi).
Come incontrò il suo violentatore?
«Quando ero nelle Carmelitane, in Francia, un prete venne a tenere una conferenza e mi piacque quello che diceva. Diventò il mio fratello spirituale. Mi affidai a lui. Niente di affettivo o sentimentale, solo spirituale. Ci vedevamo poco, ci scrivevamo».
Poi che accadde?
«Le Carmelitane erano troppo diverse da come le immaginavo. Ero di gran lunga la più giovane e tutto il lavoro fisico ricadeva su di me. I rapporti erano difficili. Più venivo emarginata più cercavo supporto spirituale sul mio “fratello". Lasciai il convento e trovai una casa e un lavoro lì vicino, pur rimanendo suora. Lui chiese di venirmi a trovare, per me era un onore. Una volta a casa prese ad abbracciarmi e baciarmi anche se gli dicevo di no. Poi mi ha violentata. Avevo 30 anni ma non avevo mai avuto esperienze. Ero incapace di difendermi. È successo per molto tempo. Ero in uno stato di “dissociazione", non avevo la forza mentale di denunciare, di fermarlo. Glielo dicevo ma non bastava. Non avevo abbastanza forza, non abbastanza rabbia. Mi fidavo e sono stata soggiogata. Tornava a trovarmi e ogni volta giurava che era l'ultima».
Per quanto tempo ci sono stati rapporti sessuali?
«Non erano rapporti sessuali. Era stupro. Veniva a trovarmi due volte al mese. Continuava a essere la mia guida spirituale. Però a volte si trasformava».
Come ne è uscita?
«È stato inviato in Canada, non per punizione ma come parte del suo percorso. Da là mi inviava lettere infuocate».
Alla fine ne ha parlato?
«Sì. Il suo superiore non era affatto choccato. Riconobbe che la violenza era un fatto grave, ma disse che un fratello può commettere un fatto grave e comunque avere delle responsabilità dentro l'ordine. Gli abusatori sono coperti dalle gerarchie ecclesiastiche. Il mio fa ancora il prete in Québec».
Come si risolve il problema?
«Dando spazio alle donne nella Chiesa. Parlo di tutte le decisioni rilevanti, anche a livello locale».
Papa Francesco lo farà?
«Le sembro la persona giusta per capire cosa c'è nella mente di un uomo?».
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Al vertice voluto da Bergoglio per combattere pedofilia e aggressioni sessuali del clero si affronterà anche il tema delle suore che hanno subito violenze da parte di «colleghi». Ecco dove è più diffusa questa piaga. Il volume choc sui preti gay inguaia l'entourage del Papa. Con il suo metodo ambiguo, l'autore di Sodoma cita fonti vicine al Pontefice secondo cui «Viganò aveva riferito a Francesco di McCarrick». Come scrisse l'ex nunzio. «Mi fidavo e lui ne ha approfittato. Ma il mio stupratore è stato coperto». Abusata da un prete quando era Carmelitana, la religiosa ucraina Claire Maximova ha raccontato la vicenda in un libro: La tirannia del silenzio. Lo speciale comprende tre articoli. «Ero appena diventata suora. Un giorno il sacerdote si avvicinò a me, mi toccò il seno e iniziò a baciarmi sul viso arrivando fino alle labbra mentre mi palpeggiava. Mi fece schifo. Raccontai tutto alla Madre superiora ma disse che ero una bugiarda, mi ordinò di andarmi a confessare. Da lui». Poco importa chi sia a parlare. È una suora come tante che vengono abusate. Davanti a lei c'è un prete, vinto da appetiti che lo definiscono predatore sessuale. Da quanto va avanti questa storia? La Chiesa di Jorge Mario Bergoglio scricchiola sotto il peso degli scandali. Smascherata la pedofilia, ecco l'onda anomala delle suore molestate. È un momento di svolta: le organizzazioni delle religiose stanno facendo sentire la loro voce da tutto il mondo, invitano le consorelle a raccontare. L'ultima risale a venerdì: un'Orsolina polacca, Jolanta Olech. Non una suora qualsiasi, ma la più autorevole e rispettata del suo Paese, segretario generale della Conferenza delle Madri superiore, che ha detto: «Gli abusi sessuali dei preti sulle suore sono da lungo tempo un problema in Polonia. Il