2019-01-23
La Rai ci dia lo spazio per rispondere alla propaganda trans di Vladimir Luxuria
La tv di Stato ha mandato in onda lezione di cambio di sesso per bambini. Su temi così delicati il contraddittorio è d'obbligo.La propaganda ideologica, tanto cara a tutti i regimi totalitari del secolo passato, dal nazifascismo al comunismo, e agli Stati liberali di carattere radical-massonico, dall'Inghilterra di Galton alla pianificazione eugenetica svedese, ai giorni nostri si è travestita di apologia dei cosiddetti «diritti civili», invadendo ogni angolo culturale del politicamente corretto. Chi si oppone, argomentando in modo chiaro, scientifico, rigoroso e oggettivo, non è altro che un «fobico», un «regredito» -secondo la recente definizione di Vincenzo Spadafora - a cui non si deve dare possibilità di esprimere pubblicamente le proprie argomentazioni. Già, perché propaganda ideologica e dittatura del pensiero vanno sempre a braccetto. Chi ha paura del contradditorio? Chi non ha argomenti al di fuori della verbosità banale che ripete mantra consunti. Questo è quanto è accaduto con la trasmissione del programma Alla lavagna!, condotto da Vladimir Luxuria due giorni fa, in prima serata: voce suadente, atteggiamento accattivante per indottrinare innocenti bambini dai 9 ai 12 anni su tematiche di enorme complessità, che anche un pubblico adulto troverebbe difficile comprendere fino in fondo. Risultato? Confusione in salsa buonista, e pessimo servizio alle stesse persone (e alle loro famiglie) che in qualche modo possano veramente presentare problematiche identitarie di orientamento sessuale. La «disforia di genere» non è argomento da bar sport e, tantomeno, da ideologismo fai da te. È uno dei non pochi temi su cui la comunità medica scientifica registra tanti lati oscuri, tanti grigi, tante perplessità e non riesce per nulla a trovare un pensiero scientifico ampiamente condiviso. Per questa ragione, cui va ad aggiungersi il pesantissimo dato antropologico che si tratta di vite e vite in via di formazione e sviluppo, che ogni riduzionismo culturale, con la facile proposta di vie d'uscita chirurgico/ormonali, è dannosa ancor prima che inaccettabile. Le statistiche delle riviste internazionali serie sull'argomento ci descrivono uno scenario davvero poco rassicurante, che impone estrema delicatezza umana e grande rigore scientifico. Basterebbe citare l'American college of pediatricians best for children che nel gennaio 2017 ha prodotto uno studio che porta ad alcune chiare conclusioni: la sessualità umana è biologicamente binaria (femmina e maschio), geneticamente determinata; nessuno nasce con un «genere», mentre tutti nasciamo con un «sesso»; se una persona si percepisce come non è, va preso atto di uno stato di confusione identitaria, da affrontare con pazienza e professionalità; in accordo con il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm), il 98% dei maschi e l'88% delle femmine che in età prepubere/adolescenziale manifestano problemi di identità di genere, li superano armonizzandosi con il proprio sesso dopo la pubertà; l'uso di farmaci e ormoni «cross sex» e bloccanti la pubertà può dare effetti irreversibili e dannosi; è molto alta in tutto il mondo la percentuale di coloro che restano delusi dal trattamento di riassegnazione sessuale e chiedono di poter tornare indietro e questo spesso non è possibile. E conclude con due affermazioni che dovrebbero far meditare con grande attenzione ogni persona dotata di semplice buon senso: il tasso di suicidi è circa 20 volte maggiore nella popolazione che si è sottoposta a riassegnazione sessuale, anche in Svezia, Paese notoriamente aperto alla cultura Lgbtqi; concludendo che «Convincere i bambini che sia normale impersonare l'altro sesso utilizzando ormoni o interventi chirurgici, è da considerarsi abuso sui minori» (Michelle A. Cretella, presidente dell'American college of pediatricians e Quentin Van Meter, vicepresidente). Dunque, una domanda: «Perché non si è detto nulla di questo durante la lezione in tv? Le regole della democrazia - e stiamo parlando della tv pubblica, pagata dai cittadini - non richiedono che si pongano opinioni a confronto? Perché non viene chiesto al sottoscritto o ad altro competente di argomentare la propria opinione, confrontandosi con chi la pensa diversamente? Si lasci al pubblico la scelta di chi meriti credibilità e affidabilità! Giustamente, il sottosegretario Spadafora ha detto che si tratta di «servizio pubblico». Appunto perché tale, la questione deve essere presentata a tutto tondo e non con un'ideologica censura. Vorrei scuotere la coscienza di tutte le persone di buon senso, proponendo di far sentire la loro voce: basta con l'ipersessualizzazione di questi programmi Rai che non fanno bene proprio a nessuno. Se si tratta di educare al rispetto di chiunque e alla tolleranza di chi è «diverso» non c'è bisogno di baci saffici, pornografia da Ultimo tango a Parigi (con l'ipocrita scritta a inizio programma: «Parental control» da attivare, che serve solo a vendere fumo di tollerante delicatezza!), lezioni di transessualismo e ipersessualismo precoce. C'è una via più semplice e chiara: insegnare a rispettare rigorosamente «ogni membro della famiglia umana» (come dice la Dichiarazione universale dei diritti umani), senza aggettivazioni qualificanti di genere. Da cittadini elettori chiediamo un reale cambiamento della gestione dei programmi Rai, con una chiara discontinuità con i due governi precedenti, su temi di enorme delicatezza etica, antropologica e religiosa.