2024-01-29
«L’accordo Chiesa-Cina? Controverso»
Parla Padre Luigi Bonalumi rettore del seminario del Pime, il primo istituto missionario italiano: «Ci aspettavamo di più dal patto con Pechino. I nostri giovani studenti sono rimasti perplessi dal dibattito sulla benedizione alle coppie gay».Padre Luigi Bonalumi, classe 1956 di Mapello, nella bergamasca, ha passato oltre vent’anni di missione nell’ex colonia britannica di Hong Kong. Attualmente è il rettore del seminario teologico internazionale del Pime (Pontificio istituto missioni estere) a Monza. Prima di partire per l’Africa per un corso di aggiornamento, ha accettato di farsi intervistare dal nostro giornale.Cosa è il Pime, oggi?«Il Pime è il primo istituto missionario italiano; siamo nati nel 1850 come Seminario lombardo per le missioni estere e, per questo motivo, rimaniamo molto legati alla Lombardia e alla Diocesi di Milano. L’istituto è nato sull’onda dello spirito missionario dell’Ottocento. Ci siamo orientati fin da subito verso l’Asia e l’Oceania, le prime missioni sono state fondate lì. Dopo la Seconda guerra mondiale ci siamo rivolti anche all’Africa e all’America Latina; per questo oggi possiamo dire di essere anche noi un istituto davvero internazionale, ormai. Anche i membri che compongono il Pime prima erano solo italiani mentre adesso sono in buona parte provenienti da vari continenti e Paesi. Qui abbiamo 54 seminaristi che provengono da undici Paesi extraeuropei, in particolare dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina. Chi viene al Pime sa che farà il missionario fuori dal proprio ambiente di origine: la nostra vocazione è quella di annunciare il Vangelo in ambienti e culture che ancora non l’hanno ricevuto. Noi amiamo definire il nostro carisma missionario con quattro caratteristiche precipue: ad gentes, ovvero la nostra azione è rivolta a persone non cristiane; ad extra, ovvero fuori dalla propria cultura, lingua e nazione; ad vitam, che significa che la missione non dura solamente qualche anno, ma tutta la vita; e in unum, ovvero lavoriamo come comunità e non come singolo, in comunione profonda con la chiesa locale. Sono stato per 25 anni in Hong Kong, sono tornato in Italia per svolgere un servizio temporaneo in seminario, poi tornerò nella missione da dove sono venuto».Cosa rappresenta il Pime per la Chiesa?«Come altri istituti missionari collaboriamo con i vescovi e le chiese che ci sono, anche embrionali, nei Paesi dove siamo mandati. Aiutiamo la formazione e il consolidamento della chiesa locale, finché c’è bisogno. Quando questa è cresciuta e consolidata, noi andiamo da un’altra parte».Come viene formato e chi è oggi un missionario del Pime? «Vi è un aspetto accademico che è affidato alla nostra scuola di teologia, che dal 1974 opera qui a Monza e che, dagli anni Novanta, è affiliata con l’Università urbaniana di Roma. Dopo un primo anno dedicato allo studio della lingua e cultura italiana, il curriculum prevede tre anni di studio della teologia che portano al baccalaureato, ai quali si deve poi aggiungere un anno pastorale-missionario. Essendo un istituto missionario, nel curriculum si è dato spazio anche all’insegnamento delle tradizioni religiose orientali, africane, musulmane. Questo permette loro di inserirsi nelle zone di missione dove saranno destinati. I giovani, prima di arrivare qui al Pime, sono già stati formati nei seminari dei loro Paesi d’origine. Noi cerchiamo di far sperimentare loro che cosa vuol dire vivere in comunità con studenti di altre culture, altre lingue, provenienti da varie esperienze di chiesa. Qui in seminario durante i fine settimana vanno in comunità parrocchiali limitrofe e, quindi, sperimentano e vivono un altro modello di vita ecclesiale, quella ambrosiana prevalentemente. Infine, dopo la formazione qui a Monza, vanno in missione, e si inseriscono in una comunità ecclesiale ancora diversa, in quella della missione. Affrontano, per così dire, tre cambiamenti e proprio per questo devono essere flessibili per poter attecchire nelle varie chiese che incontrano». Quali sono le difficoltà che incontrano questi ragazzi?«Quando arrivano da noi, non è raro che abbiano dei pregiudizi nei confronti di coloro che provengono da altre culture, ma devono superarli perché poi dovranno andare a lavorare in altre culture, con confratelli di altri Paesi. Uno dei blocchi che troviamo più spesso quando arrivano i nuovi studenti è il timore reverenziale nei confronti di chi ha un’autorità. Col tempo occorre acquisire una libertà interiore sufficiente in modo che il rapporto formatori-studenti sia davvero abitato dalla presenza dello Spirito Santo. E poi, sembra una banalità, ma c’è tutto un lavoro di consolidamento vocazionale da compiere: un giovane deve avere la passione per Cristo, cioè di comunicare il suo Vangelo: senza questo afflato manca del tutto qualsiasi slancio missionario». Le recenti aperture di papa Francesco, non ultima quella sulla benedizione delle coppie omosessuali, hanno creato polemiche e divisioni all’interno della Chiesa. L’assemblea delle conferenze episcopali africane ha all’unanimità messo nero su bianco che non intende seguire questi consigli. Tutto questo si riverbera anche sull’insegnamento qui al Pime?