tema c'è ed è molto doloroso». Per affrontare anche questo dramma, il Papa ha organizzato dal 21 al 24 febbraio, a Roma, un summit senza precedenti sugli abusi nella Chiesa. Ci saranno i presidenti delle conferenze episcopali nel mondo più altre personalità esterne. Sarà una conferenza di rottura? Secondo molti, sì. Già le parole con cui il Pontefice vi si approccia autorizzano a pensarlo. Rientrando dal viaggio negli Emirati Arabi due settimane fa ha ammesso gli abusi sulle suore definendo «schiavitù sessuale» quella a cui, in alcuni casi, hanno dovuto sottostare (lo hanno poi corretto - voleva dire «manipolazione», ma tant'è). «Sentirlo pronunciare quel termine è stato scioccante» commenta alla Verità suor AnnMarie Sanders, direttore delle Comunicazioni di Lcwr, l'organizzazione che dà voce all'80 per cento delle 45.000 suore degli Stati Uniti. «Succedono quelle cose? Noi non ne sapevamo niente. Forse si riferisce all'Africa, o ad alcuni Paesi asiatici». Ma il Vaticano incontra regolarmente le rappresentanti delle suore di tutto il mondo. «Non so se le istanze degli abusi gli siano state presentate, anche se posso immaginare di sì. L'importante è che abbia riconosciuto il problema. Con Francesco la speranza in un cambiamento adesso è ai massimi». Quale cambiamento? «Nelle strutture di potere della Chiesa: non può essere gestita solo da preti, vescovi o cardinali. Serve una presenza diversa a tutti i livelli. Con le donne ci sarebbe un bilanciamento di poteri». Sarebbe una rivoluzione. «Sì, lo sarebbe, anche se il summit forse produrrà soltanto i primi passi» conclude la religiosa. Intanto rimangono le storie di abusi su giovani suore in tutto il mondo. Violenze isolate, eppure connesse tra loro. ARGENTINA Anche se papa Francesco ha detto che gli abusi sono capitati soprattutto «in alcune nuove congregazioni e alcune regioni del mondo», proprio nel suo Paese sono accaduti vari casi di molestie. Il più clamoroso forse è quello del padre Agustín Rosa Torino, dell'Instituto Discípulos de Jesús, a Salta. A lungo in prigione, poi ai domiciliari, non è stato espulso dalla Chiesa. A denunciarlo l'ex suora Valeria Zarsa, che ha fatto trapelare alcuni dettagli: «Mi si strusciava sempre addosso appoggiando il suo membro su di me. Io protestavo ma mi convinceva che erano paranoie mie. Con lui avevo un rapporto padre-figlia e c'era un costante lavaggio del cervello…». Zarsa oggi rifiuta la religione. «Sono atea. Se ci fosse stato Dio, perché non ha avuto misericordia?». CILE In maggio la Chiesa ha chiesto ufficialmente perdono a Consuelo Gomez, suora molestata e abusata sessualmente da un'altra suora, per tutto il male che le è stato inflitto e per non avere dato seguito alle denunce. In dicembre, gli abusi perpetrati all'interno dell'ordine delle Sorelle del Buon Samaritano di Molina hanno obbligato il Vaticano a inviare una missione per investigare su 158 sacerdoti. Suor Eliana Macías ha raccontato di uno di loro: «La prima volta che mi ha visto mi ha domandato se ero nuova e come mi chiamavo. Si mise a fissarmi e poi mi disse: “Questi seni sono molto bassi", li prese tra le mani e me li tirò su. Mi afferrò i seni e li portò in alto. Una sera lo trovai sul mio letto, mi sollevò il vestito…». Un'altra, Celia Saldivia, ricorda: «Sorpresi il sacerdote che guardava di nascosto i corpi nudi delle mie consorelle. Appena trovai il coraggio gli chiesi perché, e lui: “Non ho mai visto una donna nuda e voglio vederla. Perché, c'è qualche problema?"». A Yolanda Tondreaux sono capitati i baci e i palpeggiamenti citati all'inizio dell'articolo. Ha anche raccontato che 23 samaritane sono state allontanate dalla comunità per aver comunicato gli abusi subiti. INDIA Un caso scomodo. Il presunto predatore si chiama Franco Mulakkal: ex vescovo di Jalandhar (Kerala), arrestato con l'accusa di aver stuprato per 13 volte una suora Missionaria di