2020-01-19
La Questura sfratta le sardine: «La piazza di Bibbiano spetta al comizio della Lega»
Ai pescetti un altro spazio, ma Mattia Santori ci prova: «Il Carroccio rinunci e faremo un passo indietro». Matteo Salvini però tira dritto.Manca una settimana alle elezioni regionali in Emilia Romagna e la sinistra, terrorizzata dall'avanzata leghista, è sulle barricate. L'estremo tentativo di arginare il centrodestra era venuto dalle sardine, il gruppo spintaneo al servizio di Stefano Bonaccini. Per impedire al Carroccio di tenere, il prossimo 23 gennaio, un comizio a Bibbiano, epicentro dello scandalo dei presunti affidi illeciti, che ha coinvolto il sindaco pd e ha scoperchiato le magagne del decantato welfare emiliano, i pescetti avevano prenotato in anticipo la piazza del paese. E ovviamente, il Comune dem s'era affrettato ad autorizzare la richiesta presentata dal militante Youness Warhou. Ma gli agit prop di Romano Prodi s'erano scordati di fare i conti con la legge: durante la campagna elettorale, ai partiti spetta il diritto di prelazione sugli spazi pubblici. Perciò la Questura ha imposto agli attivisti di farsi da parte. Sono le regole, hanno spiegato le autorità. Sardine sfrattate. È il rovescio della medaglia: volevano dimostrare che non sono un partito, bensì un movimento nato quasi per caso, da un pugno di giovincelli estranei alla politica, eppure ricolmi di coscienza civile. E alla fine, proprio quell'immacolata concezione li condanna a stare un passo indietro a Matteo Salvini.Rassegnate, le sardine hanno dichiarato: «Rispettiamo la legge e le istituzioni, ma se saremo costretti a farlo risponderemo con una piazza». I funzionari di polizia, infatti, starebbero studiando un altro spazio da destinare a loro, che potrebbe ospitare una «contromanifestazione». I pescetti, però, si sentono intrappolati in una rete che si sono preparati da soli. E così, il loro leader, Mattia Santori, ha lanciato un'ipotesi di patteggiamento: «Abbiamo 7.000 persone da evento Facebook pronte a partecipare. Siamo pronti a rinunciare a questa manifestazione che avremmo fatto solo per tutelare la dignità di quella comunità, chiediamo alla Lega il primo gesto di civiltà di questa campagna elettorale: lasciamo stare Bibiano e parliamo di contenuti. Se la Lega rinuncerà a quella piazza noi andremo in Questura a dire che non avremo bisogno di quella piazza o di quella accanto, torneremo a Bibbiano dopo il voto a mangiare crescentine e tigelle e a parlare d'altro. Non strumentalizziamo un caso di magistratura».Un comunicato che somiglia alle negoziazioni al ribasso dei sequestratori, quando capiscono di essere alle corde. E infatti Salvini ha respinto al mittente la proposta: «Noi ci saremo, l'avevo promesso a quelle mamme e a quei papà». L'impressione è che la sinistra sia atterrita dalle potenziali conseguenze sul voto di Angeli e demoni. La scusa è sempre quella: Bibbiano non c'entra con la politica. Come se non ci fosse un sindaco del Pd indagato, come se la filiera degli assistenti sociali, delle onlus e della psicoterapia appresa all'onorevole scuola del Cismai, fossero fenomeni estranei al milieu piddino che governa da sempre la Regione. Insomma, se di mezzo ci sono le gli scheletrini nell'armadio degli amici della sinistra, stranamente il silenzio diventa addirittura un «gesto di responsabilità», un modo di tutelare «la dignità» di chi, a Bibbiano, ha sofferto. Una specie di velo pietoso. Un nobile moto d'indignazione per la «gogna mediatica» che ha «stritolato gli abitanti» - così dicevano le sardine, per giustificare il flash mob con cui speravano di soffiare il palcoscenico alla Lega: «Sono stati i cittadini della Val d'Enza a chiamarci». D'altro canto, per la sinistra, a Bibbiano la vittima è il sindaco Andrea Carletti, ingiustamente messo ai domiciliari. Mica i bimbi sottratti ai genitori e dati alle coppie Lgbt, che li abbandonavano sotto la pioggia. Meglio parlare d'altro: di tigelle e crescentine.Per fortuna che c'è un questore a Reggio Emilia. L'ha capito pure il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, insieme al quale, ieri, in Emilia Romagna finalmente è comparso il simbolo del Pd, accuratamente occultato da Bonaccini. Il governatore del Lazio ha rilasciato una dichiarazione a metà tra Gigi Marzullo e Jacques de La Palice: «Quello che deve fare la Questura in una Repubblica lo decide la Quesutra e non i partiti politici».I pesci che odorano di Mortadella dovranno inventarsene un'altra. Loro, sempre prodighi di condanne dell'odio sparso sui social dalla destra, ma che poi cercano di impedire i comizi dell'avversario. Certo, la tensione è alta. Un paio di giorni fa, al Comune di Bibbiano era scattato un falso allarme bomba. Ieri, durante l'evento a Maranello, un Salvini «ferrarista», con il berretto del Cavallino rampante, ha detto che i fatti accaduti in Val d'Enza «gridano vendetta al mondo». Alzando il tiro sulla portata della sfida emiliana: «Una scelta di vita», l'ha definita. A pesci e avvoltoi aggrappati al carrozzone giallorosso non restano che gli scongiuri.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)