2025-11-20
Europa costretta a piegarsi alla Cina sui chip
La sede olandese di Nexperia (Getty Images)
Il governo olandese, che aveva espropriato Nexperia, deve a fare una brusca marcia indietro. La mossa ha sollevato Bruxelles visto che l’automotive era in panne a causa dello stop alla consegna dei semiconduttori imposto come reazione da Pechino.Alla fine, la montagna olandese ha partorito un topolino. Dopo settimane di annunci roboanti, dopo aver attivato una legge dell’epoca della Guerra Fredda e aver messo sotto tutela Nexperia (l’ultimo produttore europeo di chip tradizionali, fondamentali per l’industria automobilistica), l’Aia ha fatto marcia indietro. Il governo olandese ha sospeso i suoi poteri speciali e restituito il controllo dell’azienda al proprietario cinese, Wingtech. Tutto archiviato come «gesto di buona volontà», così ha detto il ministro dell’Economia Vincent Karremans in un comunicato uscito ieri mattina. La verità, assai meno elegante, è che l’Olanda è stata costretta a battere in ritirata.Per capire la portata della figuraccia bisogna ricordare com’è iniziata la storia. Preoccupato che le mosse del socio cinese potessero «compromettere la continuità aziendale» (più realisticamente, su pressioni americane), il governo olandese aveva commissariato Nexperia, assumendone il controllo in base alla legge sulla disponibilità delle merci, che risale agli anni Settanta del secolo scorso. Pechino aveva risposto duramente, bloccando le esportazioni di chip dalla fabbrica del Guandong. Nel giro di poche settimane, Honda, Volkswagen e mezzo settore automotive europeo si sono trovati in carenza di chip, con i magazzini in rapido svuotamento e i prezzi in altrettanto rapida salita, con seri rischi di blocco totale della produzione. Da lì la retromarcia.La Cina, senza troppo sforzo, ha mostrato agli europei quanto possa essere difficile perseguire la presunta autonomia strategica dell’Unione. Gli olandesi, soverchiati dal panico che si stava diffondendo nell’industria automobilistica e dalle pressioni della Germania, hanno mollato il punto, revocando il controllo statale dell’azienda e promettendo un «dialogo costruttivo» con la Cina.La vicenda Nexperia dimostra che se non si è in grado di reggere lo scontro, è meglio evitare di aprirlo. La Cina è un monopolista di fatto di molti materiali necessari all’Europa, che semplicemente non ha concreti strumenti da contrapporre nel caso di tensioni diplomatiche serie. Non stupisce che, nel frattempo, da Bruxelles arrivino dichiarazioni più o meno allarmate. Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, ha detto due giorni fa che i legami economici con la Cina impediscono all’Ue di fare pressioni su Pechino perché smetta di aiutare la Russia in Ucraina. Senza l’appoggio cinese, sostiene Kallas, la guerra sarebbe già finita, ma l’Ue non può sanzionare la Cina, perché Pechino controlla le sue catene di approvvigionamento e, come dimostra il caso Nexperia, in pochi giorni il sistema industriale europeo rischia il collasso. «La Cina potrebbe anche danneggiarti, ed è questo il problema», ha detto Kallas. Anche dal mondo dell’industria, però, crescono le pressioni. Richard Holtum, ad di Trafigura, due giorni fa dalle colonne del Financial Times ha lanciato un avvertimento sul fatto che l’Europa sia drammaticamente indietro nel processo di riduzione della dipendenza dalla Cina nei mercati dei metalli critici e raffinati. Senza germanio, gallio, antimonio e una lunga lista di materiali sporchi ma indispensabili, non esistono semiconduttori, intelligenza artificiale, energia rinnovabile, difesa. L’industria europea rischia la paralisi in caso di blocco delle forniture dalla Cina.La questione ruota soprattutto attorno alla Germania. Berlino non può permettersi né un confronto frontale con Pechino né una riduzione significativa dei rapporti economici. Tanto è vero che la Volkswagen ha da poco annunciato nuovi investimenti in Cina, mentre il ministro delle Finanze Lars Klingbeil è volato a Pechino per chiedere «accesso affidabile» ai metalli critici.L’Ue, insomma, resta prigioniera degli interessi tedeschi e schiacciata dalle pressioni americane.Scoppia intanto il caso cobalto. La Commissione Ue vuole fissare un limite massimo di esposizione a 0,01 mg/m³ di particelle di cobalto, una soglia che, nelle intenzioni, dovrebbe tutelare la salute dei lavoratori. L’industria chiede 0,02 mg/m³ mentre in Cina il limite è 0,05 mg/m³. Le aziende europee avvertono che norme troppo rigide accentueranno la dipendenza da Usa e Cina. L’Ue insomma deve stabilire quale è il limite massimo di avvelenamento da cobalto che possiamo sopportare per produrre batterie e auto elettriche. Ma non doveva essere green e pulita, questa transizione?
Lockheed F-35 «Lightning II» in costruzione a Fort Worth, Texas (Ansa)
Roberto Cingolani, ad e direttore generale di Leonardo (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 20 novembre 2025. Con la nostra Flaminia Camilletti riflettiamo sul fatto che Francesco Saverio Garofani dovrebbe dimettersi dopo lo scandalo del Quirinale.
Il caso Garofani non si sgonfia, anzi esplode. Belpietro ricostruisce come la notizia sia stata verificata e confermata dallo stesso consigliere del Quirinale, mentre parte della stampa tenta di minimizzare e attaccare chi l’ha pubblicata. Padellaro, da sinistra, lo riconosce: è una notizia vera e grave. E allora la domanda resta una: com’è possibile che un uomo così vicino al Colle parli apertamente di scossoni politici e listoni anti-Meloni?