2021-05-04
La vera censura è contro chi difende la famiglia e si oppone al bavaglio Lgbt
Mentre Fedez può fare propaganda gender sulla rete pubblica e lagnarsi di tentato oscurantismo, agli esponenti pro vita vengono preclusi ogni palco e programma tv.La censura ha una lunga storia che non possiamo sintetizzare in poche righe. Ma possiamo prendere un riferimento storico a noi ancora relativamente vicino, quello del ventennio del regime fascista (1922- 1944). Certamente non fu il fascismo a inventare la censura, che gli pre-esisteva da lunghissimo tempo (basti ricordare il Congresso di Vienna), ma è certo che il regime inasprì fortemente tutti gli aspetti che riguardavano il serrato controllo della pubblica opinione, al punto da istituire un ministero ad hoc, il Min.Cul.Pop, Ministero della Cultura Popolare, con lo scopo di creare archivi nazionali e locali in cui ogni cittadino veniva catalogato e classificato a seconda della sue idee e opinioni. Si chiama «schedatura», cioè una vera lista di proscrizione in cui inserire ed evidenziare i nemici del regime. Le «leggi fascistissime» furono la grande operazione legislativa- politica che consentì di costruire uno Stato di polizia, che annullava ogni possibilità di libertà di pensiero. Questo accade sul versante di destra, ma certamente non meno - anzi ancora peggio - avvenne sul versante di sinistra: basti pensare a personaggi come Trotzky, Lenin e a quel «mostro» di disumanità che fu Joseph Stalin. Se le nefandezze del comunismo reale non devastarono l'Italia il merito è tutto dell'argine politico-istituzionale che Alcide De Gasperi seppe costruire, con coraggio e tenacia, e con l'aiuto degli Stati Uniti. Nel 1948 viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, che all'articolo 21 dichiara: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione… Sono vietate le pubblicazioni a mezzo stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume». Arriviamo, dunque, ai nostri giorni e alla faccenda Fedez/Rai. Ogni forma di censura è certamente incompatibile con la società democratica che, per sua natura, deve accogliere e difendere il valore della pluralità di pensiero e di opinione che caratterizza la convivenza di sentimenti, tradizioni, valori sociali e religiosi fra loro molto diversi e diversificati. Ma trovo paradossale che un personaggio come Fedez indossi l'abito della vittima della censura dopo che ha avuto a disposizione un palco fisico e mediatico di proporzioni enormi per divulgare il suo personale pensiero su un disegno di legge che è la quint'essenza dell'imposizione di un pensiero unico in ordine a temi di enorme valore etico e antroplogico, come l'identità di genere e l'insegnamento scolastico delle teorie di gender che queste assurdità sostengono. Il vero problema non è l'ipotetica censura data a Fedez, ma la concreta e reale censura di cui di fatto soffrono gli oppositori al ddl Zan, che - se pur citati per nome e cognome, additandoli con ogni genere di epiteti dispregiativi - non hanno la possibilità di ribattere con altrettanta diffusione mediatica. Non mi risulta che ad Andrea Ostellari, Simone Pillon, Jacopo Coghe sia stata data altrettanta libertà di esprimere il proprio pensiero attraverso quel canale mediatico che si chiama «servizio televisivo pubblico», finanziato dai soldi di tutti gli italiani. Compresi quelli che non hanno neppure la piccola soddisfazione di vedersi rappresentati nel loro pensiero, nelle loro idee, opposte a quelle di Fedez e compagni. Del resto, per quei pochissimi che ancora credono nella buona fede della cabina di regia che guida il pensiero unico, basta ricordare quanto discusso e osteggiato è questo disegno di legge, si badi bene non dalla destra sovranista di Salvini o Meloni, bensì da notissimi esponenti del mondo culturale della sinistra e delle stesse associazioni LGBT, personaggi distanti anni luce rispetto al nostro pensiero. Aurelio Mancuso, Giorgio Benvenuto, Beppe Vacca, Emma Fattorini, Francesca Izzo, Cristina Comencini, Efe Bal, Paola Concia, Giuseppe Cruciani, Platinette… magari ricordando che sono state raccolte ben 161 firme di politici, intellettuali, uomini e donne dell'area di sinistra «da sempre schierati in battaglia contro ogni discriminazione», come si cita nel documento, che prosegue «con amarezza rileviamo che questo ddl si è trasformato in un manifesto ideologico, una legge scritta male, pericolosa, con conseguenze contrarie all'articolo 3 della Costituzione e alla legge 164/82 (sulla transizione di sesso, nda) introduce una confusione antropologica… propaganda di parte nelle scuole a favore della maternità surrogata e l'esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi...». Ma, il peggio di questa «dittatura» che vieta ogni confronto democratico ad armi pari, ogni contradditorio, «sale» della comunicazione neutrale e liberale ( ce lo ricordò nientemeno che Marco Pannella!) ci è venuto dai servizi che proprio in Rai stanno susseguendosi alla vicenda di cronaca. Ieri sera Rai 3, stamane Rai Radio Uno - per non citare la puntata di Che tempo che fa, di Fabio Fazio, qualche giorno passato - in cui il ddl Zan viene presentato al grande pubblico come la «panacea» della lotta contro violenza, bullismo, discriminazione verso le persone omosessuali. Tutto questo è falso, perché nel nostro Paese tutte le norme legislative e penali che condannano e sbattono in galera i delinquenti che fanno azioni del genere già ci sono e sono ben operanti. Al punto che tutti questi «imbecilli violenti» sono già ospiti da tempo delle patrie galere! Dunque, ancora una volta, informazione balorda, volutamente incompleta e di parte, senza alcun confronto pubblico. Nel 2016 il Family Day mobilitò due milioni di persone al Circo Massimo sui temi della difesa della famiglia naturale e della libertà di educazione, ma non un solo rappresentante di quel grande mondo è stato invitato a parlare in qualche talk show in cui si affrontano questi temi. Anzi, si permette ad una signora di nome Luciana Littizzetto di fare ironia e sarcasmo su un senatore della Repubblica, storpiandone addirittura il cognome, da Pillon a «pirlon»! Per il senatore in questione è un «onore» essere attaccato da tanta miseria intellettuale e da tanta maleducazione sociale, ma resta il fatto in sé: da una parte tutto è legittimo, perfino l'offesa personale senza possibilità di difesa; dall'altra scatta la vera «censura» che oscura ogni canale a chi «osa» pensare diversamente, portando fatti non slogan. Fedez censurato? Se è così, il mondo della cultura pro family non è più che censurato, è vergognosamente proscritto! Chi davvero sostiene i valori democratici, ed ha la responsabilità di una comunicazione onesta, ci metta a confronto, perché questo è il discrimine fra la dittatura e la democrazia, questa è il vero contrasto alla censura.