2022-07-26
La Rai è già occupata dai trombettieri dem che insultano chi paga anche i loro stipendi
Giornalisti rossi in trance agonistica: dipingono mezza Italia come immersa nella barbarie. E lo fanno con i soldi pubblici.Berlusconi è tornato il Caimano, Salvini il trucido del Papeete, la Meloni una Giovane Italiana con il fascio littorio sul revers. È trascorso solo un weekend dallo sparo dello starter al Quirinale e la sinistra mediatica ha già esaurito tutti gli epiteti possibili, ha già demonizzato gli avversari cominciando con levare loro la legittimità («La destra peggiore di sempre», «L’onda nera») e sta rovistando nei cassetti per proporre rutilanti scandali ad hoc nella campagna elettorale sotto l’ombrellone. Il Cavaliere che doveva guidare i Responsabili della maggioranza Ursula ora è un reprobo; il segretario leghista che ha sopportato per un anno e mezzo le tagliole del Pd (tramite Mario Draghi) nello stesso governo ora è un impresentabile; la signora che Enrico Letta aveva omaggiato sul palco di Atreju per portare a casa voti nella corsa dem alla presidenza della Repubblica è di nuovo «una pescivendola». È lo stile dei media di area, più piddini del Nazareno, che ad ogni tornata elettorale si ricordano di avere lasciato l’eskimo a penzolare dagli attaccapanni di redazione e li reindossano anche a 40 gradi. Ieri il corto circuito più surreale è avvenuto - con un’imperdibile doppietta - sul quotidiano Domani, dove il ritorno di Silvio Berlusconi «certifica che siamo un Paese irrecuperabile». Editoriale scritto da Curzio Maltese, anche lui riservista di ritorno, punta di diamante della Repubblica di Carlo De Benedetti, già in prima linea 25 anni fa contro il leader di Forza Italia. Praticamente un raduno di reduci dal fronte del Piave prodiano. Accanto, in prima pagina, campeggia la foto di un Sergio Mattarella sconsolato perché «solo, di fronte alle nuove destre», fondamentale statua della libertà per sconfiggere «le forze antisistema». Legittime opinioni marziane. Il dato più singolare sta nella firma del pezzo: Marco Damilano. L’ex direttore de L’Espresso non ha nessun problema a far sapere come la pensa, e ci mancherebbe. Ma c’è un dettaglio: è lo stesso giornalista ingaggiato dalla Rai con 200.000 euro di denaro pubblico (quindi anche degli eventuali elettori salviniani o meloniani) per dirigere e condurre una striscia quotidiana serale dal lunedì al sabato su Raitre. Il titolo è di ispirazione scacchistica, «Il cavallo e la torre», e dai prodromi farà fare ai candidati del centrodestra la fine dei pedoni. Lo spazio di analisi politica doveva partire a fine settembre ma sarà anticipato a fine agosto per fermare «le forze antisistema» che contribuiscono a pagargli lo stipendio. Molto bene.«Appello agli italiani di centrodestra: non li votate». «Una destra bestiale, una sinistra esangue». «La destra fa più pena che paura». È con questa verve delicata, con lo stile equilibrato metabolizzato dal giornalismo americano che Huffington Post Italia inaugura la campagna di Mezzo Agosto, forse per far capire da che parte sta l’editore John Elkann. Più che titoli sembrano bordate populiste di Maurizio Landini al culmine di uno sciopero generale della Cgil andato male. Nessun credito, nessuna resilienza, neppure l’ombra di inclusione: siamo ai livelli dell’imperdibile «Cancellare Salvini» dell’ex direttore partigiano di Rep (per autoinvestitura) Carlo Verdelli. Il distratto disprezzo dell’intellighenzia redazionale dice molto dell’obiettività, buona per convegni novembrini organizzati da Micromega. Dove gli ospiti sul palco, pronti a far calare sul popolo insegnamenti tardo-dorotei, sono gli stessi che oggi mostrano a prescindere gastriti croniche con ferocia «bestiale».Così la strategia della paura, che i media a trazione dem attribuiscono a pranzo e a cena al centrodestra, diventa una loro prerogativa fondante. L’equilibrio e il pur minimo tentativo di non sbracare non hanno più senso. E l’aggressività da armata putiniana di una categoria con l’elmetto contro una parte in causa lascia intuire che i sondaggi per il Nazareno siano davvero preoccupanti. Se c’è bisogno dell’endorsement di Giuliano Ferrara («Voto Pd, il grigiore dell’ultimo partito costituzionale») significa che il problema esiste. Lo shock è assoluto: l’inventore dell’«amor nostro», il sostenitore di mille battaglie in favore di un conservatorismo «senza se e senza ma», ora gioca a tressette con Ciccio Boccia e Peppe Provenzano. Nella stagione d’oro aveva inventato la definizione di «giornalista unico delle coscienze» proprio per deridere la logica del branco mediatico, adesso può far abbrustolire la toffoletta sul fuoco. Il ritorno da Bettino Craxi a Red Mountain è completato.La partenza della campagna (elettorale) mediatica è illuminante, nessun equivoco: tutti a sinistra. Neppure il tempo di fare una corta che già imperversava un altro asset della casa, la beatificazione del nemico che scappa. A costo di bruciare decine di editoriali indignati sui cambi di casacca, ecco i violini e i petali di rosa per Mariastella Gelmini, che abbraccia il Pericle dei Parioli Carlo Calenda, e per Renato Brunetta in cerca d’autore. L’ex ministro fu definito «energumeno tascabile» da Massimo D’Alema senza alcun plissè editoriale. Ma i tempi cambiano e le giacchette pure. Così ecco l’indignazione incorporata di Lucia Annunziata per il bodyshaming riservato a Brunetta dalla compagna di Berlusconi. Lucy in the Sky, titolare della frase «le ucraine sono cameriere e badanti», in materia potrebbe insegnare all’Università.
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