2020-05-05
La quota Arcuri è già una sciagura
L'ora X per i dispositivi a mezzo euro è scattata ieri. Ma l'imposizione mette in ginocchio i produttori. L'avvocato Giancarlo Cipolla: «Seri dubbi di legittimità sulla scelta del commissario».Ieri è scattato l'arrivo delle mascherine chirurgiche in 20.000 i punti vendita della grande distribuzione dove potranno essere acquistate a 50 cent, al netto dell'Iva, in base all'accordo siglato dal commissario Domenico Arcuri, Confcommercio, Federdistribuzione e Conad. L'intesa siglata tra il commissario e le grandi catene di distribuzione ha valore anche per tutti i commercianti italiani loro associati, era stato già sottolineato da Arcuri che in una conferenza stampa aveva commentato come «l'accordo che in poche ore abbiamo siglato è una bella pagina nella gestione di questa drammatica emergenza». Sarà, intanto però il prezzo calmierato ha già stoppato parte della produzione. Alcune aziende rinunciano perché le spese per realizzarle sono più alte oppure passano a quelle non chirurgiche e meno filtranti, che non hanno un costo fisso. Il caso più clamoroso nella grande distribuzione è quello del gruppo Crai, che è stato costretto a ritirare le chirurgiche dai negozi per l'impossibilità di venderle a un prezzo inferiore al loro costo di acquisto. Il mercato, insomma, è già stato stravolto e contratto. Con un'iniziativa che appare viziata sia sotto il profilo sostanziale ed economico che sotto quello formale e giuridico. «L'imposizione di un prezzo calmierato su di un bene, e la scelta, senza gara, dei soggetti abilitati alla produzione e commercializzazione di uno specifico bene, implica la soppressione di una moltitudine di norme, sia di rango costituzionale, comprese direttive e regolamenti comunitari, che di rango primario», sottolinea alla Verità l'avvocato Giancarlo Cipolla, esprimendo delle perplessità anche sulla legittimità del potere esercitato da Arcuri nell'imporre un prezzo «politico» che non è contemplato nel decreto con cui gli sono stati attribuiti appunto i poteri «straordinari». Secondo l'avvocato, inoltre, la contrazione del mercato «avrà inevitabilmente ancor più gravi effetti negativi sulla salute pubblica e sulla diffusione del virus, così come anche sulla libertà di movimento della popolazione che non troverà sul mercato le necessarie, e obbligatorie, mascherine di tipo chirurgico». In base a quanto dichiarato da Arcuri, da ieri saranno distribuite 12 milioni di mascherine al giorno, dal mese di giugno 18 milioni; da luglio 25 milioni; quando le scuole cominceranno a settembre almeno 30 milioni al giorno. Considerando però che la popolazione italiana è di oltre 60 milioni di cittadini e che il tempo di utilizzabilità delle mascherine di tipo chirurgico è di 4/5 ore, a ciascun cittadino italiano dovranno essere assicurate almeno due mascherine al giorno per un totale di circa 120 milioni di pezzi al giorno, ossia quantità ben distanti da quelle annunciate dal commissario. E poi ci sono i costi che alla fine rischiano di ricadere sulle spalle degli italiani. L'avvocato Cipolla ha fatto i conti: «Posto che la popolazione Italiana è composta da 60.317.000 di cittadini, e considerato che un cittadino deve indossare almeno due mascherine, parliamo di un consumo di 120.634.000 di mascherine chirurgiche usa e getta al giorno, per una spesa di 60.317.000 euro. A pieno regime, e garantendo davvero alla popolazione una fornitura appena sufficiente al fabbisogno nazionale, il costo delle mascherine, prendendo come esempio una famiglia composta da tre persone, sarebbe quindi pari a 3 euro al giorno, 21 euro alla settimana, 90 euro al mese. Con un'incidenza mediamente pari al 10% della capacita economica di una famiglia monoreddito. Cui vanno aggiunti i costi di cui la società dovrà farsi carico per lo smaltimento delle mascherine, a uso sanitario, come rifiuti speciali», aggiunge l'avvocato.Da chiarire ci sono inoltre i criteri seguiti nella selezione delle imprese produttrici. Cosa intendeva Arcuri con la frase «tra dieci giorni inizierà la produzione delle mascherine con le macchine che abbiamo contribuito a realizzare»? Dove, da chi e con che criterio? Sono in comodato d'uso? Chi le ha pagate? Quanto costano? Quanti macchinari sono «stati realizzati»? E ancora: Alla fine del periodo d'emergenza, che ne sarà del prezzo «calmierato?» Una lunga serie di domande che attendono risposte.