2022-09-23
La Ue ci renderà più poveri tagliando i consumi e lo chiamerà «price cap»
Il prezzo del metano continua a calare a causa dell’austerity. Quando il valore sarà sceso ancora, a Bruxelles diranno di aver messo il tetto. In realtà sarà miseria diffusa.Al di là dell’ultima chiusura, il prezzo del gas quotato al principale mercato di riferimento, quello con sede in Olanda, nell’ultimo mese è sceso da 340 euro a megawattora agli attuali 190. Non poco, sebbene i valori siano ancora doppio rispetto al settembre del 2021 e circa quadrupli rispetto a giugno dello scorso anno. La discesa è stata celebrata da molti quotidiani come effetto psicosomatico rispetto alle dichiarazioni dei vertici europei. Da mesi infatti dalle parti di Bruxelles, così come a Roma, si sbandiera la possibilità di trovare un accordo e mettere un tetto al valore della quotazione, in modo che le società europee non debbano spendere troppo per la bolletta. La riunione a Bruxelles di due settimane fa non ha prodotto alcun risultato. Circa la metà dei Paesi era contraria. Per motivi di interesse nazionale (c’è chi esporta e dunque guadagna) ma anche per concrete perplessità tecniche. È infatti impossibile imporre a tutti i produttori una cifra calmierata, spiegando con un semplice buffetto di dover rinunciare a introiti di miliardi. Così si è preso tempo. E si continua a prenderlo. Ieri, per esempio è tornato sul tema il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani. «Ora non sono in grado di dire se il 30 settembre ci sarà l’accordo definitivo», ha detto in una intervista a Class Cnbc. «Ma ormai la macchina è al lavoro e la Commissione sta dirigendo questo processo. Non ci sarà un price cap nazionale. Difficilmente le nazioni applicano un price cap da sole perché siamo tutti interconnessi. Se virtualmente noi mettessimo il prezzo del gas ribassato e compensassimo gli operatori per la differenza, questo gas potrebbe essere comprato anche da altri Paesi, quindi noi finiremmo col pagare come taxpayer italiani il gas che è preso dagli altri Paesi», ha concluso. «Deve essere una soluzione europea uguale per tutti». È difficile immaginare che Cingolani sia convinto delle sue dichiarazioni. La prima volta che si è parlato di fissare un prezzo calmierato è stato lo scorso aprile e nel frattempo i Paesi Ue - Italia in testa - hanno riempito i rispettivi stoccaggi a prezzi con uno zero in più rispetto a due anni fa. Per carità, nella situazione in cui l’Ue si è infilata non c’erano alternative, se non un inverno con le fabbriche ferme del tutto. Però a posteriori e con la reiterazione delle promesse, sembra evidente che dietro il continuo rinvio ci sia dell’altro e per comprenderlo bisogna tornare al prezzo attuale e alla situazione complessiva dei consumi del Vecchio Continente. Se prendiamo i dati di consumo dei principali Paesi Ue, Francia, Germania, Olanda e Belgio, salta subito all’occhio una differenza rispetto agli anni precedenti. Alla data dell’altro ieri, questi Paesi avevano consumato poco più di 116 miliardi di metri cubi di gas. Il dato risalente allo stesso periodo del 2021, 2020 e indietro fino al 2018, però, ha sempre viaggiato poco sopra i 130 miliardi. In questo modo il consumo annuale delle quattro nazioni si è attestato tra un minimo di 189 e un massimo di 193. Per via delle norme che impongono le riduzioni dei consumi, il 2022 potrebbe chiudersi attorno ai 160 miliardi di metri cubi. Ed è in questa forchetta che sta il segreto della riduzione del prezzo. Comprimere i consumi - si sa - ha un effetto di riduzione del valore sul fronte della materia prima. Una semplice tecnica utilizzata anche contro l’inflazione. Nel caso specifico significa però portare le aziende a una forte compressione della produzione sul medio termine e il rischio di choc nel medio lungo. Con il paradosso che ha l’effetto di spingere comunque in alto l’inflazione. Nel breve termine però è chiaro che il prezzo del gas sia destinato a scendere ancora. Così - e qui scatta il trucchetto - quando i valori saranno un po’ più bassi, a quel punto Bruxelles potrà dire di aver fissato il tetto al prezzo. Ma non saranno stati né l’imposizione delle mani da parte di Ursula von der Leyen né una azione congiunta finanziaria o militare. Sarà stato solo l’aver impoverito i cittadini Ue. Stare al freddo è infatti non solo l’opzione migliore, ma quella auspicabile in questa condizione. Il problema saranno i blackout programmati e la riduzione costante dei picchi. E vale anche per l’Italia. Il nostro Paese fino ad oggi ha tagliato meno di tutti i flussi, ha riempito gli stoccaggi a prezzi folli, ma adesso ha deciso di aderire alle normative Ue. Contribuiremo pure noi a far ridurre il prezzo, dopo aver speso almeno 60 miliardi in più di bollette e e altrettanti di aiuti e incentivi per il taglio. Non basteranno certo, gli articoli di Repubblica o altri quotidiani progressisti per convincere gli italiani che la decrescita è una ricchezza. Ora, noi sappiamo bene che nessun Paese civile deve puntare alla decrescita, il racconto farlocco serve a sostenere le scelte di Bruxelles. Per evitare che la bolla economica scoppi cerca di farla implodere. Ma sempre di povertà diffusa si tratta.