Gesù (lui nega, ora è libero su cauzione). Cinque suore, testimoni delle molestie, hanno iniziato a protestare davanti all'Alta corte del Kerala domandando giustizia. Morale: la Madre superiora, suor Regina Kadamthottu, ne ha chiesto il trasferimento in 5 diverse diocesi. Le suore si sono opposte e il trasferimento è stato sospeso. Sabato si è passati alle intimidazioni: suor Lucy Kalapura, ha ricevuto una seconda lettera dalla Congregazione delle Clarisse che la minaccia di espulsione. La prima? Ne denunciava la vita dissipata: ha pubblicato poesie, ha comprato un'auto e ha protestato. Il Vaticano ha temporaneamente sospeso Mulakkal. FRANCIA Poche settimane fa una suora ha denunciato di essere stata aggredita sessualmente dalla superiora domenicana in un internato di Tolosa, da adolescente. Suor Anna, la molestatrice, convinceva la giovane di essere l'incarnazione del «male» e che doveva farle una sorta di esorcismo che prevedeva carezze e baci proibiti. Un'esperienza che l'ha distrutta. L'arcivescovo ha avviato un'indagine dicendo che probabilmente ci sono altri casi. Probabilmente. ITALIA Un frate cappuccino siciliano, Padre Giovanni Salonia, terapeuta e psicologo che papa Francesco voleva vescovo ausiliare di Palermo, avrebbe violentato una suora durante una seduta di psicoterapia. In settembre la procura di Roma ha aperto un fascicolo dopo la denuncia della religiosa. Ma dal tribunale per ora non trapelano notizie. A fine gennaio c'è stata anche la denuncia dell'ex suora tedesca Doris Wagner-Reisinger, che accusa l'austriaco Hermann Geissler, Capo ufficio della Congregazione per la dottrina della fede, di averla abusata nel corso di una confessione il 27 novembre 2009, a Roma, il giorno di un evento che dava voce alle donne sopravvissute agli abusi sessuali del clero. Intervistata dal National catholic reporter ha ricordato di aver riferito la condotta del prelato alla Congregazione nel 2014 con l'aiuto di un avvocato canonico. «La risposta? Padre Geissler ha ammesso, ha chiesto scusa, è stato ammonito. E questo è tutto». Aggiornamento: Geissler si è dimesso il 29 gennaio, e si dichiara innocente. SPAGNA La suora cilena Consuelo Gómez, fu trasferita in Spagna e abusata molteplici volte dalla superiora. «Quando entravo in bagno lei arrivava chiudendosi dietro la porta a chiave, poi mi palpeggiava, mi forzava fisicamente e psicologicamente a fare cose che non volevo» spiega. Denunciò l'accaduto al nunzio apostolico senza ricevere risposta. «Tutti sapevano però mi fecero tacere e sentire colpevole». Tornò in Cile e fu sottoposta a trattamenti psichiatrici per una grave depressione e disturbi da stress post-traumatico, come i reduci di guerra. I suoi racconti sono su Youtube. AFRICA Il «grande malato» tra i continenti non fa eccezione per la religione. Gli abusi sulle suore sembrerebbero fuori controllo. «Quelli perpetrati da membri del clero, anche di alto rango, esistono specialmente in Congo e in Kenya» ha scritto il giornale cattolico francese La Croix, che cita due informative degli anni Novanta: si parlava di abusi massicci, incluso obbligare le suore ad assumere contraccettivi e praticare aborti, nel caso. Una madre superiora protestò con il suo arcivescovo perché 29 suore erano incinte: fu destituita. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/laltra-faccia-del-dramma-degli-abusi-tra-le-vittime-anche-tante-religiose-2629228556.