«Il documento Fiducia supplicans sulla benedizione delle coppie irregolari e omosessuali ha suscitato tanto clamore. Per quanto riguarda la pastorale delle coppie irregolari, che nelle missioni sono pane quotidiano (ma oramai anche qui da noi in Italia) posso dire la mia esperienza. Ho fatto il parroco ad Hong Kong e tutti i giorni ho avuto a che fare con persone divorziate e poi risposate, matrimoni misti o catecumeni con alle spalle matrimoni celebrati secondo i riti tradizionali, o con situazioni di coppia alquanto complesse. Ho sempre cercato di dare loro, in qualche modo, la possibilità di partecipare alla liturgia, alla catechesi e alla vita della comunità cristiane. Per la disciplina della Chiesa non si potevano ammettere ai sacramenti e questa è la dottrina. Ma tra il dare il sacramento e il non dare niente, vi è spazio per un discernimento pastorale, comprese le benedizioni, che sono sempre rivolte per il bene delle persone. Per quanto riguarda le aperture sulle coppie omosessuali, il riverbero qui in seminario c’è: i giovani leggono cosa dicono le chiese d’origine. Per esempio, alcuni studenti dell’Africa sapevano, ancor prima che venisse diffuso il documento di tutte le conferenze episcopali africane, quello che era l’orientamento della conferenza episcopale del proprio Paese. E ne abbiamo discusso qui, con alcuni di loro. Il 5 febbraio ci sarà un esperto in materia che, insieme a un nostro professore di liturgia, terrà un incontro formativo a tutta la comunità proprio su questi temi. A me sono capitati dei giovani omosessuali, mentre ero a Hong Kong, che cercavano sostegno e accoglienza, e dicevo loro: non posso approvare la tua unione, non posso dire che va tutto bene, ma ciò non significa che ci sia disistima, o non puoi più pregare con noi o partecipare alle attività della comunità. La semplice benedizione richiesta da persone, battezzate o no, credenti di altre fedi, o che vivono in situazioni di coppia irregolari, non l’ho mai negata a nessuno. Le conferenze episcopali africane hanno detto che le benedizioni alle coppie omosessuali proposte da Fiducia supplicans non possono essere attuate in Africa “senza esporsi a scandali”, mentre altre conferenze episcopali hanno usato toni diversi. Questo fatto, tra l’altro, mette in risalto il ruolo importante delle conferenze episcopali, che fanno discernimento sulla situazione della loro chiesa nei vari continenti e Paesi. I giovani seminaristi vedono tutte queste varie posizioni ma non mi pare pensino che sia una frantumazione della communio ecclesiale. Sperimentano, invece, quella diversificazione della pastorale che non inficia la dottrina, che è una e una soltanto. Su internet vedono e leggono le posizioni estreme riguardo a queste benedizioni, da una parte e dall’altra, e restano perplessi. Ecco il motivo per cui abbiamo pensato ad un incontro formativo sul tema».Cosa deve fare, oggi, un missionario? Quali emergenze deve affrontare? Che tipo di difficoltà incontra generalmente?«È cambiata la missione, non è più quella del 1800 quando siamo nati. A quel tempo si partiva quasi da zero in un territorio dove si veniva assegnati. Adesso c’è sempre e ovunque una chiesa locale con cui collaborare e servire. Quando sono partito per Hong Kong non c’erano telefoni cellulari e internet. Oggi, con il cellulare, si è sempre collegati con la propria famiglia e con gli amici e il processo di inserimento è diverso. Io facevo una telefonata a casa una volta al mese, ed era già molto. Oggi con il cellulare, non appena scendi dall’aereo, puoi comunicare in diretta l’arrivo in missione ai tuoi di casa. Ci sono lati positivi, certo, ma anche pericoli perché questo non ti fa mettere in gioco al 100%. I nostri missionari possono andare in Giappone, in Algeria, in Messico o nella lontanissima Papua Nuova Guinea. C’è chi viene inserito nella pastorale delle parrocchie, chi è chiamato a insegnare, chi a sostenere progetti di sviluppo sociale. È difficile prepararli su tutto: qui a Monza li formiamo e gli diamo gli strumenti essenziali per sapersi orientare. Poi dovranno crescere e fiorire dove verranno mandati».Crede che l’accordo sino-vaticano sia lo strumento giusto per regolarizzare i rapporti tra Pechino e la Santa Sede? «È stato un accordo controverso. Certamente si sperava che grazie a questo accordo ci potessero essere risultati migliori e questo, risultati alla mano, non è stato possibile. La domanda da fare è: dobbiamo gettare la spugna e non tenere aperto un canale di dialogo oppure tenerlo aperto comunque? C’erano tante speranze all’inizio, ci sono molte sedi episcopali vacanti in Cina, ma ora sembra che tutto sia un po’ fermo. Rimane, comunque, una chiesa vivace quella cinese, soprattutto grazie alle donne e ai giovani».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.