2021-01-19
La tv statale francese paga l’extra ai giornalisti che parlano bene di Ue
L'emittente pubblica prevede incentivi per i reporter impegnati su tematiche europee. Pioggia di critiche da parte dei colleghi: «Si perde credibilità». Il partito per l'uscita dall'euro ironizza: «Si occuperanno di noi?» Bei tempi, quelli in cui Indro Montanelli tracciava le linee guida essenziali del mestiere di giornalista: scegliersi un unico padrone, il lettore. Oggi la faccenda gira diversamente, almeno secondo quanto riportato ieri dal quotidiano Le Monde. Il giornale transalpino ha svelato come, da alcuni mesi, i redattori di France Télévisions - la televisione di Stato di Francia e dei territori francesi d'oltremare - riceverebbero alcuni incentivi, persino di natura economica, per aumentare gli spazi di visibilità su tematiche quali la diversità, l'inclusione e l'Unione Europea. Argomento, l'Europa nei suoi dettagli cultural-tecnocratici, pare non sviscerato a sufficienza dai media locali, colpevoli, essendo francesi, di occuparsi troppo di tematiche francesi. «Diversità, oltremare, Europa», questo il mantra che risuonerebbe nella redazione del gruppo editoriale nazionale. L'ultima parte del diktat ha scatenato reazioni controverse. C'è chi vede nella strategia lo zampino di Clément Beaune, segretario di Stato per gli Affari europei del governo Castex ed esponente del partito En Marche del presidente Emmanuel Macron. Il 17 settembre 2020, durante un'audizione all'Assemblea nazionale, Beaune aveva invitato i media a «rafforzare i meccanismi che conducono i nostri canali pubblici a parlare di più dell'Europa», aggiungendo come «sia lecito cercare di utilizzare tutti i mezzi disponibili per raggiungere l'obiettivo». Obiettivo che, osservano da Le Monde, ben si salda al disegno di legge sull'audiovisivo datato inizio 2020 in cui diversi emendamenti dei deputati del partito di Macron alludevano a un rafforzamento progressivo della copertura circa le notizie europee. A scapito di quelle nazionali, è verosimile sospettare. In questa maniera, sostengono alcuni commentatori, il presidente francese in carica si accrediterebbe di un solido sostegno da parte di Bruxelles in vista delle elezioni presidenziali del 2022. Le polemiche fioccano. L'incentivo a parlare di Europa da un canale del servizio pubblico non è detto che accolga tutte le sensibilità in gioco su un tema tanto discusso e che a oggi, nei singoli stati dell'Unione, non gode di reputazione immacolata. Charles-Henri Gallos, presidente del movimento Generazione Frexit - gruppo critico verso l'attuale morfologia politica dell'Unione Europea e fautore dell'uscita della Francia dall'euro - dal suo profilo Twitter instilla più di un dubbio: «Fin da marzo scorso è in atto un'autentica propaganda in favore dell'Europa», denuncia. Gli fa eco Florian Philippot, ex membro del Front national di Marine Le Pen e oggi a capo del movimento Les Patriots, i Patrioti: «Se, negli spazi dedicati agli argomenti europei, esponessimo le nostre tesi sulla Frexit e ci ponessimo come voce non accondiscendente verso le politiche attuali, verremmo ammessi?» si chiede, con tono che trabocca ironia. Il rischio paventato dai due protagonisti della politica d'Oltralpe è chiaro: chi non si allinea alle sviolinate in favore di Bruxelles, rischia di essere tagliato fuori dalle notizie principali dei notiziari della tv di Stato. Che, essendo tv di Stato, non dovrebbe impegnarsi in propaganda verso questo o quel punto di vista. Ma viviamo un'epoca di trattamenti rieducativi: si abbattono statue, in una scuola superiore del Massachussets si cancella l'Odissea dal programma didattico perché non inclusiva a sufficienza, si stigmatizza la vita privata di chi non si allinea al dogmatismo globalista. Nulla di strano, dunque. Se non che la mossa potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, controproducente proprio per chi la caldeggia. Lo fa notare dai suoi profili social il giornalista Daniel Schneidermann, caporedattore di Arrêt sur images: «Si tratta della peggiore idea dell'anno», tuona, senza troppi giri di parole. «D'ora in avanti, ogni inchiesta, ogni servizio giornalistico realizzato su un argomento europeo da France Tv, sarà sospettato di essere frutto di interessi particolari». Senza scordare alcuni dettagli non trascurabili: il palinsesto di France Télévisions è già piuttosto ricco di trasmissioni a contenuto europeo. Le Monde non manca di rimarcare come, ogni settimana e per due ore e mezza, vadano in onda i contenitori d'attualità La fault à l'Europe e Dròle d'Europe, in cui gli spunti sulle vicende del continente non mancano. Nella primavera del 2020, inoltre, la rete ha mandato in onda la serie tv Parlamento, commedia a tinte assai comiche in cui si racconta la storia di un giovane assistente parlamentare a Bruxelles. Samy, questo il nome del protagonista, si deve barcamenare in un dedalo di corridoi e uffici, rischiando di affogare tra dialoghi inconcludenti e macchiettistici con funzionari che intendono solo la lingua burocratese. Un ritratto neanche poi così distante di come funzionino le cose lì, oggi. Forse anche per questo è arrivata l'indicazione a cambiare registro televisivo.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco