2018-06-30
L’accoglienza alla milanese fa flop
Rifiutate sei domande di asilo su dieci. Il tribunale è ingolfato dai ricorsi: i giudici, invece di sveltirle, «congelano» le pratiche. A Milano, sei richieste d'asilo su dieci vengono rigettate. I dati si trovano nel bilancio di responsabilità sociale del tribunale ddel capoluogo lombardo, che dedica un approfondimento specifico al tema della protezione internazionale. Le richieste respinte, nel dettaglio, sono 59 su 100, mentre una volta su quattro viene concessa la protezione umanitaria, nel 7% dei casi è assegnata quella sussidiaria e soltanto nel 9% dei casi si riconosce lo status di rifugiato. Il documento ricorda come, secondo i dati del ministero dell'Interno, «la sola Lombardia nel 2017 abbia accolto il 14% dei migranti nelle strutture del proprio territorio (per un totale di 26.519 persone accolte) e tale dato si riflette indubbiamente sulle richieste di asilo alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, in costante aumento». Si fa notare, inoltre, che «i tribunali competenti sono destinatari di un flusso sostanzialmente stabile di ricorsi avverso le decisioni delle commissioni territoriali, con implicazioni che hanno richiesto un intervento di ridefinizione istituzionale e organizzativa». Nel linguaggio paludato dei giudici, significa che, sostanzialmente, non ce la fanno più, le richieste d'asilo sono troppe. Problematica non solo milanese, peraltro. E infatti si invoca un «cambio di passo». Peccato che siano stati proprio i giudici del tribunale di Milano, solo qualche giorno fa, a scagliarsi contro il decreto di Marco Minniti e Andrea Orlando, che prevedeva l'abolizione dell'appello per i ricorsi relativi alle richieste di protezione dei richiedenti asilo. I magistrati meneghini hanno interpellato la Corte di giustizia europea chiedendo di chiarire se la sola decisione dei tribunali ordinari possa da sola portare alla bocciatura della richiesta prima che intervenga la Cassazione. Proprio per superare l'impasse sulle pratiche per gli aspiranti rifugiati, infatti, il precedente governo aveva tolto un grado di giudizio ai richiedenti asilo. I giudici milanesi, dunque, hanno scelto di interpellare la i colleghi europei della Corte di giustizia lussemburghese, a cui hanno posto una «questione pregiudiziale». La risposta dovrebbe arrivare tra qualche mese, circa otto, secondo le previsioni, e fino ad allora il tribunale di Milano concederà ai migranti la sospensione delle espulsioni dei clandestini che sono in attesa della decisione della Cassazione. Nello specifico, i giudici milanesi si erano convinti che la norma italiana non rispettasse alcuni principi «che rappresentano le “pietre angolari" del diritto dell'Unione Europea». In particolare, erano state sollevate tre obiezioni. La prima: per i magistrati la legge «viola il diritto ad un rimedio effettivo», perché il migrante espulso prima del giudizio della Cassazione non può impostare adeguatamente la sua difesa. In secondo luogo, per le toghe il giudice che decide di rigettare il ricorso non può essere lo stesso che stabilisce se esistono o meno i «fondati motivi» per far rimanere in Italia il clandestino. Terzo, la norma provocherebbe una differenza di trattamento tra chi, in caso di «pericolo di danni gravi e irreparabili», si vedrà sospendere gli effetti della sentenza di primo grado e chi ha invece bisogno di «fondati motivi» di accoglimento. Per queste tre ragioni, il tribunale di Milano non farà più espulsioni in assenza di condanne in Cassazione. Anche l'Associazione nazionale magistrati aveva espresso «un fermo e allarmato dissenso» rispetto alla nuova legge, ritenendo che producesse «l'effetto di una tendenziale esclusione del contatto diretto tra il ricorrente e il giudice». La sostanza, tuttavia, è che lo stesso tribunale che si lamenta di essere ingolfato per le troppe richieste di asilo da parte degli immigrati, si attiva contro le decisioni prese dal precedente governo proprio per snellire il loro lavoro.