2021-11-20
La strategia di Putin per spiazzare la Nato e riprendersi Minsk
Vladimir Putin (Getty images)
Con la crisi migratoria Mosca destabilizza l’Ue, allunga le mani sulla Bielorussia. E mette nel mirino Kaliningrad e i Paesi BalticiLa questione dei migranti sui confini orientali dell’Unione europea è una partita complessa. In gioco vi è molto più di un semplice ricatto politico ed economico da parte del presidente bielorusso, Aleksander Lukashenko, costretto a creare una crisi umanitaria per vedersi, almeno di fatto, riconosciuto quale capo di Stato da parte delle cancellerie occidentali, decise a boicottarlo politicamente e sanzionarlo economicamente in seguito all’ennesima riconferma plebiscitaria alle elezioni farsa del 2020.Tale riconoscimento è stato incassato questa settimana con l’ammissione da parte di Angela Merkel che la crisi può essere risolta solo trattando con chi nel Paese esercita effettivamente il potere. Il presidente bielorusso ha simbolicamente ringraziato accettando un primo rimpatrio di migranti curdi. Tuttavia, le possibilità di manovra di Lukashenko, in carica dal 1994, sono limitate. La questione umanitaria rientra in una strategia di sovversione ben più ampia sostenuta dal presidente russo, Vladimir Putin, per fini solo parzialmente coincidenti con gli interessi di Minsk. La Bielorussia è, dopo l’Ucraina, il nuovo campo di scontro tra il mondo nordatlantico e la Russia.Nell’ultimo anno, dopo che l’Occidente ha deciso di destabilizzare il dittatore bielorusso, è stato lo stratega del Cremlino a salvare la traballante poltrona di Lukashenko. E ora il presidente russo è passato all’incasso incastrando lo storico alleato, con cui nel 1997 ha sottoscritto perfino un trattato di Unione avente lo scopo di reintegrare i due Paesi, in una trappola quasi perfetta. Sostenendo indirettamente la strategia bielorussa dei viaggi organizzati a prezzi calmierati dallo Stato verso i confini della Lituania e della Polonia, Putin ha ottenuto quattro risultati immediati: aumentare il fattore di scollamento all’interno dell’Ue isolando ulteriormente la Polonia, impaurire i Paesi Baltici, aumentare l’abbraccio mortale nei confronti della Bielorussia e, soprattutto, rinvigorire la portata della strategia di difesa attiva, con cui Mosca cerca di ritornare in controllo del proprio spazio vitale, ovvero scardinare le capacità della Nato. La strategia della difesa attiva è il corollario della dottrina della guerra ibrida formulata dal generale russo Valery Gerasimov nel 2014. La Russia sa bene di non poter vincere una guerra prolungata oppure un confronto strategico con il sistema Nato. È però conscia di poterne minare la coesione e la preparazione attraverso un continuo confronto basato sulla combinazione di metodi di influenza politica, economica, informativa e cinetica tipici della guerra ibrida, la cui peculiarità è quella di mantenere il livello di aggressività sempre al di sotto della soglia legale del conflitto militare. Si tratta di un approccio che Mosca sta adottando sull’intero arco di confine della propria sfera di influenza con il mondo atlantico. Dal Montenegro ai Paesi Baltici, dal Caucaso, all’Africa. Ma è in direzione dell’exclave di Kaliningrad che la Russia sta puntando gran parte dei suoi sforzi negli ultimi anni. La perdita delle Repubbliche baltiche è una ferita che ancora brucia a Mosca e Kaliningrad, rinchiusa tra la Polonia e la Lituania, è oggi collegata all’alleata Bielorussia attraverso il corridoio di Suwialki. Le coste del mar Baltico sono importanti per Mosca in quanto permettono l’interdizione delle capacità navali e aeree della Nato. Dal 2014 è in corso con un forte ammodernamento dei sistemi militari dell’Oblast di Kaliningrad. Le rinforzate divisioni motorizzate dell’11° Corpo d’Armata, i radar di nuova generazione capaci di intercettare i razzi ipersonici e i missili balistici Iskander sono tutte soluzioni che, in caso di conflitto con la Russia, rendono attualmente estremamente difficile l’accesso alla regione da parte dell’Alleanza Atlantica. Mosca sta cercando di neutralizzare in maniera preventiva le contromosse della Nato nel caso in cui decidesse, al momento opportuno, di ricongiungere Kaliningrad alla Madre Patria. I fatti avvenuti in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014, ammoniscono che la leadership russa è sempre pronta ad attaccare i propri vicini qualora se ne presenti l’occasione e il rischio è calcolato. Ma il rischio può esser minimo solo in seguito a un’azione destabilizzatrice che comprometta le capacità di coordinazione e risposta degli avversari. In Bielorussia le forze armate russe possiedono un radar a lunga gittata e una stazione per comunicazioni a lungo raggio a favore della flotta sottomarina, ma soprattutto hanno la più assoluta e illimitata libertà di movimento. Con la destabilizzazione dei confini Nord orientali dell’Ue la Russia punta al costante indebolimento dell’avversario in modo da poter rientrare, gradualmente, in possesso delle sfere di influenza e delle zone cuscinetto sottrattele con lo smembramento dell’Unione sovietica. Putin sa bene che più la Polonia e i Paesi baltici diventano nervosi e isolati, più aumentano le capacità russe di cogliere l’attimo. I migranti sono certamente un mezzo di scontro ma soprattutto sono una cortina fumogena dietro la quale si nascondono mosse geopolitiche di ben maggiore portata.