2020-09-25
La scuola negata ai bambini disabili. Non ci sono più docenti di sostegno
La protesta di alcuni genitori di alunni disabili davanti all'istituto Pio la Torre a Roma (Ansa)
Negli istituti pubblici mancano gli insegnanti di supporto, in quelli paritari li dovrebbero pagare le famiglie. La disperazione di un papà: «Costi impossibili da sostenere. Mia figlia abbandonata durante il lockdown».Se vuole che la figlia abbia un insegnante di sostegno, dovrà pagare di tasca sua l'assistenza garantita dalla legge ma di fatto non riconosciuta in tantissimi, vergognosi casi. Paolo Cilia, insegnante di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, ha due dei tre figli con disabilità. Vorrebbe mettere la più piccola, Giulia (nome di fantasia), 7 anni, con sindrome di Down e ritardi aggiuntivi globali, in una paritaria perché le sia assicurata una rete adeguata tra famiglia e istituzioni scolastiche. «Mi è stato detto che è una spesa che non possono permettersi, il sostegno della bambina dovremo pagarlo noi genitori». Tra le penalità inflitte alle scuole pubbliche paritarie, impropriamente considerate «private» e «rette da suore e preti», che invece mancano anche nelle chiese, c'è infatti anche la diversa quantificazione dei costi dell'insegnante specializzato che deve occuparsi dell'inclusione dell'allievo in situazione di handicap, come si dice in burocratese. Mentre lo Stato italiano impegna quasi 5 miliardi di euro l'anno per i docenti di sostegno dei 285.000 alunni disabili delle scuole statali, stanziando per ciascuno una somma media annua pari a 20.016 euro, alle paritarie concede solo 23,3 milioni di euro. La spesa, suddivisa tra i 17.461 alunni con disabilità che le frequentano, si ferma a una media di 1.716 euro. È evidente che, tra rette non pagate e costi di gestione non sostenibili, molti istituti paritari che non hanno ancora chiuso si trovano però senza possibilità di garantire uno stipendio ai docenti di sostegno. Anche volesse, il signor Paolo farebbe fatica a ottenere assistenza per Giulia nella scuola statale. Alla riapertura del 14 settembre, il 59% degli allievi con disabilità cioè 168.150 alunni, non hanno trovato più il loro docente di sostegno. L'ultimo dossier della Cisl scuola rivela numeri impietosi: nelle scuole secondarie di primo grado, oltre il 90% delle cattedre di sostegno risultano scoperte. Non va meglio nella primaria, dove la percentuale di assenza di organico svetta all'80%. All'infanzia mancano più del 50% dei docenti di sostegno e non ci saranno assunzioni, neanche dalla call veloce perché non c'erano specializzati. «A subire le conseguenze più pesanti del lockdown sono stati gli studenti con disabilità. Per tanti di loro le rinunce hanno avuto un costo altissimo, a volte non sopportabile. E di queste sofferenze si son fatte carico le famiglie. Nella ripartenza della scuola l'attenzione a questi studenti deve essere inderogabile, a cominciare dall'assegnazione degli insegnanti di sostegno», aveva detto il presidente Sergio Mattarella, in occasione dell'apertura dell'anno scolastico a Vo' Euganeo. La realtà è ben diversa. Per una famiglia media risulta impossibile scegliere la scuola più adatta per il figlio con disabilità. «Non sono prevenuto verso la scuola statale», tiene a precisare Paolo Cilia. «Per mio figlio Francesco (altro nome di fantasia, ndr), 16 anni, autistico, non vocale e con ritardo cognitivo grave, ha funzionato benissimo. Adesso il ragazzo frequenta il primo anno dell'istituto d'arte. Con nostra figlia, purtroppo, abbiamo trovato ottusità spaventose. La bimba non è stata mai seguita, l'alleanza educativa che non ha funzionato durante il lockdown quando la piccola è stata completamente abbandonata a sé stessa, ovvero tutta a carico nostro, è peggiorata a inizio anno scolastico». Per questo il padre di Giulia ha pensato a una paritaria «che per natura propria può garantire molto di più il lavoro intorno al bambino con disabilità. Nella scuola statale i genitori fanno fatica a tenere le fila educative. Perché il Pei, Piano educativo individualizzato possa attuarsi serve il gruppo di lavoro, la relazione congiunta tra scuola, famiglia e servizi del territorio». Non ci possono essere costrizioni di natura economica che limitino il diritto al sostegno, eppure per mancate assunzioni di docenti non si rispettano i Pei. Giulia segue il secondo anno della scuola primaria, con 27 ore settimanali. Ha diritto a 22 ore di sostegno, più 15 ore a copertura dell'educatore scolastico. «Se moltiplichiamo queste 37 ore per un mese, fanno circa 2.500 euro al mese che una famiglia dovrebbe pagare di tasca propria. Più la retta della paritaria, minimo 300 euro ogni trenta giorni. E chi se lo può permettere? In casa lavoro solo io ma credo che moltissimi genitori siano nelle mie stesse condizioni», commenta Cilia. Lo scorso 10 settembre, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per non aver fornito, nei primi anni della primaria, una adeguata assistenza scolastica ad una bimba di Eboli, in provincia di Salerno, affetta da una forma di autismo. Sono state respinte le ragioni dell'avvocatura di Stato, che motivava la mancata erogazione del trattamento differenziato sulla base delle restrizioni in termini di risorse previste in legge di stabilità 2011. Strasburgo ha accertato la violazione del divieto di discriminazione e del diritto all'istruzione, ma ha anche sottolineato come l'omessa assistenza produca danni a un minore. «Nella mentalità dello Stato italiano, quando si parla di scuola paritaria la si intende privata. Tuo figlio ha bisogno dell'insegnante di sostegno? E allora te lo paghi tu, pensano ancora le istituzioni. Temo dovremmo provvedere anche ai costi dell'educatore scolastico, perché il ragionamento del Comune è che se hai soldi per pagarti la retta ti arrangi. Così il danno al bambino e alla sua famiglia è doppio», conclude con amarezza Cilia.
Jose Mourinho (Getty Images)