2021-03-06
La Raggi si è illusa di aver guarito Roma solo a colpi di tweet
La sindaca si spaccia per super eroina, ma basta andare in giro per la Capitale e ci si accorge delle bugie diffuse senza ritegnoAlcuni anni fa un sindaco di Roma (di sinistra) mi chiese confidenzialmente a margine di una intervista: «Secondo lei qual è la priorità degli interventi da mettere in cantiere per Roma?». Gli risposi che i problemi da risolvere in una città come la capitale erano numerosi e in gran parte da realizzare in breve tempo. Ma sicuramente la priorità assoluta era quella del traffico impazzito, che rendeva la vita sempre più difficile ai cittadini e che penalizzava fortemente le attività economiche. Per esempio - gli ho proposto - perché non utilizzare i Lungoteveri attrezzandoli con le tranvie? I tram sono vettori ecologici, veloci e si possono installare in due-tre anni a costi bassissimi, almeno rispetto alle metropolitane. Quelle linee elettriche avrebbero potuto smaltire una grande quantità di traffico metropolitano, liberando la città da una buona parte del soffocante traffico automobilistico. Il sindaco, con un sorriso malizioso, mi ha risposto: «È una buona idea … ma costa troppo poco». Questa è Roma ancora oggi. Con Virginia Raggi però tutti i mali che dovevano essere in buona parte risolti o comunque avviati a soluzione (aveva ben 14 punti nel suo programma), sono stati, in realtà, peggiorati o lasciati così come erano. Il degrado della capitale è sotto gli occhi di tutti e per anni i giornali ne hanno diffusamente parlato, con denunce quotidiane, ma la sindaca - che ama cambiare assessori e amministratori delle aziende partecipate come fossero calzini sporchi - è convinta di essere una supereroina. Ogni giorno, soprattutto negli ultimi tempi, ci rifila tweet di «conquiste» sui buchi eliminati, su parchi ripuliti, eccetera. Ma basta andare in giro per Roma per rendersi conto delle bugie diffuse senza ritegno. A cominciare dal centro storico (incredibilmente molti quartieri periferici sono più curati, per motivi evidentemente demagogici ed elettorali) per avere un riscontro concreto del degrado in cui si trova oggi la più bella città del mondo. I turisti (quando c’erano) erano inorriditi dalle montagne di spazzatura vicino all’Ara Pacis, al Colosseo e persino alla Dea di Roma. Il panorama è quello solito da anni: strade sporche, rifiuti abbandonati, cassonetti non svuotati e così via. I cittadini denunciano, ma l’Ama, azienda pubblica, non risponde. In alcuni viali del centro (cito, ad esempio, viale Mazzini, dove hanno sede la Rai, la Corte dei Conti e altri importanti uffici e scuole) il viale è caratterizzato da un impressionante degrado, aggravato dalle piante di alto fusto a costante rischio crollo. Un giorno ho chiesto a un addetto alla Nettezza urbana perché l’Ama avesse deciso di rimuovere i cestini di raccolta dei rifiuti. L’anziano giardiniere mi ha risposto a bassa voce: «L’Ama si era stancata delle proteste dei cittadini che, per telefono, si lamentavano che i cestini non venivano mai svuotati. E allora la società ha deciso di eliminare… i cestini».Roma ha quasi due milioni e 800.000 residenti, ma ogni giorno vi operano quattro milioni di persone. È al quarto posto in Europa, dopo Londra, Berlino e Madrid. Conta 185 comunità straniere. Sappiamo che i dipendenti di Roma Capitale sono circa 24.000, un po' di più quelli delle aziende partecipate. Il totale è di 48.000 impiegati, operai e dirigenti. Pensate che la Fca (oggi Stellantis) contava sino all’anno scorso 33.351 dipendenti. Il costo del personale è pari a circa un miliardo di euro (il 21 per cento del bilancio comunale), contro i 600 milioni spesi dal Comune di Milano (il 9 % della spesa complessiva di Milano). Il costo della burocrazia romana è di 42.490 euro pro capite l’anno. Le retribuzioni non risultano molto elevate, più o meno in linea con quelle delle medie imprese laziali. Ma si era pensato di alzare il livello utilizzando il meccanismo della produttività, che però non ha mai funzionato, come avrebbe dovuto. «I travet comunali», ha detto Gianfranco Polillo, ex sottosegretario all’Economia nel governo Monti, «hanno dimostrato una straordinaria fantasia. Lo testimonia l’indagine della Ragioneria dello Stato che ha spulciato centinaia di documenti. Il report di quest’attività certosina è un florilegio di furbizia, di piccoli e grandi imbrogli, portati avanti con la complicità dei responsabili amministrativi. Nella più completa distrazione da parte della Giunta - sindaco in testa - e del Consiglio comunale». L’obiettivo era conquistare «il salario accessorio» che doveva scaturire dalla «qualità» del lavoro svolto, che corrisponde alla produttività. Si dà il caso che tutti i dipendenti capitolini hanno sempre raggiunto gli obiettivi prefissati. Sono cioè tutti bravissimi ed efficientissimi. I debiti accumulati dall’amministrazione romana, nel