2020-08-05
La storia dei cristiani è orgoglio, non colpa
Jean-Joseph Benjamin-Constant, Maometto II entra in Costantinopoli con il suo esercito (Wikimedia Commons)
Questa Europa ridicola rinnega le sue radici e si apre all'islam più radicale, di cui cela la realtà. Quando la Turchia entrerà nell'Ue ci si dimenticherà delle atrocità commesse alla presa di Costantinopoli o del genocidio degli armeni. Di cui Ankara non si vergogna.Martedì 29 maggio 1453 cadde Costantinopoli, città che oggi si chiama Istanbul. Costantinopoli era la terza città santa della cristianità. In questo incredibile e cosmico piagnisteo, in questa trionfale mistica della penitenza, tutti mostrano le proprie inconsolabili cicatrici su quanto la storia li ha presi a calci pretendendo che venga riscritta. Qualcuno ha chiesto giustizia per Costantinopoli? Era una città magnifica, capitale di un impero fiorente di arte, cultura, scienza e filosofia. Era il luogo dove la cristianità, grazie a Costantino, era uscita dal buio catacombale dell'illegalità per cominciare il suo trionfo.Qualcuno si è inginocchiato per Costantinopoli? Ripropongo qualcuna delle cronache originarie. Se posso dare un consiglio, fate copia e incolla, oppure conservate il giornale, perché i begli occhi della signora Laura Boldrini potrebbero piangere e invocare il crimine di odio. Tra qualche anno la Turchia entrerà in Europa e queste righe saranno vietate. Perché vi vogliono idioti e immemori. «Quando per il favore divino la fortezza fu espugnata, il nemico perdette ogni forza e fu incapace di reagire. Il popolo fedele non incontrò più ostacoli e pose mano al saccheggio in piena sicurezza. Si potrebbe dire che la vista della possibilità di poter fare bottino di ragazzi e belle donne devastasse i loro cuori e i loro animi. Trassero fuori da tutti i palazzi, che uguagliavano il palazzo di Salomone e si avvicinavano alla sfera del cielo, trassero nelle strade strappandole dai letti d'oro, dalle tende tempestate di pietre preziose, le beltà greche, franche, russe, ungheresi, cinesi, khotanesi, cioè in breve le belle dai morbidi capelli, uguali alle chiome degli idoli, appartenenti alle razze più diverse, e i giovinetti che suscitavano turbamento, incontri paradisiaci».Questa è la descrizione della presa di Costantinopoli da parte di Maometto II. Il brano è tratto da Storia del Signore della Conquista di Tarsun Beg Kemal, vale a dire che è il racconto ufficiale, quello su cui i bambini turchi studiano la storia. Hanno signorilmente sorvolato sui bambini decapitati nella Chiesa di Santa Sofia insieme alle loro madri, su tutti i crocifissi e gli impalati, e si sono limitati a «abbiamo stuprato le donne e i ragazzini»., Sicuramente anche i Crociati hanno commesso atti del genere, però hanno dovuto farlo di nascosto: era vietato, almeno in teoria. E punito. C'era la castrazione e il taglio del naso per un crociato che si facesse pescare con le mani su una donna araba. Erano tempi brutali, i sistemi erano questi. Lo stupro era vietato, sia di donne che di ragazzini: chi lo faceva violava la legge. La storia della Turchia comincia con: abbiamo stuprato le donne e i ragazzini, e lo abbiamo scritto serenamente perché nella nostra religione questo è permesso. In ambiente cristiano sicuramente lo hanno fatto, ma era vietato, qualcuno è stato punito. Lo hanno fatto, ma poi non lo hanno scritto, perché non ne erano fieri e sicuramente, dove è vietato, viene fatto parecchio di meno. E poi la storia delle Turchia, questa nazione che, come spiega Recep Tayyip Erdogan, si appresta a riconquistare l'Europa, continua con il genocidio degli armeni, i maschi assassinati subito, le donne trascinate in terribili marche della morte, durante le quali sono morte di fame, sono state stuprate e quelle che si sono ribellate agli stupri sono state bruciate vive col kerosene. Quante migliaia di persone sono andate in strada a commemorare gli armeni? Quanti milioni sono gli schiavi rubati alla costa meridionale dell'Europa dai Saraceni o alla costa meridionale di Ucraina dai Tartari? Anche noi siamo stati schiavi e abbiamo smesso di esserlo perché abbiamo preso le armi in pugno e abbiamo combattuto e vinto.Hanno distrutto la nostra identità, hanno tagliato le nostre radici, un branco di intellettuali e sedicenti filosofi hanno ridicolizzato la nostra religione, a cominciare dall'Illuminismo, che è stato uno squittio di gnomi, a finire alle sue parodie, il marxismo e il Sessantotto. Per abbattere un albero, tagliare le radici. Occorre ridicolizzare la religione di quel popolo, con uno stillicidio continuo di minuscoli gnomi, sedicenti intellettuali, cantanti, presentatori, attori, registi, fotografi, pubblicitari, artisti postmoderni, giornalisti, scrittori, eccetera con uno stillicidio continuo di odio e sarcasmo.La storia di quella religione e la storia di quel popolo viene ridotta ai suoi episodi peggiori, ovviamente enfatizzati e i fiumi di gloria vengono cancellati. Questa Europa ogni istante più ridicola nega il cristianesimo e si apre all'islam più radicale, di cui cela la realtà. La generazione Bataclan colora i marciapiedi con i gessetti e canta Imagine.Ora ignobili idioti si mettono in ginocchio, intendendo con questo gesto di razzismo che tutti noi siamo colpevoli. Rivendico la mia storia. Lo schiavismo non esiste più perché noi lo abbiamo combattuto.La nostra storia è infangata, ridotta al suo peggio, perché la generazione fiocco di neve, l'ultima, possa credere che è meglio vergognarsi della propria storia. Noi siamo noi, noi siamo la nostra storia, noi siamo la nostra fede. Noi siamo noi, e questo non vuol dire che siamo migliori degli altri, esattamente come amare la propria famiglia ed esserne fieri non vuol dire voler schiacciare gli altri, ma noi siamo noi. Ogni popolo ha diritto alla sua storia, alla sua religione e alla sua terra. Questo vale anche per noi. Alla prossima catastrofe non aspetteremo più il suono delle campane. Saremo soli. Le campane non ci sono più, e le chiese bruciano una dopo l'altra.La caduta di Costantinopoli è avvenuta di martedì. Fu una catastrofe talmente immane da essere messa sullo stesso piano, quasi, della crocifissione di Gesù Cristo avvenuta di venerdì. Da qui detto di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte, e non si comincia un'arte. Nella superstizione, spesso era chiusa una verità storica, una verità storica terrificante. Mi inginocchio solo davanti a Dio. Chiedo perdono solo delle colpe che ho personalmente commesso. Rivendico i miei martiri, uomini morti per difendere Costantinopoli. Gli uomini morti per difendere donne e bambini dai Saraceni e dai Tartari. Porto nel cuore la memoria di Lepanto e della battaglia di Vienna. Aspetto il giorno in cui gli ussari alati torneranno, le cattedrali saranno ricostruite e le campane faranno sentire la loro voce.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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