2021-07-23
«La sovranità sul proprio corpo deve restare libertà fondamentale»
Il giurista Attilio Negroni, : «Pensare che il cittadino debba immunizzarsi in nome della solidarietà è pericoloso e illiberale. Impossibile costringere tutti quanti a sottoporsi a una sperimentazione scientifica, come nel caso dei sieri anti Covid»Alessandro Attilio Negroni, giurista, è autore del saggio La libertà di (non) vaccinarsi (edito da Vicolo del Pavone), uno dei pochissimi testi in cui si affronti, da un punto di vista giuridico e filosofico, lo spinoso tema dell'immunizzazione.Partiamo dalle basi. Perché in Italia è consentito rifiutare un vaccino?«La base di qualsiasi discorso sulla salute e sui trattamenti sanitari in una società che vuole essere autenticamente liberale è e dovrebbe sempre essere il «consenso informato», ossia il diritto di un individuo di scegliere liberamente se e a quale trattamento sanitario sottoporsi e di ricevere dal medico tutte le opportune informazioni relative al trattamento. Si tratta di un diritto che si fonda sugli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, ma che è anche espressione di quella che oggi viene avvertita dai cittadini come una libertà fondamentale: la sovranità sul proprio corpo. Riguardo ai vaccini occorre in realtà distinguere tra vaccini in età pediatrica e vaccino covid-19, come ho peraltro fatto nel mio recente libro La libertà di (non) vaccinarsi (Vicolo del Pavone, 2021): nella prima parte, in relazione ai vaccini in età pediatrica, ho mostrato come, in materia di politiche vaccinali, un modello basato sulla libertà di scelta sia preferibile e maggiormente conforme alla Costituzione rispetto a un modello basato su obblighi giuridici rigorosi; nella seconda parte ho invece affrontato lo specifico tema del vaccino covid-19 ma su basi e con argomentazioni differenti».Esistono secondo lei i presupposti, riguardo al Covid, per imporre un obbligo vaccinale?«Che in via generale nel nostro ordinamento costituzionale sia possibile imporre per legge l'obbligatorietà di una vaccinazione è stato di recente ricordato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018 relativa alle vaccinazioni obbligatorie in età pediatrica. Tuttavia in relazione al vaccino Covid-19 il discorso non può che cambiare radicalmente se non altro per una semplice ragione: come ho meglio argomentato nel libro, tale vaccino rappresenta una forma di sperimentazione medica sugli esseri umani. Ora, la sperimentazione medica non è in sé nulla di male, ma dal Codice di Norimberga in poi si è affermato un principio inderogabile per uno Stato di diritto di matrice liberale e democratica: nessuno può essere sottoposto a sperimentazione medica senza un consenso libero, consapevole e informato».C'è chi dice: vaccinarsi contro il Covid-19 è un atto di altruismo. È così secondo lei?«Non credo sia un atto di altruismo. Vaccinarsi, a me pare, è e dovrebbe essere una scelta consapevole compiuta da un individuo per tutelare al meglio la propria salute. Oltretutto quando pensiamo che il cittadino debba offrire alla collettività il proprio “corpo" in nome dell'altruismo o della solidarietà ci incamminiamo su un percorso pericoloso e illiberale». Perché?«Pericoloso perché allora, per esempio, potremmo affermare che le persone per «altruismo» dovrebbero donare un organo, per esempio un rene, a coloro che sono in attesa di trapianto. Illiberale perché utilizzare la “solidarietà", che pure è un principio costituzionale, come fonte di doveri giuridici è in aperto contrasto con quello spirito del costituzionalismo liberale che, come anche insegnava Paolo Barile, impedisce la creazione di “nuovi doveri" diversi e ulteriori rispetto a quelli espressamente menzionati nella Costituzione».Che cosa pensa del green pass?«Ritengo che il pass vaccinale, e mi riferisco al modello proposto da Macron, attenti alle libertà fondamentali dei cittadini, sia discriminatorio e anche sproporzionato rispetto al fine di tutela della salute pubblica. L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nella risoluzione n. 2361 del 27 gennaio 2021 si era motivatamente opposta a un siffatto utilizzo dei certificati di vaccinazione. Nella Nota esplicativa dell'emendamento che ha previsto un utilizzo dei certificati di vaccinazione esclusivamente per finalità strettamente medico-sanitarie viene spiegato come l'obbiettivo dell'emendamento sia quello di evitare che tali certificati siano utilizzati come “passaporto" alle frontiere, nei trasporti aerei o per l'accesso ai servizi, stante che tale utilizzo non sarebbe scientifico, solleverebbe problemi di rispetto della vita privata e inoltre, considerata la limitata disponibilità di vaccini, potrebbe essere fonte di esclusione e discriminazione».Pensa che il green pass non sia giustificato nemmeno per entrare in discoteca o nei luoghi di svago?«Non escludo che alcune misure temporanee possano anche essere ragionevoli per regolare l'accesso a luoghi con grandi assembramenti, ma l'importante è che non si tratti di misure che, come il pass vaccinale proposto da Macron, abbiano il chiaro intento di costringere le persone a vaccinarsi. Come è pensabile costringere i cittadini a sottoporsi a una forma di sperimentazione medica? Nello scenario peggiore, ossia nel caso in cui tra qualche anno si accerti che il vaccino covid-19 provochi danni gravi alla salute (cosa che al momento non si può escludere), che cosa accadrebbe? In nome di cosa sarebbe stata sacrificata la salute di milioni di cittadini? Senza poi dire che si può anche dubitare dell'utilità stessa di chiedere il pass vaccinale per entrare in una discoteca: un vasto focolaio di covid-19 con centinaia di positivi è scoppiato di recente in Olanda dopo un evento al quale erano state ammesse solo persone vaccinate o con test negativo».Se oltre ai contagi tornassero ad aumentare ricoveri in intensiva e morti lei crede che sarebbe giusto obbligare le persone a vaccinarsi?«Le persone non dovrebbero comunque essere obbligate a vaccinarsi, e aggiungo che non si dovrebbe neppure far ricorso ai lockdown e alle gravi misure restrittive che abbiamo sperimentato in questi mesi di pandemia. La Svezia, senza particolari restrizioni imposte ai suoi cittadini, ha affrontato la pandemia con risultati che appaiono buoni (“buoni" non solo come numero di morti per milione di abitanti, ma anche in considerazione del rispetto dei diritti dei cittadini e della tutela della salute intesa come stato di benessere psico-fisico); peraltro una recente ricerca condotta da autorevoli studiosi dell'Università di Stanford ha messo in luce come la scelta della Svezia nel contrasto della pandemia si sia rivelata più efficace rispetto ai rigorosi lockdown attuati in altri paesi, Italia compresa».