2018-06-12
Lady Leopolda indagata per il crac della ditta in affari con mamma Renzi
Lilian Mammoliti, promotrice della kermesse renziana, è accusata di aver truccato i conti della Direkta dopo che questa era fallita. Nella stessa inchiesta, con accuse simili, è coinvolta anche Laura Bovoli.Richiesta di interrogatorio per il capitano Gianpaolo Scafarto: secondo la testimonianza di Filippo Vannoni, che finora non trova conferma, il pm di Napoli avrebbe forzato la mano Henry John Woodcock.Lo speciale contiene due articoliL'inchiesta cuneese sul fallimento della Direkta srl si sta stringendosi sempre più pericolosamente intorno al Giglio magico. I primi indagati sono stati Mirko Provenzano e Erika Conterno, due imprenditori in rapporti di affari con i genitori di Matteo Renzi, Tiziano e Laura. Nel 2015 sotto finiti sotto osservazione anche telefonate mail e sms intercorsi tra la mamma e il papà dell'ex premier e gli indagati. Infine, l'8 febbraio 2018 è stata iscritta sul registro delle notizie di reato, con l'accusa di concorso in bancarotta fraudolenta documentale, proprio Laura Bovoli, per il suo ruolo di amministratrice della Eventi 6, l'azienda dei Renzi. Insieme con lei sono state indagate altre cinque persone, tra cui tre contabili che avrebbero sbianchettato i libri mastri della Direkta prima di consegnarli al curatore fallimentare Alberto Peluttiero. Tra i nuovi sospettati, dopo mamma Laura, il nome che fa più rumore è quello dell'imprenditrice fiorentina Lilian Mammoliti, 44 anni, promotrice dall'inizio del progetto renziano e in particolare ideatrice con la sua agenzia di comunicazione, la Dotmedia, della campagna per le primarie di Matteo Renzi e della Leopolda, la kermesse politica ideata e lanciata nel 2010 dall'ex Rottamatore. Il capitale sociale dell'agenzia, nata nel 2008, è detenuto da quattro soci. Quello di maggioranza, con il 50% delle quote, è proprio la Mammoliti. Della compagine fanno parte anche Alessandro Conticini e Matteo Spanò, entrambi con il 20%, e Davide Bacarella con il 10%. Non c'è niente di più renziano di questa squadra. Conticini, indagato a Firenze per appropriazione indebita, è accusato di aver utilizzato i soldi dell'Unicef per acquistare, tra le altre cose, quote della Eventi 6, tramite il fratello Andrea (marito di Matilde Renzi e cognato dell'ex premier), indagato a sua volta per riciclaggio; Matteo Spanò, ex boy scout, è diventato presidente del Credito cooperativo di Pontassieve in quota Renzi, dopo aver presieduto un'associazione del Comune ai tempi di Matteo sindaco; Davide Bacarella, insieme con Patrizio Donnini, l'ex marito di Lilian Mammoliti, è stato, invece, parcheggiato dal 2014 al 2018 nello staff dell'ex ministro della Difesa Roberta Pinotti. Ma torniamo alla Mammoliti, donna affascinante e dalle molte risorse. La Procura di Cuneo nelle carte ha rilevato i «“rifacimenti contabili" posti in essere dopo la sentenza di fallimento della Direkta srl e prima della consegna dei documenti al curatore fallimentare per azzerare e regolarizzare le posizioni di credito aperte nei confronti delle altre ditte del duo Provenzano-Conterno (…)». E per i pm «tale condotta integra una condotta di bancarotta fraudolenta post fallimentare documentale post fallimentare da attribuire a Provenzano e Conterno quali promotori e dirigenti, Bruno Pagamici quale concorrente, unitamente alla Mammoliti, a Gianluca Bevilacqua e Andrea Monachesi (collaboratori dello studio Seges di Pagamici, ndr) quali materiali esecutori».Provenzano e la Conterno, attraverso la sua Kopy 3, avrebbero coordinato e diretto «l'attività contabile materialmente svolta dalla Mammoliti, formalmente dipendente della Kopy 3» e dagli altri due contabili. I tre nuovi indagati avrebbero azzerato numerosi crediti, per un importo totale di almeno 335.000 euro vantati dalla Direkta verso altre aziende di Provenzano e della compagna Conterno. Avrebbero anche eliminato e sostituito fatture attive emesse dalla Direkta nei confronti di due coop, riducendo il credito di circa 92.000 euro e annullando 80.000 euro di fatturato della Direkta.Di fronte alle ultime evidenze investigative i pm, hanno aggiornato i capi d'imputazione che hanno sinora portato a processo nove persone, tra cui Provenzano e la Conterno, e hanno avviato due nuovi filoni. Il primo riguarda Laura Bovoli, un manager umbro e un commercialista alessandrino; il secondo coinvolge la Mammoliti e i suoi due coindagati. Quest'ultimo fascicolo è stato stralciato e inviato alle procure competenti quelle di Firenze, da dove operava la Mammoliti, e di Macerata, dove ha sede lo studio Seges. Mirko Provenzano in uno dei suoi due interrogatori ha dichiarato: «Confermo di aver provveduto alla rettifica e al completamento della contabilità della Direkta e (…) di aver provveduto alla rettifica della contabilità sebbene non materialmente, ma con l'ausilio di Erika Conterno, Lilian Mammoliti e dello studio Pagamici al fine di consegnare al curatore fallimentare una situazione contabile più corretta possibile». L'8 febbraio scorso, davanti agli investigatori, ha descritto anche gli affari con Donnini e la Mammoliti, i quali, in un momento di grande difficoltà finanziaria, cedettero a