2023-11-03
La Venerabile armata solo della fede che cambiava la vita alle prostitute
Esce la biografia della serva di Dio Adele Bonolis. Visse nella Milano di Schuster, Montini e Colombo, di cui era amica. Devota a San Francesco, ridava dignità a meretrici, carcerati e malati, fondando case di cura.vescovo emerito di Reggio Emilia Adele Bonolis è stata proclamata Venerabile da papa Francesco nel mese di gennaio 2021. Un riconoscimento importante per la Chiesa tutta e per quella ambrosiana in particolare. Donna del Novecento e donna di fede, ha attraversato il fascismo, vissuto la Liberazione, si è spesa nella carità dall’immediato dopoguerra fino alla sua morte nel 1980.Una vita intensa contrassegnata dalla semplicità e dall’obbedienza: discuteva ogni sua scelta con i suoi confessori e con i suoi tre arcivescovi, che la stimavano molto. Figure chiave per la città di Milano in quei tornanti della storia: il cardinal Ildefonso Schuster, il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e il cardinale Giovanni Colombo.Con ciascuno di loro era familiare. L’arcivescovo Montini arrivò a chiederle personalmente di fondare un’opera per i carcerati e la sostenne economicamente come si legge nel libro. Ripenso oggi a questa Serva di Dio e mi sento di dire che fu una donna vera. Scoprendo l’ideale per cui era nata, vi aderì totalmente. È il tratto tipico dei santi: umilmente seguono Dio attraverso un cambiamento di sé. Donna semplice e straordinaria. Donna povera che non ha mai considerato nulla come proprio, ma tutto come ricevuto dal suo Signore, sempre invocato e atteso in ogni istante, anche nei pagamenti delle rate per l’acquisto delle Case di accoglienza.Immancabilmente il suo Signore le rispondeva.Ho parlato per la prima volta in pubblico di Adele Bonolis nel 2017 a Vedano al Lambro, in una delle quattro opere da lei fondate, quella che le suggerì Paolo VI.Posso dire davanti a Dio che la memoria di Adele Bonolis non mi ha mai abbandonato da oltre 60 anni, da quando ho potuto conoscerla al liceo Berchet. Arrivavo dalle scuole medie, dove ho avuto come insegnante di religione un certo numero di sacerdoti. Sono sincero: non me ne ricordo neanche uno, non ho mai imparato il loro nome; purtroppo non hanno segnato nulla nella mia vita. Questo ha acuito la mia sorpresa quando, entrando al Berchet, in questa scuola laica, abitata e vissuta da alcuni insegnanti e molti studenti lontani dalla Chiesa e taluni addirittura avversari, scoprii che l’ora di religione era un’ora significativa. E questo l’ho vissuto per cinque anni, due con Adele Bonolis e tre con don Luigi Giussani. Gli anni con la professoressa Bonolis sono stati gli unici due in cui io l’ho vista di persona. Non l’avevo mai conosciuta prima, anche se avevo sentito parlare di lei soprattutto da una persona che le era vicina, Giuseppina Achilli, un’amica della mia famiglia. Successivamente, fu proprio grazie al contatto con la Achilli che la mia famiglia continuò a parlarmi di Adele Bonolis.Che cosa ricordo del suo insegnamento? Chi mi apparve essere Adele Bonolis in quei due anni? Una persona di indubbia intelligenza e profonda conoscenza dell’uomo. Io non sapevo degli studi che lei aveva fatto. Rimasi molto colpito dalle sue parole, specialmente nel primo dei due anni, quando ci introdusse a una vera e propria antropologia. Voleva offrire una visione precisa della grandezza dell’uomo: del suo corpo, della sua mente, della sua anima. Ricordo ancora adesso le pagine del mio quadernetto a quadretti con la spirale, in cui prendevo nota di ciò che diceva.Da fine psicologa, da studiosa di medicina, da filosofa e poi da teologa, ci spiegava questa tripartizione della realtà dell’uomo che esprime tutti i livelli