2020-12-08
La riforma dei porti di Delrio è un flop: finiti sotto inchiesta 9 presidenti su 15
Accuse contro gli uomini dell'ex ministro. Mentre Paola De Micheli pensa a nuove nomine, resta aperta l'indagine a Civitavecchia.Fa fatica a chiudersi la stagione della gestione dei porti italiani dell'ex governo di Matteo Renzi, dopo quattro di anni di commissariamenti, indagini della magistratura e interventi dell'Anac. Sono giornate di trattative al ministero dei Trasporti di Paola De Micheli, impegnata nel rinnovo degli incarichi, da Napoli fino a Gioia Tauro. Nell'ultimo anno c'è stata la bocciatura del bilancio dell'autorità portuale di Venezia, la rimozione e poi il reintegro di Zeno D'Agostino dal porto di Trieste, a febbraio è stato rinviato a giudizio il presidente dell'autorità di sistema portuale dell'Adriatico meridionale Ugo Patroni Griffi. Più di quattro anni fa l'ex ministro Graziano Delrio e Renzi erano convinti di migliorare un settore da tempo in difficoltà. Ma la situazione appare ancora più complessa di prima. Del resto su 15 autorità portuali, almeno nove sono finite sotto inchieste della magistratura, ordinaria e contabile. Tra queste c'è Civitavecchia, con una storia legata al porto turistico. Qui come presidente nel novembre del 2016 arrivò Francesco Maria Di Majo, poca esperienza nel settore a parte una consulenza sullo smaltimento della nave da crociera (affondata) Costa Concordia nel 2013. Fu una nomina renziana, risultato di trattative politiche prima del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Di Majo è figlio del giurista Adolfo Di Majo, barone del diritto in Italia, già membro del Csm, per anni con una cattedra all'università di Roma Tre, l'ateneo pubblico definito anche «l'università dei Ds» o Quirinale bis, perché legata al presidente emerito Giorgio Napolitano. Non va dimenticato che il padre della riforma Delrio fu Ivano Russo, consigliere del ministro, vicinissimo sempre a Napolitano e Renzi, considerato il padre della riforma che avrebbe dovuto concentrare più potere nelle mani dei presidenti delle autorità portuali. In questi quattro anni Di Majo ha raccolto solo critiche. Nel 2019 la Guardia di finanza ha persino aperto l'inchiesta Ombre sul porto. Su Di Majo pesano inoltre le delibere della Corte dei conti e dell'Anac che in questi anni si sono abbattute sull'autorità portuale, senza contare ricorsi al Tar ancora pendenti. Tutto ruota intorno alla concessione demaniale di gestione del nuovo porto turistico di Civitavecchia.Lo scalo negli anni ha già subito diversi interventi di ristrutturazioni, pari a 174 milioni di euro. A progettare i lavori è stata spesso la Rogedil servizi di Edgardo Azzopardi, tra i più noti nel settore, spesso coinvolto nelle inchieste sulle grandi opere in Italia, ma poi sempre assolto. Nel 2015 a proporre nuovi interventi sul porto è il gruppo Medov già impegnato nel porto di Portofino per la gestione di grandi yacht. La domanda viene accettata dall'autorità portuale ma ci vorranno quasi quattro mesi per la pubblicazione. In un ricorso a Tar, Medov sostiene che sul porto stia poi già lavorando Port mobility spa, sempre riconducibile alla famiglia Azzopardi, senza alcuna concessione. Port mobility è una di quelle società che nacquero nel 2004, partecipate sia dalla stessa autorità portuale sia da Autostrade per l'Italia sia da Saba. Nel 2014 i privati cedono le loro quote che passano alla Rogedil di Azzopardi. L'operazione è contestata già nel 2015 dalla Corte dei conti, che rileva come l'autorità avrebbe dovuto revocare la concessione e indire una nuova gara. Lo stesso rilievo viene poi fatto nel 2019 dall'Anac, che ordina all'Autorità di risolvere il contratto di concessione di Port mobility, ma Di Majo non interviene. Alla fine è ancora Azzopardi, questa volta tramite la società Roma marina yachting, ad accaparrarsi la gestione del porto antico. Medov presenta un esposto. E nel 2019 la Procura spicca avvisi di garanzia per i fratelli Azzopardi, lo stesso Di Majo e anche il segretario generale dell'autorità portuale, Roberta Macii: l'accusa è di turbativa d'asta. Secondo le Fiamme gialle al vertice del sistema criminoso ci sarebbe stato proprio Azzopardi che per gli inquirenti avrebbe creato una folta cerchia clientelare, «per mezzo della quale garantirsi la buona riuscita delle varie operazioni intraprese». Azzopardi, «influenza la pubblica amministrazione», si legge nei verbali inviati al procuratore Alessandro Gentile, e «cerca di procacciare vantaggi per sé e per il suo establishment attuando una pericolosa ed indegna commistione fra pubblico e privato, autorità di sistema portuale e Port mobility, annullando e vanificando, così, ogni possibilità di perseguire il bene collettivo». A luglio la Guardia di finanza chiede alla Procura di intervenire con un'ordinanza di custodia cautelare sugli indagati. Ma a settembre scatta la richiesta di archiviazione: una situazione molto simile a quanto avvenuto con il caso Alitalia. Ci sarà ricorso.