Tories e Reform Uk insieme hanno 11 milioni di voti. Ma Keir Starmer ha la governabilità che in Italia è considerata a rischio fascismo.
Tories e Reform Uk insieme hanno 11 milioni di voti. Ma Keir Starmer ha la governabilità che in Italia è considerata a rischio fascismo.Come ha spiegato ieri sulla Verità Mario Giordano, la sinistra italiana va fortissimo, ma solo all’estero. Da anni, infatti, non c’è vittoria fuori dai confini nazionali di cui i compagni, pur non potendo vantare alcun merito, non si approprino. L’ultima è quello di Keir Starmer, leader dei laburisti inglesi. Ancora non era stato ufficialmente dichiarato il successo dell’avvocato londinese prestato alla politica, che già nel Pd c’era chi esultava immaginando di poter copiare la via britannica al socialismo. Negli anni abbiamo visto passare terze e quarte vie e, di volta in volta, in Italia i politici stranieri da cui trarre ispirazione per vincere le elezioni sono stati Bill Clinton, Tony Blair, José Luis Rodríguez Zapatero, Luiz Inácio Lula da Silva, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez. Tutto ciò sebbene a largo del Nazareno (e prima ancora a Botteghe Oscure) la sinistra nostrana, da sola, non sia mai riuscita a vincere un’elezione. Negli ultimi trent’anni, per riuscire a governare, i compagni si sono nascosti dietro la faccia da mortadella di Romano Prodi, oppure sono stati costretti a ricorrere a espedienti come gli esecutivi di unità nazionale, affidandosi a tecnici tipo Mario Monti e Mario Draghi e rinviando a data da destinarsi le elezioni.Dunque, è facile comprendere che, appena diffusi i primi exit poll sul voto nel Regno Unito, a sinistra siano andati in deliquio, manco avessero visto risorgere Che Guevara. Sono anni che sognano una vittoria piena e dal giorno della fondazione del Pci fino a quello della Rifondazione del Pd non è mai accaduto. Quindi, messo da parte Joe Biden, che sembra avviato a una triste uscita di scena, tumulati dagli elettori sia Macron sia Olaf Scholz, e un po’ in affanno Sanchez dopo la sentenza che annulla l’amnistia al capo degli autonomisti catalani, al Pd non rimane che guardare alla stella polare di Starmer, nella speranza che almeno quella lo porti per una volta, senza aiutini o camuffamenti, a Palazzo Chigi. Tuttavia, spiace deludere i vari esponenti del Partito democratico che si sono rallegrati per il successo laburista ma, a ben guardare i numeri in Inghilterra, non c’è stato il trionfo descritto da stampa e tv.Infatti, se si leggono i dati nudi e crudi, si capisce che la Gran Bretagna non ha svoltato a sinistra, ma ha affidato la guida del Paese a Starmer per un paio di motivi. Il primo si chiama Nigel Farage che, tra i due principali partiti britannici in queste elezioni, si è rivelato il terzo incomodo. Pompato da giornali e trasmissioni televisive, l’originale leader di Reform Uk non ha ottenuto di scalzare i Tories dal cuore dei moderati britannici, tuttavia è riuscito a farli perdere. Infatti, il 4 luglio i laburisti hanno ottenuto un successo di seggi grazie a 9,7 milioni di consensi, contro i 6,8 ottenuti dai conservatori. Ma se Farage non fosse stato in campo, i 4,1 milioni conquistati da Reform Uk, quasi tutti sottratti ai Tories, avrebbero forse assegnato la vittoria alla destra.Certo, la storia non si fa con i se e, dunque, Starmer è portato in trionfo, soprattutto in Italia. E però, per capire che non si tratta di quella rivoluzione politica accreditata a casa nostra, o meglio, in quella del Pd, è sufficiente mettere a confronto i voti del 2019 con quelli di oggi. Cinque anni fa il partito guidato da Jeremy Corbyn perse le elezioni con 10,2 milioni di consensi, quasi uno in più di quelli ottenuti dall’attuale leader del Labour (va detto che l’affluenza allora fu maggiore). Però, ancor più interessante è il confronto con il numero di elettori in valore assoluto, perché aiuta a capire come ciò che va bene in Gran Bretagna, perché vince la sinistra, non vada bene in Italia, perché vincerebbe il centrodestra. Come detto, ad aver votato per Starmer sono stati meno di 10 milioni di inglesi, pari a circa un quinto degli aventi diritto al voto.La percentuale di consensi sale se si tolgono dal conteggio gli elettori che hanno scelto di restare a casa. Infatti si arriva al 33% che, comunque, resta lontano dal 50 più 1. Tuttavia, nonostante i voti ottenuti siano appena un terzo del totale, il Labour ha una rappresentanza in Parlamento che consegna a Starmer una maggioranza assoluta.Attenzione, non voglio contestare il sistema inglese. Ognuno si sceglie il meccanismo elettorale che vuole. Voglio solo dire che il Pd e i suoi compagni di viaggio applaudono alla vittoria di Starmer che è ottenuta grazie a una legge che somiglia molto a quel che in Italia la sinistra ritiene l’anticamera del fascismo. In Gran Bretagna gli elettori possono scegliersi il premier che desiderano e, in questo modo, concedono al partito vincente un premio di maggioranza che consentirà all’esecutivo di governare senza problemi.Però, ciò che appare una cosa meravigliosa sul Tamigi, è avversata sulle sponde del Tevere. Ora, va bene il trasformismo, che ha consentito al Pd e ai suoi alleati di governare per due terzi degli ultimi trent’anni, però, compagni, almeno una volta po’ di coerenza non guasterebbe. Altrimenti prima o poi nessuno, neppure fra i vostri elettori, vi crederà più quando aprite bocca.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