Provenzano e alla Conterno due giornalini da loro pubblicati e che erano stati utilizzati anche per lanciare la campagna elettorale di Renzi sindaco. In cambio Provenzano e signora finanziarono con oltre 300.000 euro la Soluzione grafiche sas di Donnini, salvandola. Un'operazione che ha permesso di mettere in sicurezza anche la Web & press che pubblicava i due giornali e che in precedenza era stata utilizzata da Donnini per veicolare finanziamenti a Matteo Renzi. Provenzano ha spiegato così tutti questi intrecci: «In merito alla operazione editoriale in Toscana posso dire che a me e ad Erika Conterno è stata richiesta da Tiziano Renzi la cortesia di risultare quali finanziatori della Soluzioni grafiche Sas. Non so assolutamente perché non abbia finanziato direttamente lui Patrizio Donnini. In tutto questo avevamo intravisto una effettiva possibilità editoriale nelle due riviste. In realtà anziché recuperare l'investimento fatto ci siamo trovati a gestire le due riviste costantemente in passivo» Alla fine quella scelta imprenditoriale si è rivelata «nefasta». Ma perché Provenzano si rivolse alla Mammoliti per sistemare i suoi libri contabili? Questa è la versione che ha dato lui stesso: «L'avevamo scelta perché la gestione della fatturazione e degli incassi delle due testate era una cosa folle perché suddivisa in mille piccoli importi. Il Reporter aveva fatture pubblicitarie di modico importo. Siccome la Mammoliti conosceva l'attività, perché già lavorava con Donnini, l'abbiamo tenuta. Come conseguenza le abbiamo passato anche la contabilità della Kopy 3 Srl e della Direkta Srl». Con i risultati che stanno emergendo. Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lady-leopolda-indagata-per-il-crac-della-ditta-in-affari-con-mamma-renzi-2577378187.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="consip-il-csm-non-molla-woodcock" data-post-id="2577378187" data-published-at="1758181341" data-use-pagination="False"> Consip, il Csm non molla Woodcock Si terrà martedì 19 giugno l'esame del capitano dei carabinieri Gianpaolo Scafarto nell'ambito del processo davanti alla Sezione disciplinare del Csm a carico dei pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano. Anche a lui il collegio di Palazzo dei Marescialli chiederà se l'ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni subì minacce o pressioni affinché facesse il nome di Matteo Renzi nell'ambito dell'inchiesta Consip. L'audizione di Scafarto, ma anche dello stesso Vannoni, è stata ritenuta «indispensabile» dal collegio di Palazzo dei Marescialli che ha accolto la richiesta del Procuratore generale della Cassazione, Mario Fresa. In una precedente udienza al Csm infatti, il capitano della Gdf Sebastiano Di Giovanni e il maresciallo dei Carabinieri Carlo Brachetti avevano smentito che l'interrogatorio di Vannoni si fosse svolto in maniera lesiva della sua dignità. Come lo stesso Vannoni aveva successivamente denunciato di fronte ai magistrati di Roma a cui, nel frattempo, è passata l'inchiesta ormai in fase di conclusione. La Procura generale della Cassazione accusa Woodcock e la sua collega di averlo ascoltato il 21 dicembre 2016 in assenza delle garanzie difensive. Per chiedergli conto se fosse stato proprio lui ad avvisare l'ex ad della centrale di acquisto della pubblica amministrazione, Luigi Marroni, di essere intercettato nell'ambito dell'inchiesta Consip. E soprattutto da chi, dato il suo incarico a Palazzo Chigi e un'antica frequentazione con Matteo Renzi dai tempi dei boy scout, avesse ricevuto quella informazione. Il «tribunale delle toghe», presieduto dal vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, deciderà a seguito dell'udienza del 19 se convocare anche il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi, come richiesto dal difensore di Woodcock, Marcello Maddalena. L'audizione di Scafarto, (riammesso in servizio dopo che la sua posizione è stata alleggerita dal Riesame e dalla Cassazione, ma che resta indagato dalla Procura capitolina con l'accusa di aver manipolato l'informativa conclusiva dell'indagine con l'intento di dimostrare i rapporti illeciti tra l'imprenditore Alfredo Romeo e Tiziano Renzi) è centrale almeno per questo capo di imputazione a carico di Woodcock. Che è accusato anche di scorrettezza nei confronti del suo superiore gerarchico, Nunzio Fragliasso, per le dichiarazioni riportate da Repubblica che avrebbero fatto da benzina nello «scontro» allora in atto tra i pm partenopei e i pm romani. Secondo l'atto di contestazione avrebbe minacciato Vannoni non solo di fargli fare una «vacanza» a Poggioreale. Ma avrebbe anche consentito agli agenti di polizia giudiziaria presenti «di svolgere una molteplicità di domande», per spingerlo a confessare, estorcendogli il nome dell'ex premier Renzi. Circostanza quest'ultima negata risolutamente dal capitano della Finanza Di Giovanni. Che ha poi precisato come l'interrogatorio venne condotto all'80% da Woodcock e per il resto dalla sua collega Carrano, senza che gli agenti potessero intervenire in maniera sostanziale come invece riferito da Vannoni. Che ora dovrà ripetere l'accusa anche al Csm. Ilaria Proietti
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