
A parte l'intesa bilaterale tra Ue e Usa su acciaio e alluminio, il vertice capitolino è stato inconcludente. E sul clima le buone intenzioni e gli idealismi non hanno prodotto nulla di concreto.A parte qualche promessa sui vaccini e la ratifica dell'accordo sulla minum tax, il risultato più importante raggiunto dal G20 di Roma è stato l'aver deciso con l'intesa bilaterale tra Usa ed Europa una progressiva cancellazione dei dazi su acciaio e alluminio. Sul clima, invece, il «successo» citato dallo stesso Mario Draghi pare assai più evanescente. Certo, portare nella Nuvola di Fuksas i leader del pianeta e gettare le basi di una linea comune per gestire il livello del clima sul pianeta fra trent'anni non è mica uno scherzo. Nemmeno Draghi, quindi, poteva fare miracoli. E non li ha fatti. Lo stesso obiettivo di vincolare i capi delle principali economie del mondo a raggiungere la neutralità climatica - cioè un saldo zero di emissioni nette - entro il 2050, e a mantenere entro la stessa data l'aumento di temperatura globale medio al di sotto di 1,5 °C, come deciso a Parigi, non è stato raggiunto. Idem per la possibilità che Draghi riuscisse a ottenere la riduzione del 30% delle emissioni di metano entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2020). Al momento, secondo il rapporto dell'Ipcc, il gruppo intergovernativo di esperti in cambiamenti climatici, emettiamo 40 miliardi di tonnellate di gas serra all'anno e siamo sulla traiettoria di un aumento medio della temperatura di 3,3 gradi centigradi rispetto ai livelli del 1880. Nel periodo 1850-2019, sono state emesse 2.400 miliardi di tonnellate di carbonio di origine antropica. Se si vuole rimanere entro 1,5 gradi ne rimangono a disposizione 400-500 miliardi che si possono emettere fino al 2050. Non c'è una data precisa per il raggiungimento dell'obiettivo Net Zero (zero emissioni nette). La data del 2050 è stata sostituita da un più generico «entro o attorno a metà secolo». È inoltre un po' vago fare promesse a trent'anni quando gran parte dei grandi presenti sabato e domenica a Roma non saranno più fisicamente sulla Terra. Così come è altrettanto curioso definire «di successo» un summit dove ha pesato molto la voce (e i numeri della popolazione rappresentata) di chi non c'era, rispetto a quella di chi c'era. Ovvero di Xi Jinping e Vladimir Putin. Non a caso, ieri, sulle pagine del Corriere della Sera, a raffreddare un po' l'entusiasmo dei lirismi draghiani è stata l'intervista del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. «Il 2050 non è un numero magico, se è un'ambizione dell'Unione europea, anche altri Paesi hanno diritto ad avere ambizioni», ha risposto. «Quanto al comunicato, noi apprezziamo il lavoro della presidenza italiana che è riuscita a portare a termine il negoziato con un accordo, ma avremmo preferito che la bozza originale ci fosse stata consegnata prima. La ragione di questo ritardo è stata che prima l'hanno discussa i Paesi del G7 e poi hanno cominciato a farla circolare. Ecco perché conteneva la data del 2050. Ma è stato un comportamento non esattamente educato. E se i media italiani presentano come verità finale l'ambizione di Ue e Usa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ho paura che questo non sia giusto e rispettoso verso tutti gli altri membri del G20. Noi non ragioniamo per slogan o ambizioni, guardi a cosa è successo all'ambizione dell'Unione europea di fare a meno dei gasdotti russi». E conclude: «Noi abbiamo razionalmente calcolato che raggiungeremo la neutralità carbonica entro il 2060 e lo faremo». In una parola, il gelo. Non solo diplomatico. Perché la Russia starebbe chiudendo i rubinetti di trasmissione all'Ue per aprirli alla Cina. Gazprom ha reso noto che le forniture a Pechino tramite il gasdotto Power of Siberia, il più grande sistema di trasporto di materia prima nella Russia orientale, hanno stabilito un nuovo record il 31 ottobre ed erano superiori di oltre il 19% su base giornaliera. Secondo Bloomberg, i flussi russi in Germania che attraversano un gasdotto importante hanno invertito la rotta e sono scesi a zero durante il fine settimana. La trasmissione di gas che entra a Mallnow, in Germania, è scesa a zero sabato, secondo i dati del gestore di rete Gascade. Il gasdotto Yamal-Europa stava comunque inviando gas verso Est dalla Germania in direzione della Polonia, anche se a un ritmo inferiore.Nel frattempo, poco si è mosso col G20 rispetto agli obiettivi dell'Accordo di Parigi del 2015, anche se si annuncia la fine dei finanziamenti statali alle centrali a carbone entro la fine del 2021. «Abbiamo gettato le basi per una ripresa più equa e trovato i nuovi modi per sostenere i Paesi nel mondo«, ha affermato Draghi, spiegando che «609 miliardi sulla base dei diritti speciali di prelievo sono dedicati per la prima volta ai Paesi più vulnerabili». In chiusura del vertice il premier ha poi annunciato che l'Italia «triplicherà l'impegno finanziario a 1,4 miliardi l'anno per i prossimi 5 anni» a beneficio del fondo green sul clima. Ma sullo sfondo, sul clima, resta il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle diverse circostanze nazionali.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