corso di diverse gestioni dei sindaci prima del 2008, erano arrivati all’astronomica cifra di 12 miliardi di euro. Ciononostante la tendenza ad accumulare debiti non è del tutto cessata. Oggi i debiti del Campidoglio sono arrivati a un miliardo e 800 milioni di euro. I debiti pregressi sono stati però cancellati, dopo un estenuante braccio di ferro con lo Stato che li ha assorbiti, facendoli quindi pagare all’intera comunità nazionale. Quello che appariva scandaloso - si legge in una relazione dell’ex Commissario al Comune di Roma - è che il Campidoglio non sapeva chi fossero il 77% dei debitori, né il 43% dei suoi creditori. «Perché sorprendersi», mi dice un funzionario, «il Comune non sa neppure quali e quante sono le sue proprietà immobiliari. Non esiste un’anagrafe, nonostante le molte delibere approvate in proposito. Quando dobbiamo vendere un immobile non sappiamo nulla, neppure il suo valore di mercato». Ma forse non è proprio casuale tutto questo. Del resto, come ha dimostrato «affittopoli» e tutte le denunce dei media in passato, non è cambiato nulla in questo campo. Nessuna autorità comunale è intervenuta, Raggi compresa. Ma anche negli altri settori la «sindaca sul tetto» (così veniva chiamata Virginia perché si rifugiava sulle tegole del Campidoglio per parlare con i suoi assessori, nel tentativo di sfuggire alle intercettazioni) non è stata molto attiva. Ad esempio, sui rifiuti ha preferito ricorrere ai costosi trasferimenti all’estero, non riuscendo a superare la quota del 43-45% della differenziata. Adesso, ogni anno, si spendono mediamente più di 100 milioni di euro per i rifiuti trasferiti, prima in Germania, poi in Austria, Olanda, Portogallo e, più di recente, anche in Bulgaria. Con quella cifra annuale quanti termovalorizzatori si sarebbero potuti costruire in soli 6-7 anni, con benefici per l’ambiente? Si sarebbe comunque fatto un investimento utile, che poteva anche fruttare per l’elettricità prodotta, come avviene in altri Paesi. Anche nel campo dei rom non si possono mettere bandierine. Nessun successo: i campi erano nove a Roma, anche se ne figurano ufficialmente solo sette (per complessivi 4500 rom, sinti e camminanti), oltre a diverse baraccopoli informali, »tollerati». La sindaca ha sempre varato progetti ambiziosi per l’integrazione dei nomadi, ma in pratica non si è mai mossa concretamente. I piani esistevano ma rimanevano sulla carta. Fermo è rimasto anche il piano sulle occupazioni abusive di edifici pubblici e privati, «di cui non si conosce neppure il numero». Si dice anche che è necessario voltare pagina su temi, come lo sviluppo urbanistico, i trasporti e la viabilità, la pulizia e il decoro urbano, l’economia, il turismo, la politica per gli immigrati, il welfare locale, la sicurezza. Roma è una città che sta vivendo una sofferenza gravissima da anni, governata da chi non riesce a percepirla. Negli ultimi tempi però la ressa delle candidature si è sfoltita molto. È finito il tempo delle liste civiche: molti candidati si sono ritirati, altri cercano di inserirsi nelle liste dei partiti e coalizioni maggiori. Forse ci sarà il solito gruppuscolo di radicali, come sempre, ininfluente. Ormai non fa più notizia, come ai tempi di Marco Pannella. Rimangono in lizza però ancora Virginia Raggi, la sindaca «mangia assessori» (l’ultimo defenestrato è stato Luca Bergamo, che era anche vicesindaco, stimato dagli esperti per la sua competenza nel settore della cultura). Ma Goffredo Bettini ha già dichiarato che «il Pd non può sostenere la sindaca», anche perché si propone di candidare Roberto Gualtieri. Ovviamente Virginia ha dichiarato guerra al suo partito che ufficialmente non ha ancora deciso se appoggiarla. Ormai però, dalle diverse fonti consultate, sembra certa una candidatura Pd-5 stelle, con Gualtieri candidato. Anche Francesco Rutelli sembra orientato in questa direzione, suggerendo alche alcune candidature di consiglieri. Rimane poi la solitaria candidatura di Carlo Calenda, stimato come manager, ma sembra un generale senza esercito perché - a parte qualche «cespuglio» - nessuna forza politica importante mostra l’intenzione di appoggiarlo. Lo stesso possiamo dire di Vittorio Sgarbi, neocandidato (anche se da tempo aveva preannunciato la sua entrata sulla scena capitolina). Lui sa bene di non potercela fare, anche perché l’investimento previsto supera ormai i 500.000 euro (è un calcolo fatto da un architetto, a capo di una lista civica, che si è ritirato). Resta l’incognita del centrodestra. Com’è noto, Fi e Lega si erano dichiarati favorevoli a una candidatura di Guido Bertolaso. Anche Giorgia Meloni aveva espresso un «sì», ma non era del tutto convinta. Ora però la presidente di Fratelli d’Italia ha fatto ufficialmente sapere che «ha un asso nella manica» e che presto scioglierà la riserva. Chi sarà mai questo Mario Draghi laziale? Nessuno lo ha ancora individuato, ma lo sapremo presto.