2022-07-04
Altro che tetto al gas, l’Algeria alza i prezzi
Impianto di gas in Algeria (Ansa)
Il tentativo italiano di fissare un valore calmierato è fallito in sede Ue e poi anche al G7. Se ne riparlerà forse a ottobre, intanto arriva la dura realtà. Algeri, che è ora il nostro principale fornitore, rivede all’insù tutti i contratti. Ulteriore colpo che spinge l’inflazione.Le prime mosse del governo per mitigare la dipendenza dal gas russo, all’indomani dello scoppio della guerra tra Mosca e Kiev, hanno portato il nostro Paese a siglare accordi con alcuni Paesi dell’Africa e del Medio-Oriente. L’11 aprile scorso il presidente del consiglio Mario Draghi e l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, hanno firmato un accordo per aumentare le quantità di gas trasportato in Italia attraverso il gasdotto TransMed a partire dal prossimo autunno, con volumi crescenti di metano che raggiungeranno i 9 miliardi di metri cubi di gas all’anno nel 2023-24. Sonatrach, la compagnia statale algerina degli idrocarburi ha fatto però sapere che rialzerà i prezzi del gas nei confronti di tutti i partner commerciali. Lo ha affermato in conferenza stampa il presidente e ad del gruppo, Toufik Hakkar. L’Algeria annuncia anche di aver scoperto di recente un nuovo giacimento ad Hassi R'Mel, nel centro sud del Paese. Un giacimento molto ampio: tra i 100 miliardi di metri cubi (Bcm) ai 340 di Bcm di gas condensato. Se confermata, la stima di 340 miliardi di metri cubi, costituirebbe la principale scoperta degli ultimi 20 anni nel Paese membro del cartello petrolifero Opec e oggi primo fornitore energetico dell’Italia. «Con il nuovo giacimento di gas Sonatrach può immettere, in primo luogo, fino a 10 miliardi di metri cubi in più sul mercato mondiale entro fine anno», ha dichiarato a Djidjelli, spiegando che «le attività di perforazione e scoperta dei pozzi proseguiranno nel 2023». Hakkar ha spiegato inoltre che i volumi delle esportazioni di gas via gasdotto verso l’Italia sono aumentati rispetto alla quantità diretta in Spagna.L’Italia quindi sembra essersi infilata in un grande guaio, almeno su due fronti. Il primo è diplomatico: da alcune settimane le relazioni tra Spagna e Algeria si stanno facendo sempre più tese. A incrinare i rapporti tra Algeri e Madrid è la vicenda del Sahara Occidentale. Le tensioni sono esplose dopo la retromarcia del governo iberico sulla questione saharawi per allinearsi alla posizione del Marocco. Quindi il fatto che il nostro Paese si stia legando così tanto all’Algeria, diventando di fatto il primo acquirente di gas e superando l’alleato europeo, rischia di incrinare i rapporti tra Roma e Madrid. L’altro problema enorme lo abbiamo sul fronte interno, quello energetico. Nel giro di pochi giorni siamo passati da un’ipotesi di tetto al gas per mitigare i prezzi impazziti, alla certezza che la diversificazione di approvigionamento ci costerà ben cara. Sul price cap le speranze di Draghi sono divenute presto delle illusioni. Dopo il G7, infatti, quando si credeva di poter arrivare ad un accordo sul tetto al gas, si è usciti solo con un’idea di intesa sul tetto del prezzo al petrolio, mentre per il resto si è deciso di ridiscuterne a settembre, ottobre, quando ormai rischia di essere troppo tardi. L’Italia fa fatica a trovare alternative alla fornitura di gas russo, la dipendenza è scesa dal 40% al 25%, ma non basta. E se la situazione non dovesse cambiare, le previsioni dicono che rimarrebbe scoperto l’11% dei consumi annui nazionali. Questo nello scenario in cui Mosca non decida di diminuire le forniture o addirittura di staccare la spina.In questo panorama apocalittico si inserisce l’inflazione che ha raggiunto livelli record. In Italia, infatti, abbiamo raggiunto l’8%, valori che non si vedevano dal 1986. Record che probabilmente verrà anche superato. Chi pagherà i danni di questo tsunami economico? L’Italia oggi importa gas attraverso altre 4 principali fonti di approvvigionamento. C’è il Tap che trasporta il gas naturale proveniente dall’Azerbaijan. Ci sono poi le importazioni provenienti dalla Libia, ma l’instabilità del Paese fa sì che a oggi i gasdotti siano addirittura meno pieni di quanto lo fossero nel 2015-2019, trasportando solo un quarto del massimo consentito. C’è poi il gas in arrivo dal nord Europa che però diventerà sempre meno, visto che tutto il continente ne avrà bisogno. I viaggi del governo non si sono limitati all’Algeria, anche se ne è scaturito l’accordo più importante. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è recato anche in Congo per siglare un accordo che prevede lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto (Gnl) con avvio previsto nel 2023 e capacità a regime di 3 milioni di tonnellate all’anno. E, ancora in Qatar, Eni parteciperà allo sviluppo di un giacimento, il più grande al mondo. Si tratta del North Field East, un progetto off shore che il Qatar condivide con l’Iran, nel nord est del Golfo Persico: secondo i piani di sviluppo, che prevedono un investimento pari a 30 miliardi di dollari, la produzione dovrebbe passare dalle attuali 77 milioni di tonnellate all’anno a 126 milioni entro il 2027. E proprio oggi il presidente Sergio Mattarella volerà in Mozambico e Zambia (rientro l’8 luglio), nell’ottica di trovare nuove sponde per far fronte alla crisi energetica. Si tratta sempre di progetti futuri, nulla di concreto nell’immediato, mentre l’inverno si avvicina. E il timore di un razionamento del gas per gli italiani, in questo panorama, rischia di diventare una certezza. Per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma, infatti, Draghi dovrebbe prepararsi al razionamento: «Non prevederlo è un azzardo».
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