2021-01-30
La sfilata a Riad indigna tre grillini: zittiti
Interrogazione di Pino Cabras: «Il capo di un partito che era nell'esecutivo prende soldi dagli stranieri». Il numero due della Farnesina attacca: «Il senatore è in conflitto d'interessi». Luigi Di Maio ferma la vendita di armi ai sauditi, ma smorza i toni: «Niente polemiche»Proprio mentre i 5 stelle, prim'ancora di salire sul Colle, facevano già trapelare l'intenzione di non porre veti contro Italia viva, preparandosi a un compromesso umiliante, l'ala grillina più scatenata decideva di azzannare alla gola Matteo Renzi per la sua partecipazione alla conferenza di Riad. Il primo dei pasdaran antirenziani è stato Pino Cabras, vicepresidente della commissione Esteri della Camera: «Ho presentato un'interrogazione per sapere come sia possibile che il leader di un partito che fino a pochi giorni fa esprimeva ministri e sottosegretari possa ricevere compensi da uno Stato straniero». E ancora, in un crescendo di attacchi tra due forze fino a ieri (e magari ancora da domani) teoricamente alleate: «Forse non c'è nessun reato, ma chi svolge un ruolo così delicato da poter determinare una crisi di governo non può essere, contemporaneamente, consulente a pagamento di un altro Stato. Anche perché in Italia le crisi di governo hanno spesso aperto la porta a forze straniere interessate a una svendita dei nostri asset strategici».E Cabras non è rimasto isolato: il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, ha a sua volta attaccato pesantemente Renzi: Di Stefano, su Facebook, ha infatti testualmente evocato il «problema enorme ancora irrisolto del conflitto d'interessi dei nostri politici, proprio al ritorno del senatore di Rignano da una strapagata conferenza a Riad».Ciascuno può immaginare con quale reciproca stima e fiducia gli esponenti grillini e renziani potranno tornare a condividere ministeri e sottosegretariati. E infatti, nel tentativo di mettere una pezza per coprire il buco, non meglio precisate «fonti di primo piano» dei 5 stelle, già nel primo pomeriggio di ieri, hanno lasciato a verbale, tramite l'agenzia Adnkronos, una goffa e imbarazzata presa di distanza: «L'interrogazione di Cabras? È una sciocchezza. Si è preso i tipici quindici minuti di notorietà, che possiamo già archiviare». Siamo alle solite: quelli come Alessandro Di Battista urlano, e gli altri grillini trattano e si accomodano. Con toni e argomenti a onor del vero assai diversi dal M5s, anche Carlo Calenda ha attaccato Renzi: «Prendere soldi da governi di Paesi stranieri mentre eserciti ancora un'attività politica è inaccettabile», ha detto il leader di Azione. Fin qui, siamo agli sgambetti tra partiti. Il problema è che nella giornata di ieri i grillini hanno finalizzato anche una grave scelta di politica estera e di Difesa, peraltro mentre il governo è in carica solo per il disbrigo degli affari correnti ed è privo di una maggioranza parlamentare. L'ha annunciata Luigi Di Maio sui social network: «Il governo ha revocato le autorizzazioni per l'esportazione di missili e bombe d'aereo verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Un atto che ritenevamo doveroso, un chiaro messaggio di pace che arriva dal nostro paese».Ancora più esultante il suo sottosegretario, il già citato Di Stefano: «Da pacifista prima ancora che da sottosegretario, sono estremamente felice del percorso fatto, insieme alla società civile e al Parlamento, per bloccare una vergogna lasciataci in eredità da Renzi ai tempi del suo mandato da premier, la maxi commessa da oltre 20.000 bombe all'Arabia Saudita nel 2016, proprio nel momento peggiore della guerra in Yemen. Sono felice che Rete Disarmo ci dia atto di questa scelta storica». D'accordo con la scelta si sono dichiarati anche gli esponenti Pd Piero Fassino e Lia Quartapelle. Anche se, sullo sfondo della ricerca di una pace giallorossa, i dem hanno gettato acqua sul fuoco. E Andrea Orlando, facendo eco a un analogo intervento di Di Maio, ha chiesto di «evitare di aggiungere polemiche alle polemiche». Renzi si è detto disponibile a «discutere con tutti i giornalisti in conferenza stampa dei miei incarichi internazionali, delle mie idee sull'Arabia saudita, di tutto. Ma lo facciamo la settimana dopo la fine della crisi di governo».La gioia dei pacifisti militanti per il provvedimento voluto dalla Farnesina dovrebbe già indurre a riflessioni critiche: si rischia di colpire una fetta significativa dell'export italiano nel settore degli armamenti. Ma come nasce questa accelerazione? Da una scelta italiana di zelo gregario (peraltro controproducente: gli altri fanno politica e noi ci spariamo sui piedi) verso la nuova amministrazione Usa, che un paio di giorni fa ha temporaneamente sospeso la vendita di armi e di F35 all'Arabia Saudita e agli Emirati. Attenzione, però: il neosegretario di Stato Antony Blinken ha subito ridimensionato la cosa, spiegando che è tipico di una nuova amministrazione rivedere gli accordi pendenti per la vendita di armi all'estero: anzi, in qualche misura, questa review è la premessa per nuovi e fruttuosi negoziati. È curioso e autolesionistico che invece l'Italia abbia preso d'urgenza una decisione definitiva, che tra l'altro rappresenta oggettivamente un assist all'Iran. È infatti il regime degli ayatollah di Teheran a sponsorizzare in Yemen i ribelli terroristi Houthi contro cui l'Arabia Saudita combatte, ed è sempre l'Iran che, sulla scia di quanto accadde ai tempi di Barack Obama, vuole tornare a essere il perno in Medio Oriente (esercitando una pericolosa influenza anche su Iraq, Libano e Siria), in contrapposizione alla efficace linea sostenuta da Donald Trump, centrata su Gerusalemme e su Riad. Dunque, con maggiore o minore grado di consapevolezza, l'Italia ha fatto il gioco di Teheran.
Jose Mourinho (Getty Images)