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-volume-choc-sui-preti-gay-inguaia-lentourage-del-papa" data-post-id="2629228556" data-published-at="1764854210" data-use-pagination="False"> Il volume choc sui preti gay inguaia l’entourage del Papa Sodoma, il libro di Frédéric Martel, è in gran parte costruito sulla base di testimonianze anonime, soffiate, delazioni, fonti non svelate, tutte concorrenti a dimostrare una tesi: che le gerarchie cattoliche «conservatrici», tradizionaliste e violentemente omofobe, sono in realtà nascostamente dedite a comportamenti omosessuali. Insomma, che la Chiesa è piena di gay repressi. Alcuni dei quali (quelli morti, che non posso smentire) addirittura ricattabili e ricattati: come uno dei cardinali dei dubia, Carlo Caffarra, scomparso nel 2017, il quale avrebbe ridotto «il suo ardore omofobo» dopo essere stato minacciato di rivelazioni scottanti sulla sua presunta «doppia vita». Ma in mezzo a questo mare magnum di allusioni ce n'è una che fa scattare un campanello d'allarme anche a chi considera quella di Martel, per usare un eufemismo, un'operazione ideologica. Si parla dell'ex nunzio apostolico a Washington, monsignor Carlo Maria Viganò, autore del celeberrimo memoriale pubblicato quest'estate dalla Verità. Nel dossier, Viganò riferiva che, in un incontro con Jorge Mario Bergoglio, il Pontefice era stato da lui informato dei poderosi faldoni nei quali venivano descritte le sregolatezze sessuali di Theodore Edgar McCarrick, cardinale e arcivescovo emerito della capitale statunitense. Secondo Viganò, tuttavia, il Papa, pur apparendo niente affatto meravigliato della notizia, come se ne fosse già a conoscenza, non mosse un dito contro il porporato americano. In Sodoma, a un certo punto, si legge: «Il suo entourage (di papa Francesco, ndr) mi dice che Francesco “era stato inizialmente informato da Viganò che il cardinale McCarrick aveva relazioni omosessuali con seminaristi maggiorenni, il che non era sufficiente secondo lui per condannarlo". Nel 2018, quando ha appurato che oltre a rapporti omosessuali c'erano anche abusi su minori, “ha immediatamente sanzionato il cardinale"». Quindi, persino il volume pensato per screditare i malvagi cattolici conservatori è costretto ad accreditare la veridicità della versione di Viganò. Anche se, incomprensibilmente, la usa «a discolpa» di Bergoglio e contro Benedetto XVI, reo, secondo Martel, di non aver preso provvedimenti contro McCarrick, o di non aver vigilato sulla loro effettiva applicazione. Ma più che di una pistola fumante contro i «conservatori», quel passaggio di Sodoma, come ha scritto il vaticanista Marco Tosatti, ha l'effetto di un «fuoco amico» contro Francesco. Primo, perché confermerebbe che lui sapeva di McCarrick, ma non ha reagito. Secondo, perché sostiene che Bergoglio abbia preso contromisure una volta appurato degli abusi minori, il che è vero solo parzialmente, nel senso che il Vaticano si è mosso solamente dopo le inchieste del New York Times sulle malefatte dell'ex arcivescovo di Washington. E terzo, perché rende evidente che nella Chiesa non ci sarebbe soltanto il problema del «clericalismo», cioè lo strapotere di certe gerarchie e il senso di impunità che ne deriva, ma anche un nodo non del tutto sciolto con la gestione dell'omosessualità. A questo punto, sarebbe interessante altresì capire chi è veramente la fonte di Martel, che cita, come abbiamo visto, l'«entourage» del Papa. Come spiegato da Lorenzo Bertocchi su queste colonne, il metodo del giornalista è piuttosto discutibile: molti virgolettati sono anonimi, e molti fatti non smentibili, perché riguardano persone defunte. Nel testo viene però citato padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Un gesuita che Martel celebra come «giovane, dinamico, affascinante» e con il quale rivela di aver condiviso «sei interviste e pasti», nonché una cena a Parigi. Da Spadaro non sono arrivate finora conferme né smentite. Solamente un tweet, anzi, un retweet. Il gesuita ha rilanciato un cinguettio di Matteo Matzuzzi, vaticanista del Foglio, che liquidava Sodoma come un libro «tra il ripugnante e il vomitevole». Spadaro, che parrebbe dunque condividere la recensione di Matzuzzi, non ha però ufficialmente preso le distanze dal libro, né ha negato di essere l'uomo dell'«entourage del Papa». Un chiarimento, invece, potrebbe essere utile sotto molti aspetti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/laltra-faccia-del-dramma-degli-abusi-tra-le-vittime-anche-tante-religiose-2629228556.