2024-11-27
La rivolta degli immigrati
Un'immagine dei disordini a Milano Corvetto diffusa dalla polizia (Ansa)
Un giovane egiziano morto mentre in moto fuggiva dai carabinieri dopo una rapina è da giorni il pretesto per mettere il quartiere Corvetto di Milano a ferro e fuoco. Conseguenza del lassismo con cui alcuni partiti hanno gestito gli ingressi irregolari. E la spia di ciò che presto accadrà altrove.Primi risultati dalle banlieue che stiamo lasciando crescere ai margini delle nostre città: a Milano, in zona Corvetto, una banda di ragazzotti da giorni tiene in ostaggio il quartiere, incendiando tutto ciò che trova per protesta contro la morte di un immigrato di 19 anni. Quali problemi crei il mancato controllo delle periferie metropolitane lo si può vedere in Francia, dove intere zone intorno alla capitale sono fuori controllo, al punto che le forze dell’ordine non provano ormai neppure a metterci piede. Tuttavia, se la situazione di alcune aree di Parigi (ma anche di Nantes, Marsiglia, Nizza, Tolosa, Rouen eccetera) è nota da tempo, in quanto a cadenza regolare scoppiano sommosse, in Italia le rivolte non sono all’ordine del giorno, però a quanto pare stiamo colmando il ritardo, non avendo preso esempio da quel che è successo a casa dei nostri cugini transalpini.Per prima cosa, tuttavia, cominciamo dai fatti che hanno dato avvio ai disordini milanesi. Domenica notte, un’auto dei carabinieri intercetta uno scooter con a bordo due persone, le quali invece di fermarsi all’alt danno gas per sottrarsi ai controlli. Inizia un inseguimento che dalle zone della movida prosegue verso la periferia, ovvero piazzale Corvetto, quartiere già problematico per l’insediamento di un alto numero di immigrati ma anche per la presenza di una diffusa criminalità. Lungo la via principale, il conducente della moto, un tunisino di 22 anni, perde il controllo e il passeggero seduto dietro a lui, che non ha il casco, cade e batte la testa contro il marciapiede. Il ferito viene portato in ospedale ma muore poco dopo, mentre il tunisino è arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Tutti e due, sia il giovane alla guida dello scooter che il ragazzo seduto alle sue spalle, un egiziano, pare avessero precedenti penali e in tasca, oltre a una collanina d’oro, anche parecchi soldi e coltelli: di qui il sospetto delle forze dell’ordine che i due fuggissero dopo una notte brava fatta di micro rapine e scippi. Cronache di ordinaria delinquenza metropolitana, si potrebbe concludere. Ma un gruppo di amici della vittima inscena una manifestazione in strada, invocando «verità per Ramy» (questo il nome del giovane deceduto). E fin qui si potrebbe pure chiudere un occhio, accettando il fatto che i compagni del ragazzo siano scossi per quel che è successo. Però la banda di giovanotti non si limita a questo, ma mette letteralmente a ferro e fuoco il quartiere, bloccando il traffico e incendiando rifiuti e masserizie, accendendo fumogeni e facendo esplodere petardi e altro. Quasi tutti i manifestanti sono giovani nordafricani e la situazione rischia di degenerare. L’altra notte, ad esempio, un automobilista, pure lui egiziano, ha provato a forzare il cordone, investendo alcune persone e provocando la reazione rabbiosa di chi aveva bloccato il traffico. Un contesto di tensione che, vista la presenza in zona di centri sociali e gruppi di antagonisti, sempre pronti a prendere la palla al balzo per fomentare disordini, potrebbe degenerare.Ad alcuni tutto ciò sembrerà un episodio di ordinaria cronaca cittadina, ma così non è. Quello che sta accadendo a Milano è la spia di ciò che presto potrebbe succedere in altre città italiane, grazie all’immigrazione disordinata e al lassismo di certe forze politiche. Alcune riflessioni, infatti, ci portano proprio a questa conclusione. Primo: il giovane rimasto ucciso era in fuga dai carabinieri e molto probabilmente scappava perché i due avevano addosso della refurtiva. Secondo: anche se la gazzella delle forze dell’ordine avesse urtato la moto (cosa che al momento, a seguito dei rilievi dei vigili urbani, non risulta), la morte del ragazzo non potrebbe certo essere considerata altro che un incidente, la cui colpa sarebbe più dei due fuggiaschi che dei carabinieri. Terzo: comunque la si pensi, i blocchi stradali sono la prova di forza di una banda che non ha alcuna intenzione di rispettare l’autorità dello Stato, ma vuole dimostrare il controllo del territorio. Quarto: più si rafforzano queste enclavi di illegalità all’interno delle aree metropolitane e più sarà difficile ripristinare l’ordine. Da ultimo, una considerazione: i fatti sono avvenuti a circa cinque chilometri da Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. Dal centro al Corvetto, in auto sono poco più di venti minuti. Tuttavia, il sindaco del capoluogo lombardo, quel Beppe Sala che fino all’altro ieri era favorevole all’accoglienza e che è sempre pronto a intervenire su ogni cosa, sui fatti in oggetto non è riuscito a dire una parola. Ma si candida a guidare i moderati per portarli in dote a Elly Schlein.
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