![La Rete serve a imbrigliare la protesta](https://assets.rebelmouse.io/eyJhbGciOiJIUzI1NiIsInR5cCI6IkpXVCJ9.eyJpbWFnZSI6Imh0dHBzOi8vYXNzZXRzLnJibC5tcy8yOTU5NjM3Ni9vcmlnaW4uanBnIiwiZXhwaXJlc19hdCI6MTc2NTc0ODYxN30.W51Icjl5jLHF224cN-e-BkCenmIor7CEuE1BNSph6oc/img.jpg?width=1200&height=800&quality=85&coordinates=0%2C0%2C0%2C0)
(IStock)
Guardando oltre il fenomeno della «cancel culture», si scorge l’insidia dei social media e del Web. Sono spazi in cui far sfogare le masse e svuotare le piazze: qualcuno ogni tanto viene sospeso (e poi riammesso) per illuderlo di essere davvero pericoloso.