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mi-fidavo-e-lui-ne-ha-approfittato-ma-il-mio-stupratore-e-stato-coperto" data-post-id="2629228556" data-published-at="1764854210" data-use-pagination="False"> «Mi fidavo e lui ne ha approfittato. Ma il mio stupratore è stato coperto» Cresciuta in Ukraina da famiglia atea, prende i voti a 24 anni e diventa suora carmelitana. Ma ciò che trova è ben lontano da quanto sperava: la violenza, l'emarginazione. Ha raccontato la sua esperienza in un libro uscito da pochi giorni in Francia, La tyrannie du silence (ChercheMidi). Come incontrò il suo violentatore? «Quando ero nelle Carmelitane, in Francia, un prete venne a tenere una conferenza e mi piacque quello che diceva. Diventò il mio fratello spirituale. Mi affidai a lui. Niente di affettivo o sentimentale, solo spirituale. Ci vedevamo poco, ci scrivevamo». Poi che accadde? «Le Carmelitane erano troppo diverse da come le immaginavo. Ero di gran lunga la più giovane e tutto il lavoro fisico ricadeva su di me. I rapporti erano difficili. Più venivo emarginata più cercavo supporto spirituale sul mio “fratello". Lasciai il convento e trovai una casa e un lavoro lì vicino, pur rimanendo suora. Lui chiese di venirmi a trovare, per me era un onore. Una volta a casa prese ad abbracciarmi e baciarmi anche se gli dicevo di no. Poi mi ha violentata. Avevo 30 anni ma non avevo mai avuto esperienze. Ero incapace di difendermi. È successo per molto tempo. Ero in uno stato di “dissociazione", non avevo la forza mentale di denunciare, di fermarlo. Glielo dicevo ma non bastava. Non avevo abbastanza forza, non abbastanza rabbia. Mi fidavo e sono stata soggiogata. Tornava a trovarmi e ogni volta giurava che era l'ultima». Per quanto tempo ci sono stati rapporti sessuali? «Non erano rapporti sessuali. Era stupro. Veniva a trovarmi due volte al mese. Continuava a essere la mia guida spirituale. Però a volte si trasformava». Come ne è uscita? «È stato inviato in Canada, non per punizione ma come parte del suo percorso. Da là mi inviava lettere infuocate». Alla fine ne ha parlato? «Sì. Il suo superiore non era affatto choccato. Riconobbe che la violenza era un fatto grave, ma disse che un fratello può commettere un fatto grave e comunque avere delle responsabilità dentro l'ordine. Gli abusatori sono coperti dalle gerarchie ecclesiastiche. Il mio fa ancora il prete in Québec». Come si risolve il problema? «Dando spazio alle donne nella Chiesa. Parlo di tutte le decisioni rilevanti, anche a livello locale». Papa Francesco lo farà? «Le sembro la persona giusta per capire cosa c'è nella mente di un uomo?».
Steve Witkoff (Ansa)
Il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov, ha, sì, definito l’incontro «utile, costruttivo e molto concreto», ma ha anche precisato che resta «molto lavoro da fare». «Non siamo certo più lontani dalla pace», ha poi specificato. «Siamo riusciti a concordare alcuni punti, altri hanno suscitato critiche, ma l’essenziale è che si sia svolta una discussione costruttiva e che le parti abbiano dichiarato la loro volontà di proseguire negli sforzi», ha continuato, pur sottolineando che sulla questione dei territori «non è ancora stata scelta alcuna soluzione di compromesso», nonostante «alcune proposte americane possano essere discusse». «Apprezziamo la volontà politica del presidente Trump di continuare a cercare soluzioni. Siamo tutti pronti a incontrarci tutte le volte che sarà necessario per raggiungere una soluzione pacifica», ha dichiarato, dal canto suo, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha anche accusato gli europei di «rifiutare» il dialogo con Mosca, per poi sostenere che Putin non avrebbe respinto in toto il piano di pace americano.
«Quello che stiamo cercando di capire è se è possibile porre fine alla guerra in un modo che protegga il futuro dell’Ucraina e che entrambe le parti possano accettare», ha affermato, martedì sera, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, commentando il colloquio svoltosi al Cremlino. «Penso che abbiamo fatto qualche progresso, ma non siamo ancora arrivati al traguardo», ha aggiunto, per poi specificare: «Solo Putin può porre fine a questa guerra da parte russa». Ricordiamo che, ieri, Rubio, oltre a parlarsi telefonicamente con Antonio Tajani sulla mediazione statunitense in Ucraina, non ha preso parte alla riunione dei ministri degli Esteri della Nato, facendosi rappresentare dal suo vice. Un’assenza a suo modo significativa che il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, ha comunque cercato di minimizzare, affermando: «Non leggiamo più di quanto non ci sia». «C’è solo una persona al mondo che è in grado di sbloccare la situazione quando si tratta della guerra in Ucraina, ed è il presidente americano Donald J. Trump» ha anche detto, puntando così a rinsaldare le relazioni transatlantiche. Relazioni tuttavia un po’ scricchiolanti: secondo Politico, ieri, al vertice Nato, il vicesegretario di Stato americano, Christopher Landau, ha criticato gli europei per aver allentato i loro legami con l’industria della difesa statunitense.
Nel frattempo, sempre ieri, è saltato l’incontro che avrebbe dovuto tenersi a Bruxelles tra Witkoff e Volodymyr Zelensky. «Dopo Bruxelles, Rustem Umerov e Andrii Hnatov inizieranno i preparativi per un incontro con gli inviati del presidente Trump negli Stati Uniti», ha dichiarato, poco dopo la notizia, il presidente ucraino. «I rappresentanti ucraini informeranno i loro colleghi in Europa su quanto emerso dai contatti avvenuti ieri a Mosca da parte americana e discuteranno anche della componente europea della necessaria architettura di sicurezza», ha aggiunto. Una doccia fredda sull’Ucraina è frattanto arrivata dal presidente finlandese, Alexander Stubb. «La realtà è che anche noi finlandesi dobbiamo prepararci al momento in cui la pace sarà ristabilita e che tutte le condizioni per una pace giusta di cui abbiamo tanto parlato negli ultimi quattro anni hanno poche possibilità di essere soddisfatte», ha affermato.
È in questo quadro ingarbugliato che Emmanuel Macron continua a cercare di ritagliarsi il ruolo di anti-Trump. Il presidente francese si è recato a Pechino, dove, secondo la Bbc, ha intenzione di discutere della crisi ucraina con Xi Jinping, per cercare di convincerlo a fare pressione su Putin. Si tratta, in sostanza, della stessa strategia portata avanti per anni dall’amministrazione Biden, che però non ha avuto alcun effetto concreto. È d’altronde tutto da dimostrare che Pechino auspichi realmente una conclusione del conflitto ucraino. Se all’inizio dell’invasione si era presentato come l’uomo del dialogo con Mosca, dal 2024 l’inquilino dell’Eliseo si è riscoperto falco antirusso (pur non disdegnando di mandare, lo scorso maggio, l’ambasciatore francese all’insediamento presidenziale di Putin). Adesso, nel suo iperattivismo inconcludente, Macron sta tentando di aprire un non meglio precisato percorso diplomatico parallelo a quello della Casa Bianca, tenendo la mano al rivale sistemico degli Usa: il che rischia di portare indirettamente a nuove fibrillazioni tra Washington e Bruxelles.
In tutto questo, ieri, al vertice della Nato, il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha discusso con gli omologhi di Bulgaria e Romania dei recenti attacchi ucraini nel Mar Nero. Attacchi che, lunedì, Tayyip Erdogan aveva severamente criticato, affermando: «Non possiamo in nessun caso accettare questi attacchi, che minacciano la sicurezza della navigazione, dell’ambiente e della vita nella nostra zona economica esclusiva». Un’irritazione, quella di Ankara, che potrebbe avere impatti negativi sulla posizione negoziale di Zelensky, che già deve gestire le difficoltà legate al caso Yermak. Fidan ha inoltre reso noto che il presidente turco continua a essere in contatto con Putin. «La cosa principale è che i negoziati continuino e che si trovi una via di mezzo. Credo che Witkoff, che attualmente sta mediando, possa svolgere un ruolo positivo. Ha sufficienti competenze», ha affermato.
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Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
Al di là del merito delle dichiarazioni, che si riferivano esplicitamente alla cybersicurezza, rimane un fatto che Cavo Dragone - accostando le tre parole «Nato», «Russia» e «attacco preventivo» - ha finito per generare un vespaio di polemiche. Mosca, naturalmente, non l’ha presa bene: «Riteniamo che la dichiarazione di Giuseppe Cavo Dragone sui potenziali attacchi preventivi contro la Russia sia un passo estremamente irresponsabile, che dimostra la volontà dell’Alleanza di continuare a muoversi verso un’escalation», ha dichiarato Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo. Che poi ha definito le parole dell’ammiraglio «un tentativo deliberato di minare gli sforzi volti a trovare una via d’uscita alla crisi ucraina».
Anche in Italia, del resto, l’intervista di Cavo Dragone ha suscitato malumori bipartisan: dalle forze di maggioranza a quelle di opposizione, tutti i partiti hanno espresso perplessità sull’opportunità di rilasciare dichiarazioni tanto forti, o comunque fraintendibili. Lo stesso Antonio Tajani, atlantista doc, interpellato a caldo sulle parole del presidente del comitato militare della Nato, aveva detto: «Quello che conta non sono le dichiarazioni, ma il lavoro». Non esattamente una difesa a spada tratta.
Sarà anche per questo che Cavo Dragone, sentito ieri dall’Ansa, ha provato ad aggiustare il tiro: «Nell’intervista al Financial Times, così come in altre dichiarazioni, ho fatto riferimento specificamente alle minacce ibride di cui siamo quotidianamente oggetto, evidenziando come sia importante e necessario mantenere un approccio flessibile e assertivo, senza alimentare ovviamente processi escalatori», ha detto l’ammiraglio. Che poi ha aggiunto: «La Nato, come sempre ribadito, rimane infatti un’alleanza difensiva».
Queste dichiarazioni, peraltro, sono seguite all’incontro che Cavo Dragone ha avuto con Tajani a margine della ministeriale Nato: «Gli ho ribadito il mio giudizio, credo di aver ben interpretato le sue parole senza strumentalizzarle», ha sottolineato il ministro degli Esteri. «Non ci ho trovato nulla di strano, nulla di anomalo, nulla in contrasto con i principi della Nato. Mi pare che sia tutto concluso. Gli ho ribadito la mia stima, la mia solidarietà, perché mi pare che stia svolgendo molto bene il suo ruolo».
Più piccato è stato, invece, il commento di Giorgia Meloni: «È una fase in cui bisogna misurare molto bene le parole», ha detto ieri il premier a margine di un vertice in Bahrein. «Bisogna evitare tutto quello che può far surriscaldare gli animi. L’ammiraglio Cavo Dragone stava parlando di cybersicurezza. Io l’ho letta così: la Nato è un’organizzazione difensiva, oltre a difenderci dobbiamo fare anche meglio prevenzione. Attenzione anche a come si leggono parole che bisogna anche essere molto attenti a pronunciare», ha concluso la leader di Fratelli d’Italia.
Insomma, va bene essere «proattivi», come sostiene l’ammiraglio, ma certe strategie sarebbe opportuno non sbandierarle ai quattro venti. Del resto, così la pensa anche Baiba Braze, il ministro degli Esteri lettone: «Certe cose è meglio farle, e non dirle. Gli Alleati hanno capacità di attacco informatico e, se necessario, possono essere impiegate, ma nessuno ne parlerà ad alta voce».
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