dell’esperienza umana e della vita. Già allora avvertiva la visione negativa del corpo umano che si sarebbe affermata successivamente attraverso la degradazione della sessualità. Queste sono osservazioni che ho potuto fare in seguito. Allora, agli inizi degli anni Sessanta, per la prima volta sentii lezioni sulla sessualità. Naturalmente fatte con molta attenzione e molta discrezione. Io non sapevo che lei si occupasse anche delle ragazze che vivevano nella prostituzione, per toglierle da quel mondo, e poi delle persone con malattie psichiatriche. Con Adele Bonolis, una laica, mi sono trovato di fronte a ore di insegnamento di peso. A distanza di tanto tempo, ammiro il coraggio di quella donna e ammiro anche la leggerezza - va intesa bene questa parola! - con cui entrava in classe, il sorriso sempre sulle labbra, quelle labbra un po’ arcuate che mi ricordo benissimo, quella sua capacità di ascoltare, di valorizzare e anche quella sua certezza di avere già vinto, Si presentava investita da un’aura ben percepibile. Sì, un’aura che la rendeva invulnerabile. E proprio l’invulnerabilità nella vulnerabilità è la forza di chi si dona interamente, di chi offre sé stesso.Mi colpì innanzitutto il fatto che questa donna avesse una conoscenza così profonda della vita dell’uomo e dei suoi dinamismi. In secondo luogo mi impressionò la sua francescanità, il suo essere una donna al seguito di san Francesco. Mi parlava e ci parlava dei suoi pellegrinaggi ad Assisi, ma ci raccontava soprattutto del clima dell’Umbria, della bellezza di questa regione, della natura, dell’arte, del fatto che solo li sarebbe potuto nascere e vivere san Francesco. Lei si sentiva parte di quella storia. Ricordo questo suo legame con san Francesco e ne ho avuto una grande ammirazione.È fin troppo semplice dire che tutti eravamo in silenzio durante le lezioni di Giussani, ma non era facile allora per una donna, per giunta insegnante di religione, tenere a freno una classe del liceo più importante di Milano, e non certo di bigotti: la sua azione era realmente rivoluzionaria, quella responsabilità avrebbe fatto tremare chiunque. Non lei. In classe con Adele Bonolis c’erano silenzio, ascolto e partecipazione. Insomma, durante le sue lezioni ho percepito che la vita cristiana aveva una grande dignità, che il cristianesimo era amico delle scienze dell’uomo. Quelle scienze che (allora non lo sapevo) lei stava adottando per la cura delle persone di cui si sarebbe poi occupata.Ripenso adesso a quel liceo, profondamente laico: vivevamo un intenso clima di santità. Oltre alla Bonolis, come detto, c’era don Giussani e la mia insegnante di greco-latino era la sorella di Marcello Candia. Si incontravano esperienze molto significative e belle che, direttamente, come fu per me il caso di don Giussani, o in modo indiretto, attraversarono e toccarono le vite di tanti di noi.Questo volume ci fa conoscere una donna esemplare e la storia delle quattro Case da lei fondate, opere di carità tuttora attive: sorte in momenti sociali e politici delicati del secondo Novecento. Trovate qui una testimonianza dello stretto rapporto fra la fede e le domande nate dalle povertà umane.Adele Bonolis, anticipando i tempi delle risposte politiche, ha guardato i temi della prostituzione, delle carceri, del disagio psichico. Lo ha fatto con l’intraprendenza della donna di fede, che vede Cristo nel volto della prostituta, delle carcerate e dei carcerati, di chi era in un ospedale psichiatrico giudiziario o era psicologicamente fragile. Donna di grande fede, ma anche testimone di un popolo cristiano attivo e di una Chiesa partecipe della storia degli uomini. Di una Chiesa che si pensa vita in movimento.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)