2020-08-29
        La tensione cresce, Giuseppi esita. È la ricetta per una stagione violenta
    
 
Le località in cui i migranti sbarcano o vengono smistati sono sotto pressione per tentativi di fuga, tumulti e risvolti sanitari. Da Roma non arrivano risposte e le comunità si esasperano: è pericoloso. Si chiama Mondo migliore il centro di accoglienza di Rocca di Papa dove sono scoppiati i tumulti tra gli immigrati ospitati e la popolazione. Un nome da cui traspaiono quelle buone intenzioni di cui sono lastricate le strade più malfamate. Poliziotti, carabinieri, vigili, in tutto oltre 100 tra militari e agenti sono stati impiegati per riportare la calma tra i 30 nigeriani che volevano uscire dalla quarantena prima di avere i risultati dei tamponi sanitari e gli abitanti dei Castelli romani che la quarantena l'hanno fatta questa primavera. Un isolamento lungo tre mesi, che potrebbe anche ritornare se non si fermeranno i contagi, e se chi si trova ora in quarantena fiduciaria dovesse fare il furbo.Non ci vuole molto a fare scoccare una scintilla come quella di Rocca di Papa, che ha fatto finire all'ospedale di Frascati 8 poliziotti, feriti e contusi, con prognosi tra 20 e 25 giorni. Cento agenti per 30 migranti, un rapporto di tre a uno. Una cittadina militarizzata, un nervosismo che serpeggia tra la gente normale, costretta a passare dagli arresti domiciliari del lockdown a un coprifuoco di fatto imposto dalle forze dell'ordine. Paura ed esasperazione sono le stesse sia tra gli italiani, prigionieri in casa propria, sia tra i disperati, prigionieri in casa nostra, che hanno attraversato il Mediterraneo in cerca di una terra promessa che difficilmente troveranno.Rocca di Papa non è un caso isolato: è semplicemente la località dove la violenza è esplosa con maggiore forza e più agenti sono stati ricoverati. Ma le cronache dei giorni scorsi riportano numerosi altri episodi di intolleranza, tutti a senso unico perché la miccia è stata accesa da gruppi di clandestini ospitati in centri di accoglienza e insofferenti alle regole dell'isolamento sanitario. Migranti hanno cercato di scappare da Mondo migliore così come da altre strutture nel Lazio, in Sicilia, nel Molise, a Udine, a Massa Carrara. I centri sono spesso piccoli focolai di contagio che moltiplica l'allarme tra la gente perché la paura per l'ordine pubblico si somma a quella per la salute collettiva.Ma la tensione sta crescendo d'intensità. Da giorni il sindaco di Messina, Cateno De Luca, usa un'espressione allarmante per descrivere il modo con il quale vanno affrontati i conflitti tra sindaci, prefetture e centri di accoglienza: «Sommossa popolare». L'ha scritto una settimana fa su Facebook quando si profilava il rischio che attraccasse nella sua città la Aurelia, nave quarantena carica di immigrati tolti dai centri di prima accoglienza e messi in isolamento. «Nessuno pensi dopo Trapani e Augusta di tentare l'approdo a Messina», scriveva De Luca, «perché non mi limiterò a fare solo l'ordinanza sindacale di divieto di sbarco ma inviterò la città alla sommossa con occupazione a oltranza del baluardo dello Stato in città, cioè il Palazzo della Prefettura». Il concetto è stato ribadito l'altro giorno ad Agorà su Rai3. De Luca ha ripetuto che «la sommossa popolare è l'unico strumento a disposizione se una prefettura viene meno a un accordo con il sindaco». E ancora: «Cos'altro deve fare un sindaco per dare anche un segnale forte alla sua comunità? Continuare a prendere schiaffi, continuare a subire questa logica del pisciatoio siciliano? È ovvio che in queste situazioni, quando viene meno l'impegno istituzionale attraverso i prefetti, allora è scontro. E scontro sia».È una progressione preoccupante. Una sollecitazione alla violenza di piazza, alla rivolta popolare «per dare un segnale forte alla comunità». La prefettura di Messina è la Bastiglia di De Luca, il Palazzo d'Inverno al quale le guardie rosse del sindaco rivoluzionario si preparano a dare l'assalto per dare una lezione ai rappresentanti del governo. Il prefetto come lo zar e la gente esasperata dai migranti in fuga dai centri di accoglienza come le truppe di Pietrogrado: questo è lo scenario disegnato dal sindaco, che di passaggio ha amichevolmente apostrofato l'ordinanza del governatore siciliano Nello Musumeci per chiudere i centri di accoglienza in regione come «una minchiata».A questo intensificarsi dello scontro sociale, tanto ingiustificabile quanto minaccioso, il governo assiste immobile, senza dare risposte né ai cittadini né agli approdati, lasciando che le tensioni serpeggino e crescano per poi condannarle nel caso esplodano. Gli sbarchi aumentano, i centri di accoglienza scoppiano, i laboratori d'analisi non reggono alle migliaia di tamponi da analizzare in tempi rapidissimi, le prefetture non reggono i ritmi, le forze dell'ordine sono in allerta perenne. E pure i sindaci soffiano sul fuoco.