2021-07-04
La tassa verde fa schizzare tutte le bollette
Nel terzo trimestre +10% la luce, +13,5% il gas. Cause: recupero del petrolio e crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2A lanciare l'allarme è stata qualche giorno fa l'Arera, l'autorità di regolazione per l'energia, reti e ambiente: nel terzo trimestre dell'anno la bolletta elettrica delle famiglie italiane salirà quasi del 10%. Ancora più pesante il rincaro della bolletta del gas che, stando sempre alle stime dell'authority, si attesterà a +13,5% rispetto al secondo trimestre dell'anno. Per gli operatori del settore la notizia non rappresenta certo una sorpresa. Nel caso del gas naturale tanto per fare un esempio, il contratto Ttf, che rappresenta un benchmark, ossia un riferimento per il comparto europeo dei gas naturale, ha toccato il record storico a 36 euro per megawatt. Restringendo l'analisi sul mercato italiano, il contratto 2022 sul gas naturale, è passato dai 15 euro di novembre dello scorso anno agli attuali 27 euro.Gli incrementi maggiori in termini percentuali li ha però registrati il mercato dell'energia elettrica. La dinamica più estrema è stata segnata dal mercato spagnolo dove il prezzo dell'energia all'ingresso ha raggiunto quasi i 100 euro. Ma quali sono le ragioni dietro questa dinamica tanto sostenuta? Da un lato giunge il forte recupero del prezzo del petrolio che dai minimi di 15 dollari al barile toccati nell'aprile dello scorso anno veleggia oltre i 75 dollari al barile proprio per effetto del boom di consumi mondiali come diretta conseguenza degli oltre 10.000 miliardi di dollari varati in campo fiscale. Ma non è solo l'accelerazione sul fronte dei consumi a giustificare il caro bollette. La seconda ragione la evidenzia la stessa Arera: oltre al forte aumento delle quotazioni delle materie prime, la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 ha contribuito fortemente ad alimentare il caro bolletta. Tanto che, evidenzia sempre l'authority, se il governo non fosse intervenuto con un provvedimento di urgenza per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta del prossimo trimestre, l'aumento della bolletta dell'elettricità sarebbe arrivato al +20%. In particolare, il governo, con il Decreto lavoro e imprese ha previsto di destinare 1,2 miliardi di euro alla riduzione degli oneri generali di sistema. Il comunicato dell'Arera, è salutato dagli operatori come un game changer, perché ha avuto il merito di far luce sulle responsabilità delle politiche climatiche implementate da Bruxelles sull'aumento dei prezzi dei beni energetici. Le continue riduzioni dei target di emissioni di CO2 infatti da mesi oramai offrono al mercato il pretesto per scommettere sull'aumento dei prezzi dei certificati. D'altronde se di un bene viene continuamente ridotta l'offerta, è naturale attendersi come esso salga di valore. Ecco nel caso delle CO2 regolamentate nel mercato Ets la riduzione dell'offerta giunge per effetto delle decisioni prese in ambito comunitario. Che per la smania di essere la prima della classe in ambito ambientale (e forse anche perché fortemente influenzata dalle lobby verdi) abbassa costantemente gli obiettivi di riduzione di anidride carbonica. Il ragionamento di fondo è semplice: il prezzo delle emissioni deve salire al punto da disincentivare le cosiddette attività inquinanti. Una tesi, questa che sulla carta potrebbe essere anche condivisibile, ma che poi si scontra con la realtà, se si pensa che in Germania, tanto per fare un esempio, l'energia elettrica proviene ancora per il 50% da carbone. A fronte di queste premesse non stupisce se il prezzo della CO2 sia passato in pochi mesi da 6 a 55 euro alla tonnellata, creando un enorme problema alle utilities le quali non possono fare altro che ribaltare sul mercato finale parte degli aumenti dei costi. Naturalmente, oltre ai consumatori, anche le imprese conosceranno presto l'effetto delle politiche green, non appena inizieranno le negoziazioni per le forniture del 2022. A una prima analisi sommaria, a fronte di un prezzo medio dell'energia di 49 euro dello scorso anno, la richiesta di aumento a oggi si attesta intorno ai 60 euro. Insomma, su imprese e famiglie italiane vengono scaricati i costi della riconversione energetica pure di Paesi come la Germania, dato che la produzione di energia elettrica nel Bel Paese deriva per appena il 13% dal carbone. Dell'effetto collaterale delle politiche ambientali sul potere di acquisto delle famiglie pare se stia accorgendo anche Washington che venerdì scorso si è detta preoccupata circa l'impatto che il rialzo dei prezzi petroliferi rischia di sortire sui consumatori americani. Negli Usa però, va detto, l'impatto sarà più facilmente assorbito in ragione del rialzo dei salari a cui si sta assistendo negli ultimi mesi. In Europa invece, dove i salari sono ancora al palo, il danno ai conti delle famiglie rischia di essere particolarmente pesante soprattutto se inserito all'interno dei rialzi dei prezzi che a breve investiranno anche gran parte dei settori merceologici dalle autovetture, agli elettrodomestici passando per i prodotti alimentari. In quest'ottica il governo forse dovrebbe iniziare a prendere in considerazione eventuali compensazioni agli (ulteriori) incrementi dei prezzi delle materie prime legati all'implementazione del Pnrr (sempre ammesso che si trovi il materiale per implementare i piani infrastrutturali). Per il resto se qualcuno pensava che gli investimenti del Recovery plan e la transizione ecologica fossero un pasto gratis ora comincerà a ricredersi.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)